Emergenza climatica e sostenibilità: le “colpe” degli allevamenti animali

di Mauro Antongiovanni
  • 30 March 2022

La popolazione umana del nostro pianeta è in continua espansione. Stiamo correndo verso i dieci miliardi di individui.  E tutti hanno diritto di accesso al cibo, diritto che adesso non è garantito per tutti. La situazione rimane insostenibile: da una parte del mondo si muore di fame e degli oltre otto miliardi di abitanti del pianeta, più di 650 milioni di sono obesi!
Al di là delle convinzioni e delle abitudini alimentari di alcuni, una dieta bilanciata che comprenda la giusta quota di proteine animali è, comunque, la più adeguata, specie per i bambini che in certe aree geografiche muoiono per denutrizione.
Ma le produzioni legate agli allevamenti animali vengono spesso accusate di essere la principale causa dell’aumento della concentrazione dei gas serra in atmosfera. Anche se non è vero, perché la produzione di energia elettrica a partire da combustibili fossili ne è responsabile per quasi il 40%, le attività industriali ne sono causa per più del 25%, i trasporti in generale contribuiscono per quasi il 20% e le produzioni zootecniche solo per il 14,5%, di cui circa il 40% è rappresentato da metano di origine enterica. D’altra parte dobbiamo renderci conto che continuare a condurre gli allevamenti come abbiamo sempre fatto in passato non è più sostenibile.
Alcune iniziative sono già state prese, come i tentativi di combattere la deforestazione in Brasile o la gestione corretta degli allevamenti di salmone in Norvegia. Da citare anche le iniziative benefiche come l’attività dei coniugi canadesi Maxwell che in Swaziland, un piccolo paese fra il Sud Africa e Mozambico, conducono un allevamento di ovaiole con mille accorgimenti di salvaguardia ambientale per aiutare a crescere i numerosi bambini orfani di genitori morti per HIV, endemico in quel paese. Molte altre iniziative vengono segnalate in tutto il mondo, basate sulla collaborazione internazionale e su l’introduzione di nuove tecnologie, ma sono gocce nel mare del disastro ecologico.
Tuttavia, la necessità di disporre di adeguate quantità di proteine di origine animale per una popolazione che cresce, specie per i bambini dei paesi più poveri, rimane incombente e ciò necessita di soluzioni tecnico-scientifiche intelligenti ed innovative. Se sarà sempre più necessario ricorrere agli allevamenti animali per poter produrre proteine nobili, non essendo possibile contare solo sulle proteine vegetali, dovremo prendere opportune misure a livello globale.
Gli esperti del settore indicano alcune possibili “piattaforme di sostenibilità”:
- limitazioni all’uso di antibiotici e solo a scopo terapeutico;
- impiego di eubiotici ed enzimi per facilitare al massimo la digestione e l’assorbimento dei nutrienti; 
- controllo dei consumi di risorse proteiche di origine marina per evitarne gli eccessi di sfruttamento;
- controllo delle emissioni di metano enterico e di composti azotati attraverso la razionalizzazione delle diete;
- miglioramento dell’efficienza produttiva degli animali;
- riduzione degli sprechi alimentari: circa il 24% delle calorie prodotte ogni anno finisce in discarica.
Possiamo e, soprattutto, dobbiamo muoverci adesso o sarà troppo tardi.
Per il momento, per quanto riguarda le emissioni di metano enterico che, come accennato sopra, incide per il 40% del 14,5%, ovvero per la bellezza di meno del 6% sulla concentrazione dei gas serra in atmosfera, se ne discusso alla recente Conferenza Mondiale del Clima di Glasgow (COP26).
In quella occasione, il presidente degli Stati Uniti John Biden ha annunciato, insieme al primo ministro britannico Boris Johnson, al presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador e al presidente della Corea del Sud Moon Jae-in, che la “American Feed Industry Association, (AFIA)” e la “European Feed Manufactures’ Federation (FEFAC)” si sono unite nell’appoggiare le iniziative del progetto “Unites States-European Union Global Methane Pledge” che si propone di arrivare, ad un taglio di niente po’ po’ di meno che del 30% delle emissioni di metano nel 2030, rispetto ai livelli attuali.
Per far questo, si sono spostati tutti in aereo a Glasgow da Roma, dove erano già riuniti. E non risulta che gli aerei fossero a pedali.