La coltivazione delle piante per il supporto alla vita nello Spazio

Oltre 20 anni di ricerca all’Università di Napoli.

di Roberta Paradiso e Stefania De Pascale
  • 31 July 2019

I programmi internazionali di esplorazione spaziale prevedono missioni di durata sempre maggiore, tuttavia la permanenza prolungata dell’uomo nello Spazio comporta ancora problematiche di tipo tecnico-ingegneristico, di approvvigionamento delle risorse e di salute per gli astronauti. A titolo di esempio, in missioni di lunga durata non è possibile rifornire interamente dalla Terra le risorse necessarie (es. cibo, acqua ed ossigeno), pertanto le missioni interplanetarie e le lunghe permanenze su piattaforme spaziali dipenderanno dallo sviluppo di sistemi in grado di rigenerare in continuo le risorse. I Sistemi Biorigenerativi (Bioregenerative Life Support Systems o BLSSs) sono sistemi che realizzano processi fondamentali alla vita dell’uomo nello Spazio (sviluppo di ossigeno, rimozione di anidride carbonica, depurazione dell’acqua), attraverso l’impiego di biorigeneratori. In tale contesto, le piante superiori rappresentano un ottimo strumento per: rigenerare l’aria mediante l’assorbimento di CO2 e l’emissione di O2 nella fotosintesi, purificare l’acqua mediante la traspirazione e riciclare parte dei prodotti di scarto dell’equipaggio (feci e urine) attraverso la nutrizione, fornendo nel contempo cibo fresco per integrare la dieta degli astronauti.
Il team UniNa, composto dalle Autrici e da Giovanna Aronne, Carmen Arena, Veronica De Micco, Antonio Pannico e Youssef Rouphael, da oltre 20 anni studia aspetti biologici, agronomici ed ambientali relativi alla coltivazione delle piante nello Spazio, con particolare riferimento a: la selezione di specie e cultivar candidate; la gestione della nutrizione idrica e minerale nei sistemi idroponici; l’effetto dei fattori spaziali sulla crescita e sulla riproduzione delle piante; il controllo ambientale nelle camere di crescita (con particolare attenzione alla qualità della luce); le interazioni delle piante con microrganismi benefici e biostimolanti; gli aspetti nutrizionali dell’introduzione di vegetali freschi nella dieta degli astronauti. Le risposte delle piante sono studiate in presenza di microgravità reale o simulata e di radiazioni spaziali simulate. Inoltre, diversi aspetti relativi ai vincoli dell’ambiente spaziale sono analizzati nell’ottica del completamento del ciclo seed-to-food (e tuber-to-food). Infine, sono studiati e progettati sistemi modulari per la coltivazione nello Spazio.
Gli obiettivi dei principali progetti di ricerca, prevalentemente finanziati dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e dall’European Space Agency (ESA) sono riassunti di seguito.
I progetti ASI “Morphological and physiological response of plant roots to a low-gravity environment” (1997-2000) e “Morphological and physiological response of seedlings to a low-gravity environment” (2001-2002) miravano ad indagare gli effetti della microgravità simulata sulla crescita e lo sviluppo di piantine di fagiolo germinate su un clinostato rotante, in coltivazione aeroponica. Nello stesso periodo, il progetto “SGH - Space GreenHouse” (ASI, 2002-2003) aveva come obiettivo la progettazione di una piccola serra spaziale, dotata di un sistema di controllo ambientale, inclusi software e sonde per il monitoraggio e il controllo di temperatura, umidità relativa e concentrazione di CO2 dell'aria, e un pannello a LED a luce rossa-blu, come prototipo di un modulo di coltivazione da testare a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Successivamente, il progetto “CAB - Controllo Ambientale Biorigenerativo” (ASI, 2007) realizzò uno studio di fattibilità di un BLSS basato sulle piante superiori per la produzione di cibo e ossigeno, la rimozione di CO2 e la purificazione dell'acqua.
Nel progetto ESA “SAYSOY - Space Apparatus to Yield Soybean sprouts” (2004-2006), condotto con successo in un esperimento di volo, il lavoro del team aveva due obiettivi: progettare e costruire una piccola camera di crescita per germinare semi e crescere piantine su piattaforme spaziali senza equipaggio; studiare l'effetto della microgravità sullo sviluppo di piantine di soia, con particolare attenzione all'anatomia e citologia del sistema vascolare.
