Anatomia funzionale del suolo forestale

di Augusto Zanella
  • 11 January 2023

Un insetto è composto di tre parti: testa, torace e addome. Ricordo ancora la prima lezione del Prof. Luigi Masutti, entomologo dell’Università di Padova. Alla lavagna sapeva disegnare come nessun altro, riproducendo organi che sembravano veri.  Da allora, quando vedo una mosca, o una farfalla, o una formica, la prima cosa che il mio cervello vede sono queste tre parti: le zampe sono solo sul torace, gli occhi e le antenne sulla testa, l’addome è come una pancia-cuore esterno che continuamente pompa alimenti nel resto.
Anche il suolo è composto di tre sezioni: Humipedon, Copedon e Lithopedon. Per svilupparsi un suolo necessita di qualche migliaio di anni, ma anche molto di più! È una matrice viva, una sorta di spugna in cui le piante inseriscono le loro radici. All’inizio coesistono humipedon e lithopedon. In un clima temperato, un vero e sviluppato copedon arriva solo dopo centinaia di anni.  
L’humipedon è la sede del riciclo di tutto ciò che muore e che cade sul pabulum del bosco. Bisogna immaginare una macchina biologica che decompone le molecole fino ad un livello strutturale minuto simile a “mattoncini”, capace di ricostruire nuove strutture viventi. L’humipedon è anche il volume di suolo occupato dalle radici che alimentano e sostengono le piante. Fin dall’inizio e per tutta la durata della vita della pianta, un dialogo si installa tra questa e il suolo. I vettori di tale scambio sono dei microrganismi. Attraverso le radici, la pianta nutre i microrganismi, i quali per svilupparsi hanno bisogno di acqua e di nutrienti. Grazie ad ife o a spostamenti nell’acqua, i microrganismi cercano allora nel suolo tali nutrienti e ne allocano una parte alla pianta. In questo modo gli apparati radicali delle piante riescono ad utilizzare risorse mirate (desiderate e necessarie al loro sviluppo) situate anche a  distanze molto lontane dalla radice stessa.
Il lithopedon è quella parte di suolo in contatto con la roccia. La roccia è costruita da ossidi e idrossidi organici ed inorganici (minerali) e derivati dalla permanente trasformazione della crosta terrestre. Le placche di questa nascono e muoiono nell’arco di centinaia di milioni di anni. Nel lithopedon, sotto l’azione combinata biologica e fisico-chimica, la roccia si frammenta e costituisce una sorgente di minerali per la parte sovrastante del suolo.
Il copedon si forma tra humipedon e lithopedon, raccogliendo e integrando ciò che arriva dall’alto e dal basso, formando orizzonti nuovi codificati dai pedologi come “B” (posizionato sotto l’orizzonte “A” di superficie) ed “E” (da eluviazione, dilavamento).
Nel 1997, Nicolas Bernier, ricercatore del Museo di Storia Naturale di Parigi, decise di studiare il cambiamento del suolo di un soprassuolo di abete rosso (pecceta altimontana) della Savoia (Fig. 1) incentrando l’interesse sulla variazione spazio/tempo del numero di lombrichi in campioni di suolo raccolti in diverse fasi successionali di sviluppo del soprassuolo: dalle aree in rinnovazione, a quelle di giovane fustaia, quindi di fustaia adulta e matura, per finire in quelle di fustaia senescente con alberi al suolo in decomposizione. Sorpresa: vi erano tanti lombrichi all’inizio e alla fine del ciclo, pochi o nessuno nelle fasi di forte crescita della giovane fustaia, e valori intermedi nella fase di maturità. I lombrichi venivano però sostituti dagli artropodi (stimò anche il numero di questi) che crescevano o diminuivano in modo opposto. La conseguenza: l’humipedon cambia di consistenza, struttura, composizione e funzionamento. All’inizio è un Mull costituto da foglie ed aghi appoggianti su un terreno simile a quello di un orto domestico; nelle fasi più povere di lombrichi diventa un Moder, con la presenza di uno spesso strato di humus (orizzonte chiamato OF od OH, a seconda della quantità di resti non riconoscibili, cioè di particelle organiche derivanti da organi (foglie, aghi, perule, peli…) di piante o di animali indeterminabili a occhio nudo o con una lente di debole ingrandimento, x10); alla fine del ciclo della foresta l’humipedon ridiventa un Mull. Sono possibili fasi di transizione tra Mull e Moder chiamate Amphi che presentano i due strati sovrapposti, quello dei lombrichi (A) e quello degli artropodi  (OH) insieme (in letteratura indicato come humus gemellare).  
Questo implica che nel suolo gli animali si muovano, cambiando il suolo sotto gli alberi. Quanto indicato da Nicolas Bernier è stato confermato da indagini condotte in peccete trentine (Fig. 1). La crescita degli alberi comporta un incremento dello sviluppo delle chiome e quindi della copertura del suolo il quale si raffredda e cambia struttura. Un po’ alla volta i giovani alberi, nella loro crescita, perdono gli aghi ed i rami più bassi e poi muoiono per concorrenza, lasciando il posto ad alcuni di loro che andranno a formare la foresta adulta. Il suolo accumula sostanza organica in superficie, e perde invece quella nel suolo, perché mineralizzata e assorbita dalle radici. Gli alberi maturi, che si ritrovano ,più distanziati tra loro, permettendo al sole di penetrare in sun fleck, producono più sostanza organica che investono nel suolo sottoforma di alimenti per i microrganismi (essudati radicali). I microrganismi rispondono ossidando la sostanza organica accumulata in superficie e trasformata dagli artropodi. In questo modo attirano i lombrichi che arrivano e mescolano nel loro intestino la parte minerale ed organica del suolo, espellendo aggregati organo-minerali molto stabili (resistono molto bene all’azione disaggregante dell’acqua piovana). In tali aggregati vanno ad alimentarsi le radici degli alberi che approfittano di un periodo di abbondanza per preparare la generazione futura. Migliaia di semi vengono prodotti: una parte di questi nutrono la fauna dentro e fuori dal suolo, ma un’altra parte va a costituire la banca di seme del suolo. Alla fine del ciclo della foresta nella fase senescente di decrepitezza (200-250 anni per un ciclo selvicolturale; 2-4 volte più lungo in una pecceta naturale) il soprassuolo si autodistrugge, gli alberi cadono coinvolgendo la stratificazione del suolo. Nelle aperture create arriva la luce che richiama acqua dalla falda, attiva la pedofauna che ricicla più rapidamente la lettiera generando risorse disponibili per la formazione del nuovo bosco.  I semi risentono di questi cambiamenti e germinano. Un nuovo ciclo della foresta ricomincia.
 
