Frattaglie, pet food e la regola del Gattopardo

di Giovanni Ballarini
  • 03 September 2025

Nella cucina tradizionale italiana le frattaglie avevano un ruolo di rilievo e ogni regione possedeva le sue specialità: fegato alla veneziana, trippa alla parmigiana, lampredotto fiorentino, pagliata romana, ‘u pani c’a meusa palermitano e tante altre ricette, senza dimenticare le rigaglie dei polli e galline che entravano nei ragù e negli intingoli. Piatti e ricette ormai abbandonate dalla cucina familiare e che al più sopravvivono in qualche trattoria perché le frattaglie sono tra i cibi dai più rifiutati ma che stanno rientrando nella moderna famiglia italiana allargata agli animali, secondo la regola gattopardesca di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896 – 1957) che “tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”.
Le frattaglie o quinto quarto sono le interiora degli animali macellati e comprendono animelle, cervello, cuore, fegato, lingua, milza, polmone, rognone, trippe e sono tra il dieci e il quindici per cento del peso totale dell'animale. Considerando solo le frattaglie bovine si stima che in Italia queste siano tra le centomila e le centocinquantamila tonnellate all’anno. Non più mangiate dagli italiani, in massima parte le frattaglie sono ora presenti negli alimenti industriali per gli animali da compagnia che ora fanno parte delle famiglie italiane. Questi alimenti sono denominati petfood, un termine che merita una precisazione. Nella lingua inglese si fa una netta distinzione tra gli alimenti per l’uomo (food) e gli animali (feed) ma per gli animali che vivono in famiglia il cibo non è feed ma food (petfood) indicando l’avvenuta umanizzazione di questi animali.
Una produzione prima artigianale e poi industriale di alimenti per animali familiari non è una recente novità e si cita il pan da cani (panis furfuraceus o panis impurus) dell’antica Roma fatto di farina non ben setacciata né separata da tutta la sua crusca, con una cottura fatta al forno (panis furnaceus) o in recipienti particolari adatti per questo tipo di cottura. Nel 1860 James Spratt dell’Ohio (USA) idea un biscotto per cani, durante gli anni Trenta del secolo scorso alcune società americane individuano una possibilità di mercato nella produzione degli alimenti per cani e gatti in scatola utilizzando e traendo profitto da sottoprodotti dei macelli che a loro volta traggono vantaggio dalla vendita del quinto quarto poco gradito in America e il cui smaltimento avrebbe soltanto rappresentato un costo. Negli anni Settanta, quando gli alimenti industriali americani per  animali iniziano ad arrivare anche in Italia, la convenienza e la comodità di uso sono apprezzati rispetto alla preparazione in casa del cibo del proprio cane o gatto. Da allora il mercato del petfood continua a crescere e dai negozi specializzati per animali arriva alla grande distribuzione. I petfood attraverso i quali le frattaglie sono rientrate in famiglia attualmente in Italia hanno un mercato che si sta avvicinando ai cinque miliardi di Euro, con una crescita di circa il quattro per cento annuo.
L’uso e l’aumento dei petfood si associa ad una evoluzione dei modelli di proprietà degli animali domestici, alle mutate abitudini dei consumatori nella propria alimentazione consumando sempre più alimenti in parte o totalmente prearati dall’industria e quando gli animali da compagnia soprattutto di piccola taglia, nelle famiglie mononucleari o di anziani sostituiscono un bambino. Per la crescente tendenza all'umanizzazione degli animali domestici oggi circa il quaranta per cento di famiglie ha un cane o un gatto mentre le famiglie nelle quali vi è un bambino sotto i quattordici anni è solo di circa il dodici per cento. Si stima inoltre che l’alimentazione di un bambino di cinque anni sia tra i cento e i duecento Euro mensili, mentre per un cane di media taglia la stima è tra gli ottanta e i cento Euro mensili per una dieta casalinga e di circa cinquanta Euro per un petfood industriale, che ha inoltre il vantaggio di non richiedere tempo di preparazione. Da qui la continua diffusione di cani di piccola taglia alimentati con petfood contenenti frattaglie e con costi di alimentazione giornaliera tra uno e due Euro accessibili a larghi strati della popolazione italiana.
Un’alimentazione nella famiglia umana allargata nella quale gli animali mangiano le frattaglie rifiutate dai loro proprietari per cui tutto è cambiato perché tutto resti come prima secondo la regola gattopardesca di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.