Alimentazione, fattore chiave per una stalla competitiva

Se ne è parlato alla Fiera Agricola Zootecnica Italiana di Montichiari.

di Mauro Antongiovanni
  • 02 November 2022

Il 21 ottobre scorso, nell’ambito della Fiera Agricola Zootecnica Italiana di Montichiari (Brescia), era programmato un convegno dal titolo “Alimentazione, fattore chiave per una stalla competitiva”.  
Gli argomenti previsti in programma riguardavano:
    • Il cambiamento climatico e i prezzi degli alimenti;
    • l’opportunità di autoprodurre in azienda, ricorrendo anche a foraggi alternativi;
    • il ruolo della fibra nella razione;
    • l’esempio di una stalla italiana dalle performance eccellenti.
Prendiamo spunto dagli argomenti all’ordine del giorno per sottolineare l’opportunità del convegno e per fare qualche commento.
Ormai, non c’è più dubbio che il nostro pianeta si stia scaldando e che ciò dipenda soprattutto dalla aumentata concentrazione dei gas serra di origine antropica in atmosfera. I settori produttivi responsabili vanno dalle centrali per la produzione di energia con combustibili fossili, ai trasporti, all’industria in generale, alla climatizzazione, all’agricoltura. Secondo il rapporto FAO del dicembre 2019, le attività legate all’agricoltura contribuiscono per circa il 18% e, all’interno di esse, le attività zootecniche per il 14,5%.
Sempre la stessa fonte FAO, prevede che dai 580 milioni di tonnellate di prodotti lattiero-caseari dell’anno 2000 si dovrebbe arrivare a produrne più di 1000 milioni nel 2050 per sostenere i fabbisogni dell’aumentata popolazione mondiale. Si tratta di previsioni fatte prima della pandemia e della guerra in Ucraina. Potrebbero non essere sufficientemente precise ma, comunque, sono preoccupanti. Da un lato sarà necessario ridurre le emissioni di gas serra da parte della attività zootecniche, dell’industria lattiero-casearia in particolare, dall’altra tali attività andranno incrementate per sostenere gli aumentati fabbisogni della popolazione mondiale. Da tutto ciò consegue che i prezzi dei mangimi e delle materie prime aumentino, anche in funzione della precaria situazione della pace nel mondo.
Per quanto riguarda la necessità di migliorare l’efficienza di conversione alimentare attraverso la scelta di foraggi e mangimi alternativi e la corretta formulazione delle diete, tenendo sempre conto del costo degli alimenti, fare delle previsioni sull’andamento dei costi di produzione sembra azzardato e difficile in questo momento storico in cui le vicende della guerra e dei rapporti internazionali non fanno certo ben sperare. Per non parlare dei prezzi dell’energia che schizzano in alto da un giorno all’altro, costringendo molte attività agricole, industriali e commerciali a chiudere. Per quanto riguarda, invece, le emissioni di gas serra enterici, anidride carbonica e metano, questi derivano dalla digestione degli alimenti e l’efficienza di quest’ultima garantisce la produzione del latte. In altre parole, per ottenere il massimo della produzione di latte con il minimo rilascio di gas serra, dobbiamo curare, in primo luogo, la qualità della dieta, ovvero la scelta degli ingredienti alimentari e le loro proporzioni relative, dando per scontata l’alimentazione a volontà.
Le successive relazioni riguardavano “l’opportunità di autoprodurre in azienda, ricorrendo anche a foraggi alternativi” e “il ruolo della fibra nella razione”.
Al primo posto va considerata la concentrazione proteica o, per meglio dire, azotata della dieta. L’argomento è strettamente collegato sia con il problema dell’inquinamento atmosferico da sostanze azotate, sia con quello della scelta dei foraggi da autoprodurre in azienda. Molti studi indicano nelle leguminose, nel trifoglio pratense in particolare, le colture foraggere da prendere in considerazione in sostituzione parziale delle graminacee. In quanto leguminose, fissano l’azoto atmosferico attraverso le radici, limitando il fabbisogno dei fertilizzanti e, soprattutto, contribuendo a ridurre la concentrazione dei pericolosi gas serra azotati nei liquami ed in atmosfera. Si riduce anche la necessità di acquistare mangimi proteici come la soia, con tutto ciò che di positivo ne consegue nei riguardi del disboscamento selvaggio, dei trasporti a lunga distanza, degli squilibri di mercato, dei danni delle monocolture. Il livello proteico delle razioni è spesso troppo elevato, pesando sia sul costo di alimentazione, sia sull’inquinamento da gas serra. Si può quindi risparmiare, facendo anche un favore alla natura e a noi stessi.
La fibra, poi, è, da sempre, considerata un componente indispensabile nella dieta della bovina da latte ed è, quindi, importante continuare a sottolinearne la funzione nutrizionale. È costituita essenzialmente da cellulosa, emicellulose e lignina ed è fondamentale come substrato fermentativo per i microrganismi fibrolitici del rumine per la formazione degli acidi grassi a corta catena, soprattutto l’acetico ed il butirrico. Questi acidi, assorbiti nel torrente sanguigno della bovina vengono poi metabolizzati sia a scopi energetici che come molecole di partenza per la sintesi del grasso del latte che risulta, quindi, ricco di acidi grassi a corta catena, come il butirrico, particolarmente utili per l’integrità e la salute delle cellule epiteliali del digerente, sia della bovina che del consumatore di latticini.  
Al termine della giornata l’esempio di una stalla italiana dalle performance eccellenti.
In conclusione, l’evento ci deve far riflettere su alcuni punti:
    • il nostro pianeta si sta riscaldando con conseguenze, anche gravi, sulla disponibilità di aree coltivabili e sulla frequenza di eventi meteorici eccezionali;
    • la popolazione mondiale aumenta nonostante tutto e sarà sempre più difficile dar da mangiare adeguatamente a tutti;
    • tutto ciò comporterà movimenti migratori sempre più importanti, con tutti i problemi socio-sanitari connessi;
    • una delle cause del riscaldamento globale è sicuramente l’aumento della concentrazione dei cosiddetti gas serra in atmosfera;
    • la conseguenza logica è che bisogna ridurre la produzione antropica di questi gas, ognuno nel proprio settore. La zootecnia vi contribuisce per il 15% circa e farà la sua parte, come sta già dimostrando in tutto il mondo, anche attraverso convegni come questo della Fiera Agricola Zootecnica Italiana di Montichiari.