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Anatomia funzionale del suolo forestale. A sinistra, l’humipedon di una pecceta alpina in una piccola apertura della foresta. Si vedono bene i due orizzonti principali di un humipedon: in superficie un orizzonte più organico e scuro (OH), sovrapposto a un orizzonte più minerale di colore ocra (A). Il primo è opera di artropodi, il secondo di lombrichi. A destra viene riprodotto il grafico tracciato da Nicolas Bernier, che illustra come una foresta presenti nel suolo il numero di lombrichi nelle sue fasi giovanile e di maturità, mentre il numero di questi animali si annulli a metà del ciclo. In parallelo alla linea rossa del numero di lombrichi è stata tracciata quella dell’orizzonte A, che cambia da maA (biomacrostrutturato), a meA (biomesostrutturato), a miA (biomicrostrutturato).  La biomacrostruttura è quella tipicamente creata dai lombrichi con presenza aggregati di dimensione superiore ai 4 mm; la biomicrostruttura è quella generata dagli artropodi (in realtà si tratta di escrementi minuti < 1 mm provenienti dall’orizzonte OH e giustapposti a particelle minerali, a formare un sottile orizzonte A) ; la biomesostruttura è intermedia tra le due precedenti, con una porzione inferiore di grossi grumi, e un incremento di aggregati di media dimensione (1-4 mm).


Quindi l’humipedon cambia durante le diverse fasi del ciclo: 1) humipedon da lombrichi, ricco di nutrienti e con semi germinanti; 2) humipedon che nei decenni si impoverisce di lombrichi, diventando povero in nutrienti assorbiti dagli alberi in crescita; 3) humipedon molto povero e privo di lombrichi sotto gli alberi giovani in crescita rapida (tali alberi subiscono una forte competizione nel suolo per gli elementi nutritivi e l’acqua e, fuori del suolo, per la luce); 4) ad un aumento dell’intensità luminosa al suolo, in seguito alla morte di alberi ed all’apertura progressiva del soprassuolo, corrisponde un incremento della presenza degli artropodi; 5) humipedon ricco di lettiera superficiale che viene utilizzata da artropodi i quali rilasciano feci organiche che nutrono gli alberi rimasti vivi; 6) humipedon che viene ristorato dagli alberi attraverso iniezione di essudati e di lettiera radicale per riattivare i microrganismi del suolo e ripristinare la banca di carbonio organico fissato in aggregati organo-minerali; 7) ritorno progressivo dei lombrichi e formazione di nuovi aggregati organo-minerali, in una foresta che invecchia e che alla fine del ciclo si aprirà a seguito della caduta degli alberi più deboli e più anziani.

Tutti i viventi sono in realtà degli organismi complessi, composti di materia, in co-evoluzione in un contesto spazio-tempo. In questa linea di pensiero, gli ecosistemi altro non sono che insiemi di organismi complessi. Per questo motivo, la storia di una foresta è simile alla nostra, anche se organizzata a una scala di organizzazione superiore. Quasi come se fosse un organismo, la foresta, nasce, si sviluppa, si riproduce e muore. Prima di morire, assicura la sua discendenza facendo operare il suo ventre biologico, che noi chiamiamo suolo.