A partire dal 2009, il gruppo di ricerca è coinvolto nel programma ESA “MELiSSA - Micro-Ecological Life Support System Alternative”, che ha l’obiettivo di realizzare un ecosistema artificiale basato su microrganismi e piante superiori per la rigenerazione delle risorse in missioni spaziali a lungo termine con equipaggio (https://www.esa.int/Our_Activities/Space_Engineering_Technology/Melissa). Nell’ambito del programma, studi per selezionare le cultivar europee più idonee per la coltura idroponica di soia hanno previsto un approccio in due step per: a) lo sviluppo di una procedura teorica per l'identificazione preliminare di cultivar candidate e b) la valutazione del comportamento delle cultivar selezionate in un sistema idroponico NFT (nutrient film technique), in condizioni ambientali controllate. Inoltre, sono stati valutati gli effetti della coltura idroponica, rispetto alla coltivazione su suolo, sulla qualità nutrizionale dei semi di soia e dei derivati, latte di soia e okara. Successivamente è stata anche dimostrata la possibilità di ottimizzare la crescita e la resa delle piante di soia applicando microrganismi benefici in idroponica.
Dal 2013 il team UniNa è partner ufficiale del Consorzio MELiSSA (https://www.esa.int/Our_Activities/Space_Engineering_Technology/Melissa/MELiSSA_Consortium_-_1993), costituito da organizzazioni indipendenti nei settori della ricerca e dell’industria spaziale (università, centri di ricerca, piccole e medie imprese, industrie leader).
Nel 2013, il gruppo di ricerca ha lavorato al progetto FARO (Finanziamento per l'avvio di ricerca originale) “Effects of ionizing radiation on tomato growth: food countermeasures to sustain human life in space”, finanziato dall'Università di Napoli e dalla Fondazione San Paolo. La cultivar di pomodoro nana Lycopersicon esculentum 'Microtom', scelta per le dimensioni ridotte e il ciclo di coltivazione breve (requisiti fondamentali nei BLSS), è stata utilizzata come modello per studiare la resistenza all’esposizione a diverse dosi di raggi X in diverse fasi fenologiche (seme, fase vegetativa, fase riproduttiva) ed, in particolare, i potenziali effetti positivi innescati dall'irradiazione a basse dosi e quelli dannosi causati da dosi elevate, in termini di crescita delle piante e aspetti nutrizionali dei frutti.
Più recentemente (2016-2017), nel progetto ESA “ACSA - Compartment IVb improvement: air and canopy sub-compartment analysis”, UniNa ha contribuito all'aggiornamento del sistema di controllo climatico della Higher plant chamber (HPC) del MELiSSA pilot plant (MPP), presso l'Università di Barcellona. L'MPP è un laboratorio dedicato alla realizzazione su scala pilota di un circuito chiuso di biorigeneratori, attraverso la connessione di diversi bioreattori, tra i quali fondamentali è l'HPC, una camera a tenuta stagna, dotata di un sistema idroponico chiuso ed equipaggiata per la misurazione precisa di acqua, sostanze nutritive e scambi gassosi, in un ambiente completamente controllato. Nello stesso periodo, il team ha iniziato la sua partecipazione al progetto ESA “Precursor of Food Production Unit” (PFPU - Fase 1 2016-2017; Fase 2 2018-2020), per realizzare il prototipo di un sistema modulare per la coltivazione di specie tuberose (patata e patata dolce) in microgravità, da testare a bordo della ISS, anche sulla base di una caratterizzazione fine della fisiologia della pianta.
