Il mentastro, lamiacea dalle proprietà tossiche da recuperare in una prospettiva di economia circolare

di Vincenzo De Feo
  • 19 January 2022

Mentha pulegium L., nota come mentastro o menta romana, è una emicriptofita scaposa, diffusa in tutti i paesi del bacino del Mediterraneo e ampiamente distribuita su tutto il territorio italiano, dove cresce generalmente su terreni umidi, da 0 a 1200 m. Il nome del genere deriva dal nome greco 'Mínthe', ninfa che abitava il regno di Ade, mentre l’epiteto specifico deriva dal latino ‘pulex’, in relazione al suo antico uso di repellente contro insetti nocivi. Come altre mente, ha un odore aromatico penetrante e buono ed è perciò detta ‘pianta del buon odore’. La pianta è nota fin dai tempi antichi per l’uso in campo culinario e per le sue proprietà medicinali, come emmenagogo e abortivo, come pure per il trattamento di problemi gastrointestinali e della pelle. Ancora oggigiorno la pianta è usata in medicina tradizionale e come aromatizzante di cibi e bevande in diversi paesi del nord Africa, mentre in Italia è inserita in alcuni piatti tradizionali della cucina romana. Tuttavia, M. pulegium può causare effetti tossici nell’uomo, in particolare dovuti al suo olio essenziale. Questo può contenere in percentuale variabile un composto tossico, il pulegone; perciò, anche a piccole dosi il suo consumo può provocare fenomeni di tossicità.
Molti dei composti che compongono l’olio essenziale delle piante aromatiche sono coinvolti nelle interazioni biochimiche fra specie vegetali ed ambiente, fenomeno noto come allelopatia, che fu portato alla ribalta a partire dagli anni ’60 grazie alle ricerche del prof. W.H. Muller su Salvia leucophylla. Nel nostro studio su M. pulegium sono stati analizzati gli aspetti micromorfologici di foglie e fiori di esemplari raccolti in tre diverse aree della Sicilia, caratterizzate da differenti condizioni pedoclimatiche: Isola Lunga (TP) MPI; Castronovo di Sicilia (PA) MPII; Castellana Sicula (PA) MPIII. Gli oli essenziali ottenuti dai campioni dei diversi siti sono stati poi valutati per il loro profilo fitochimico, l'attività fitotossica e l’ecocompatibilità, ai fini di un potenziale utilizzo come bioerbicidi.
La microscopia ottica e quella elettronica a scansione hanno evidenziato la presenza di tricomi non ghiandolari e ghiandolari di diversi tipi. In particolare, è stata riscontrata una maggiore densità di tricomi peltati sulla pagina inferiore delle foglie e un numero sorprendentemente alto di cellule secretorie presenti al loro interno, sia nelle foglie (fino a 18 cellule secretrici) che nel calice dei fiori (fino a 22). L’analisi fitochimica ha mostrato che i monoterpeni ossigenati sono la classe più abbondante in tutti e tre i campioni (92,2%-97,7%), sebbene sia stata evidenziata la presenza di due chemotipi: pulegone/isomentone in MPI e piperitone/isomentone in MPII e MPIII. Ciò sembra indicare che piante raccolte a bassa quota, in prossimità della costa e in ambiente ad elevata salinità, rispondono allo stress scegliendo la via del pulegone e del suo derivato isomentone, mentre quelle che crescono ad altitudini più elevate, dove le temperature sono più basse e l’umidità maggiore, prendono la via del piperitone.
Il complesso dei dati morfologici e fitochimici indica quindi che la salinità del suolo influenza fortemente la composizione dell’olio essenziale e in particolare l'espressione del metabolita tossico pulegone, piuttosto che la resa dell’olio stesso o la densità e distribuzione dei tricomi peltati, che rappresentano il principale sito di sintesi dell’olio essenziale.
La fitotossicità dell’olio essenziale di foglie e fiori di M. pulegium dei diversi siti è stato quindi testato su cinque dicotiledoni (Raphanus sativus L., Lactuca sativa L., Lepidium sativum L., Solanum lycopersicum L. e Portulaca oleracea L.) e su una monocotiledone (Lolium multiflorum Lam.). Gli effetti fitotossici sono risultati diversi nei confronti delle specie testate e spesso associati all’inibizione dell’attività della α-amilasi, uno degli enzimi coinvolti nella regolazione del processo di germinazione. In particolare, l’olio essenziale di MPI è stato in grado di inibire la germinazione dei semi della specie infestante delle colture P. oleracea, a tutte le concentrazioni utilizzate. Tuttavia, in generale il chemotipo piperitone/isomentone (MPII e MPIII) ha mostrato maggiore attività fitotossica sia sulla germinazione che sull’allungamento radicale nella maggioranza dei semi testati.
Infine, il test su Artemia salina ha evidenziato per l’olio essenziale di M. pulegium una tossicità bassa e dose dipendente, confermando che esiste una correlazione diretta tra il contenuto di pulegone e l’effetto tossico.
Sulla base di questi risultati è quindi possibile confermare che questo olio essenziale a basse concentrazioni risulta ecocompatibile e non causa problemi di tossicità negli ecosistemi acquatici. Pertanto, l’olio essenziale di M. pulegium, e in particolare il chemotipo piperitone/isomentone, potrebbe trovare utilizzo come bioerbicida sicuro ed ecocompatibile in agricoltura.  

Il testo è una sintesi della relazione presentata in occasione della giornata di studio organizzata dalla Sezione Sud-Ovest dei Georgofili: “Piante selvatiche inusuali di potenziale interesse erboristico, industriale e alimentare: presentazione di alcuni casi studio” (Palermo, 10 dicembre 2021)