Gli studi e le applicazioni per il post-raccolta in Italia

di Giorgio Bargioni
  • 01 December 2010
L’Italia, primo Paese europeo per la produzione di ortaggi e frutta, vanta un primato negli studi e le applicazioni per la fase successiva alla raccolta dei prodotti, fase di particolare importanza per la valorizzazione della qualità e per il suo mantenimento nel periodo intercorrente fra raccolta e presentazione al consumatore. Già fu l’Italia che, nel 1930, costruì a Verona il primo impianto industriale per la refrigerazione delle produzioni di frutta, iniziativa che dette praticamente origine allo sviluppo delle attrezzature frigorifere italiane ed ai trasporti in regime di freddo. Quell’impianto, che produceva 200 tonnellate di ghiaccio al giorno e aveva gallerie capaci di raffreddare fino a 150 vagoni di frutta nelle 24 ore), permise di allargare a tutte le nazioni europee l’esportazione delle frutta estive che fino ad allora era essenzialmente diretta in Austria e Germania meridionale.
Oggi il nostro Paese mantiene una posizione di primato nell’applicazione del freddo per la conservazione in atmosfera controllata degli ortofrutticoli e negli studi per il controllo e la modifica dell’atmosfera stessa, in modo particolare per la conservazione delle pomacee; gli studi sul post-raccoolta impegnano buona parte dei ricercatori di tante istituzioni pubbliche italiane mentre l’impiantistica nazionale è richiesta e applicata a livello mondiale.
I risultati più importanti delle ricerche e delle applicazioni recenti sul post-raccolta sono stati ricordati nel recente incontro organizzato dalla sezione Nord-Est dei Georgofili, sia per quanto riguarda il monitoraggio dell’evoluzione fisiologica dei frutti sia per quanto attiene alla modifica dinamica dell’atmosfera controllata nelle celle di conservazione.
Una innovazione di particolare interesse, per individuare il momento della raccolta e predisporre la strategie di conservazione, è rappresentata dallo strumento DA-Meter messo a punto dall’Istituto di Coltivazioni Arboree di Bologna: si tratta di un apparecchio NIR portatile modificato che permette di monitorare sia in campo (sulla pianta) sia in magazzino, le modificazioni fisiologiche  che intervengono durante la maturazione dei frutti.
Un progresso importante per la conservazione delle mele, e non solo, è rappresentato dal controllo dinamico dell’atmosfera, basato sulla misurazione delle fluorescenza della clorofilla della buccia. Con questo controllo è possibile spingere la diminuzione della presenza di ossigeno al di sotto dello 0,8 % (che rappresenta la soglia di respirazione) ripristinandola poi non appena si rilevano segnali di stress. In pratica è possibile alternare fasi di conservazione con differenti concentrazioni di CO2 e di  O2  senza alterare le caratteristiche dei frutti pur prolungando il loro mantenimento in cella. Analogamente, ai fini di tale prolungamento, molte ricerche vengono condotte per determinare, sulle specie climateriche, tecniche di impiego dell’1-metilciclopropene (!-MCP)  inibitore della formazione dell’etilene (noto responsabile della maturazione)  Molti risultati favorevoli sono stati ottenuti  per le mele, le pere, le susine, l’actinidia, anche se vi sono ancora da mettere a punto dosaggi specifici in relazione alla specie e alle varietà.
Infine anche la risonanza magnetica per immagini può essere utilizzata per controllare lo stato fisiologico di un frutto nel post-raccolta. Per esempio applicazioni recenti al kiwi indicano che è possibile prevedere se, dopo un certo tempo di conservazione, sta per avere inizio il disfacimento interno. Inoltre permette di rilevare con maggiore facilità, rispetto alle metodiche analitiche attualmente in uso, se erano stati impiegati  fito-regolatori dopo la fioritura per aumentare il volume dei frutti. Questi frutti non sono ammessi nella cosiddetta produzione biologica ed è possibile quindi rilevare l’eventuale frode.

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