Attualmente il gruppo è coinvolto nel progetto ESA “PacMan - Plant characterization unit for closed life support system - engineering, manufacturing and testing” (2018-2019), basato sulla necessità di misurare tutte le variabili necessarie alla modellizzazione del comportamento delle piante superiori nell’ottica dell’integrazione del “compartimento piante” nei BLSS. Questa implica l’utilizzo di un ambiente con sistemi precisi di monitoraggio e di controllo ambientale: la plant chamber unit (PCU), una camera di crescita completamente sigillata, dotata di un sistema idroponico a circuito chiuso e di accurati sistemi di rilevamento e controllo climatico. La PCU sarà alloggiata in un laboratorio dedicato, in costruzione presso il Dipartimento di Agraria di Portici. In parallelo, nel progetto ESA “WAPS - Water Across the Plant Systems: effects of microgravity on organ morphological and functional traits” (2015-2019) l’attività è finalizzata ad analizzare l’effetto della microgravità sulle caratteristiche morfo-funzionali di radice, fusto e foglie, con particolare riferimento al percorso idraulico dalle radici alle foglie.
A partire dal 2019, il team UniNa coordina il progetto ASI “Rebus - in-situ resource bio-utilization for life support system” (2019-2021), un programma di ricerca nazionale che coinvolge università, istituti di ricerca e partner industriali, finalizzato allo sviluppo di un BLSS basato sull'uso di piante e microrganismi decompositori per massimizzare l'uso di risorse in situ e il riciclo di materiale organico di scarto della missione. I suoli planetari (regoliti lunari e marziane) saranno utilizzati come substrato di coltivazione ed i rifiuti della missione (residui di coltivazione, feci e urine) come ammendanti, fertilizzanti o biostimolanti, per produrre vegetali freschi, inclusi prodotti funzionali innovativi (es. microgreens), come contromisura a malattie degenerative indotte da fattori spaziali (e.g. radiazione cosmica). Dopo le fasi di progettazione, realizzazione e collaudo sulla Terra, il prototipo del modulo di coltivazione verrà spostato sulla ISS per convalidare le osservazioni in condizioni spaziali.
Parallelamente all'attività di ricerca, UniNa partecipa a diversi progetti di divulgazione ASI, attraverso seminari e testi sui principali aspetti della vita umana e vegetale nello Spazio. Negli anni 2014-2015, il progetto "EPO (Education and Public Outreach) - HiP (Higher Plants)”, realizzato in connessione con la missione ISS 42/43 "FUTURA", ha portato alla pubblicazione dell’e-book LISS: Lessons on the ISS (https://www.asi.it/it/educational/liss-a-lezione-sulla-iss). Nello stesso progetto, il team ha anche collaborato allo sviluppo del sito web della missione (http://avamposto42.esa.int/), dedicato all’astronauta italiana Samantha Cristoforetti, ed al post-flight tour in diverse città italiane (https://www.astronautinews.it/2015/09/il-calendario-ufficiale-del-post-flight-tour). Nel 2016-2017, due progetti educativi sono stati abbinati alla spedizione ISS 52/53 "VITA": MULTI-TROP (MULTI-TROPism) ed “EXPLORA - Human and robotic exploration of Space”. Nel primo, un esperimento sulla ISS, che ha coinvolto l'astronauta italiano Paolo Nespoli, aveva l’obiettivo di indagare l'interazione tra i principali fattori che influenzano la direzione della crescita delle radici in assenza di gravità (sulla Terra dominata dal gravitropismo), anche investigando l’influenza di sola acqua (idrotropismo) e di acqua e nutrienti (chemiotropismo). Il secondo mirava a creare una connessione tra studenti di scuole superiori e istituzioni scientifiche coinvolte nella ricerca spaziale, attraverso una serie di seminari e l'e-book "Explora" (https://www.asi.it/it/educational/a-scuola-di-scienza/explora-esplorazione-umana-e-robotica-dello-spazio).
In conclusione, l’intensa ricerca svolta nell'ambito della biologia vegetale spaziale dimostra che le piante superiori sono in grado di adattarsi alle condizioni di vita nello Spazio, tuttavia le informazioni sugli effetti a lungo termine di queste sui processi vegetali fondamentali sono ancora limitate ed ulteriori ricerche sono necessarie nell’ottica dell’inserimento nei sistemi biorigenerativi.

Foto in apertura: Microgreens delle famiglie delle Apiaceae (coriandolo), Brassicaceae (crescione, senape, ravanello, kohlrabi, komatsuna, mibuna, pak choi, tatsoi), Lamiaceae (basilico verde e viola), Malvaceae (juta), e Chenopodiaceae (bietola), allevate in fitotrone presso i laboratori UniNa.

Foto sotto: Piante di lattuga nel corso di esperimenti del progetto ESA - ACSA all’interno dell’Higher plant chamber (HPC) del MELiSSA pilot plant presso l’Università di Barcellona (Spagna).