Il Bacino del Mediterraneo e le tradizioni dell’allevamento ovino

di Dario Cianci
  • 04 May 2016
Il Bacino del Mediterraneo è la culla della civiltà occidentale, la civiltà mediterranea che si è sviluppata con il contributo di tutte le popolazioni che vi si affacciano, dal Nord e dal Sud, dall’Est e dall’Ovest. Le popolazioni mediterranee, da sempre, sono unite nella storia, nelle tradizioni e nell’economia ed hanno dato un contributo non indifferente allo sviluppo delle attività primarie dell’uomo compreso l’allevamento animale. L’ambiente climatico, il clima mediterraneo, ne ha condizionato gli obbiettivi di allevamento e di consumo (le tipologie di carni e di latte) diversi da quelli dei Paesi non mediterranei. Il pregevolissimo patrimonio biologico autoctono di questo ampio territorio rappresenta un retaggio di grandissimo valore economico, nonché il punto di equilibrio tra attività produttive ed ambiente e può essere una risorsa strategica per la produzione animale di qualità. Le produzioni animali del B.d.M. costituiscono infatti una fonte di alimenti di inestimabile valore biologico e nutrizionale, legati all’equilibrio tra genotipi, sistemi di allevamento ed ambiente e per la ricchezza di preziose molecole che con il pascolamento si trasferiscono dalle essenze vegetali ai prodotti animali. che fanno parte della dieta mediterranea.
Come i bovini sono sempre stati i ruminanti per eccellenza del Nord Europa, la pecora lo è per il Mediterraneo; l'allevamento ovino fa parte integrante dei tradizionali sistemi agricoli dell’area ed è stato la principale fonte di proteine animali (carne e latte), di lana e perfino di apprezzabile letame. Questa regione presenta una varietà di ecosistemi e di razze-popolazioni ovine, che giocano un ruolo molto importante nell'uso ottimale dei pascoli estensivi, influenzando profondamente le complesse relazioni tra produzione, consumo, sviluppo rurale e perfino turismo della locale società moderna. E' significativo che in questa area sia concentrato il 20% della popolazione ovina e l'11% della popolazione caprina del mondo e solo il 7% della popolazione bovina.
I fattori ambientali hanno sempre giocato un ruolo di primo piano sulla selezione, antropica e naturale, delle popolazioni animali e, come suggerivo oltre quaranta anni addietro (1973), hanno portato l’allevamento ovino a differenziare l’Europa in due grandi zone con orientamenti nettamente distinti; la prima zona, che comprende i Paesi al Nord della direttrice Bordeaux - Trieste - Istanbul, è caratterizzata dall’allevamento di razze prevalentemente da carne che concentrano le nascite in primavera, in modo da disporre di abbondante pascolo nei mesi estivi e di consentire la macellazione ad oltre tre mesi di età. La seconda zona, a Sud della direttrice (Penisola iberica, Francia meridionale, Italia centro-meridionale, Balcani, Grecia), è caratterizzata dalle razze rustiche sfruttate per tutto ciò che potevano (e possono) offrire (triplice attitudine); l’impostazione dell’allevamento ovino nelle aree dell’Europa meridionale (o mediterranea), è stata determinata dalla opportunità di concentrare in alcune stagioni le fasi estrali (e di conseguenza le nascite) e di prevedere il precoce allontanamento dal gregge degli agne1li eccedenti la rimonta, in relazione alla difficoltà, in queste aree, di sopperire una adeguata alimentazione agli agnelli nelle fasi di accrescimento per le modeste disponibilità alimentari. In queste aree si è perciò consolidata la macellazione (ed il consumo) dell’agnello da latte con pesi di carcassa molto bassi (4-8 kg), ma si è anche affermata la pratica della mungitura per affiancare, al modesto reddito della carne, una ulteriore fonte di produzione quale quella del latte. Negli ultimi decenni in molte aree a Sud della direttrice, la necessità di adeguare l'ovinicoltura alle evolute prospettive sociali ed economiche ha condizionato tentativi di ristrutturazione dell’allevamento che ai redditi propri delle forme estensive affiancava richieste intensive di lavoro e le attenzioni dei produttori sono state rivolte agli schemi produttivi ad alte risposte quantitative (razze alloctone e tecniche di allevamento intensive). 
La evoluzione tecnologica del sistema agro-alimentare realizzata tra il 1950 ed il 1980 ha indirizzato le scelte di allevamento verso le razze e varietà ad alta produttività che hanno drammaticamente compresso i genotipi e le tecnologie di allevamento non compatibili con le esigenze di una immediata maggiore redditività, con la conseguente riduzione di genotipi meno remunerativi e la perdita irrimediabile di una preziosa eredità, che dovrebbe essere recuperata e valorizzata, perché le popolazioni autoctone rappresentano un valore storico e culturale, ma anche perché possono essere risorse strategiche rilevanti per la zootecnia locale. Il sistema zootecnico mediterraneo è nella condizione di sviluppare una propria competitività sul mercato delle produzioni tipiche e di qualità (ecocompatibili), nella valorizzazione dell'ambiente naturale e della biodiversità ed esistono i presupposti per mantenere le forme di allevamento tramandate dal passato. I problemi specifici delle aree mediterranee sono sinora poco concretizzati in iniziative comuni di ricerca e di trasferimento tecnologico, prevalentemente episodiche e non inserite in un quadro organico di collaborazione con le altre Regioni mediterranee con le quali condividono ambienti agronomici, sociali e culturali simili. Ma è necessario costruire una cornice di azioni capaci di orientare e sostenere l’evoluzione dei settori nei quali le imprese agro-zootecniche possano rinforzare la loro competitività attraverso strategie capaci di finalizzare l’impiego delle risorse materiali (ambiente, animali, strutture) ed umane che ruotano intorno ai sistemi zootecnici. Uno stimolo più convinto ad azioni comuni e coordinate tra Paesi dell’area Mediterranea e la formulazione di traiettorie di sviluppo coerenti con gli assetti locali, dotate di sostenibilità economica, sociale ed ambientale potrebbe essere molto utile per valorizzare produzioni tipiche che da sempre hanno costituito la base funzionale dei pregi della dieta mediterranea.



The Mediterranean basin and sheep breeding traditions
As cattle has always been the quintessential northern European ruminant, it has been sheep for the Mediterranean. Sheep breeding is an integral part of the area’s traditional agrarian systems as well as the main source of animal protein (meat and milk), wool, and even valuable manure. With its variety of eco-systems, this region’s various sheep breeds play a very important role in the optimal use of the extensive grazing lands, profoundly influencing the complex relationships between production, consumption, rural development, and even tourism of the local modern society. Most significantly, 20% of the world’s sheep population as well as 11% of its goat population are concentrated in this area but only 7% of the cattle population.
The technological evolution of the agri-food system between 1950 and 1980 directed the choices in animal husbandry towards high-productivity breeds and varieties, dramatically reducing those genotypes and breeding technologies that were not consistent with the demands for an immediate increased profitability, resulting in a reduction of less remunerative genotypes and the irreparable loss of a valuable patrimony that should be recovered and promoted because the native populations not only represent a historical and cultural value but also because they can be important strategic resources for local zootechny.
A stronger incentive for common, coordinated actions among the Mediterranean countries and the formulation of development paths having an economic, social, and environmental sustainability consistent with local assets could be very useful in promoting those typical products that have always been the functional basis of the virtues of the Mediterranean diet.