Ortofrutta, appunti per il nuovo ministro Lollobrigida

di Lorenzo Frassoldati *
  • 23 November 2022

C’è grande attesa per i primi atti del nuovo ministro Lollobrigida , ministro della Sovranità alimentare e forestale . Il mondo produttivo, ortofrutta in prima linea, lo attende al varco con aiuti concreti sul fronte delle bollette pazze dell’energia che stanno massacrando i bilanci non solo di tantissime aziende produttive, ma delle loro strutture, dei consorzi, delle cooperative, delle altre forme associate. Perché ovunque c’è bisogno di energia per i magazzini, gli impianti, le celle frigorifere, le linee di lavorazione e confezionamento. L’ortofrutta si è dimostrata durante la pandemia e dopo come un comparto resiliente, in grado di rifornire Il mercato nazionale e quelli esteri (record di export nel 2021) con continuità, garantendo qualità dei prodotti e occupazione, ma ora i costi dell’energia, della logistica e delle materie prime rischiano di far saltare il banco. Quindi, cosa chiedere subito al neo-ministro? Intanto aiuti fiscali, agevolazioni e aiuti per pagare le bollette e l’acquisto dei fattori produttivi (gasolio, fertilizzanti, fitosanitari, mangimistica e sementi), che hanno raggiunto costi insostenibili. Poi aiuti per sostenere la liquidità delle imprese, garanzia fidi ecc; riduzione del cuneo fiscale per abbassare il costo del lavoro; interventi concreti e risolutivi per l’eterno problema della manodopera che manca; credito agevolato per i territori colpiti dalle calamità legate al climate change.
Poi in prospettiva: serve un grande piano di rilancio dei consumi di ortofrutta che manca da sempre e un sostegno deciso come ministero a tutti i dossier di apertura dei nuovi mercati perché l’export, come i consumi, va male e non ci possiamo permettere di perdere ulteriori quote di produzione (anche perché la concorrenza non sta ferma). Poi aspettiamo al varco Lollobrigida nelle scelte comunitarie su Green Deal e Farm to Fork, i cui obiettivi vanno quantomeno rivisti e tarati in modo da non distruggere ulteriori quote di produzione (e agevolare l’import). Con la Commissione poi bisogna parlare chiaro sulla proposta di nuovo regolamento sull’uso dei fitofarmaci: da rispedire al mittente, non ci devono essere dubbi.
Si è parlato tanto, troppo, della nuova denominazione del ministero. Lollobrigida ha fatto bene a chiarire subito che sovranità non fa rima con autarchia. Il tema della cosiddetta sovranità alimentare dovrà fare i conti con i limiti fisici e strutturali della nostra agricoltura e con i condizionamenti posti da Bruxelles attraverso i progetti del Green Deal e della Farm to Fork. E anche con i meccanismi decisionali delle politiche agricole nazionali, frazionati tra ministero e Regioni. Tutto il resto - sia detto col massimo rispetto - al momento sono solo dichiarazioni di principio, dialoghi sui massimi sistemi. Tutti vogliamo difendere la nostra agricoltura e le nostre eccellenze, si tratta di mettere d'accordo gli attori nazionali del settore e poi di coordinarci in Europa con chi condivide i nostri obiettivi, altrimenti non si porta a casa niente. Quanto alle nostre eccellenze e al nostro export, non è un caso che le due produzioni in cima alla classifica dell'export siano il vino e l'ortofrutta, guarda caso due comparti in cui siamo abbondantemente 'sovrani'. Aiutare le imprese ad essere più competitive e agevolare e aprire nuovi mercati per l'export mi sembra la strada maestra per dare attuazione al concetto di 'sovranità alimentare'.
Vorrei chiudere con una considerazione su Fruit Attraction, la fiera madrilena di ottobre che ha fatto numeri da favola. Ho letto commenti del tipo: l’Italia non ha fatto sistema. Scusate, è una banalità. Non è una notizia, semmai una conferma. Comunque qualche collettiva c’era, a partire dal CSO e da Italian Fruit Village. E gli italiani erano i secondi espositori dopo la Spagna, quindi la squadra c’era, anche se un po’ spezzettata. Noi italiani siamo fatti così, pazienza.
Andiamo oltre, andiamo al sodo. E il ‘sodo’ sono le dichiarazioni, tra il soddisfatto e l’entusiasta, delle imprese italiane che portavano nella vetrina madrilena in particolare mele e kiwi, i prodotti più appetibili per quel mercato. Tutti d’accordo: mai stata una edizione così viva. Più visitatori esteri e da oltremare, tutto il mondo europeo dell’ortofrutta presente. Tantissimi buyer di catene distributive di Germania, Svizzera e Inghilterra, e molti fornitori dell’emisfero sud. “Una fiera Fruit Attraction oltre le aspettative”, la sintesi. Ci sono l’organizzazione, la location e il periodo che sono stati indovinati. C’è un sistema paese che crede nell’ortofrutta e supporta, rafforza, e “fa sistema”, d’accordo. Ma aldilà dei numeri, delle percentuali, dei confronti statistici …come si spiega un successo, una crescita così veloce?  Il successo nasce da un Paese che ha puntato senza esitazioni sulla internazionalizzazione, non a caso la fiera è organizzata da Ifema e Fepex, l’associazione degli esportatori spagnoli. Cioè una fiera come leva per l’internazionalizzazione delle sue imprese, strumento efficace per il business delle imprese e l’accesso a nuovi mercati. L’export insomma come pensiero fondante della manifestazione. La fiera nasce da un progetto: dimostrare che la Spagna è la piattaforma, la base produttiva dell’ortofrutta europea, quindi spostare il centro del business da una sede puramente logistica, come Berlino, ai territori dove si produce, dove la ricchezza si crea. Così si spiega, aldilà delle cifre, questo successo voluto, cercato dall’intero Paese e dalle sue istituzioni, che hanno messo l’ortofrutta al centro delle proprie strategie economiche. E qui si misura tutta la distanza tra la Spagna e noi. Lo tenga presente il nuovo ministro Lollobrigida. E se lui lo dimentica, che qualcuno glielo ricordi.

*direttore Corriere Ortofrutticolo e www.corriereortofrutticolo.it