Il georgofilo Dino Scanavino a capo dei vivaisti viticoli italiani

" Vivaisti determinanti per la sostenibilità e la competitività dell’intero settore vitivinicolo; le nuove tecnologie possono dare grande aiuto".

di Giulia Bartalozzi
  • 19 November 2025

Dino Scanavino, imprenditore agricolo e vivaista, un passato da amministratore di territorio in Piemonte e nei direttivi di enti e associazione economiche e del commercio, già presidente provinciale, regionale e poi nazionale della Cia, è stato recentemente eletto presidente di MIVA, l’associazione dei vivaisti viticoli d’Italia che ha sede a Faenza.
Lo abbiamo intervistato.

Qual è il ruolo del vivaismo viticolo all’interno della filiera del vino?
Il vivaismo viticolo è il primo anello di una catena complessa, ma anche uno dei più determinanti per la sostenibilità e la competitività dell’intero settore vitivinicolo.
Rappresentiamo la base su cui poggia l’intera filiera: il rapporto costante con i viticoltori, le cooperative e l’industria vinicola ci permette di orientare la produzione di piante in funzione delle reali esigenze di un settore, quello enologico, in costante trasformazione.

Come intende valorizzare i vivaisti nei progetti della produzione enologica italiana?
Innanzitutto, sono convinto che il vivaismo debba avere una rappresentanza significativa ai tavoli europei e nazionali in cui si definiscono gli indirizzi e le prospettive del sistema enologico. L’enologia mondiale si trova oggi ad affrontare una fase estremamente complessa. Le abitudini dei consumatori sono in costante trasformazione e la capacità di prevedere e anticipare i cambiamenti è diventata un elemento essenziale per offrire risposte adeguate alle nuove esigenze del mercato. Per riconvertire le produzioni — passando, ad esempio, dai vini rossi ai bianchi, oppure da vini strutturati e adatti all’invecchiamento a vini meno alcolici, dal profilo più fresco e contemporaneo — non basta intervenire sulle strutture di cantina o sul lavoro degli enologi: è necessario agire anche sul vigneto. Per questo motivo, il vivaismo deve essere parte attiva nei processi di programmazione strategica, così da poter predisporre materiale di base dotato delle caratteristiche genetiche e agronomiche coerenti con le nuove richieste del comparto.

Come vede l’impiego delle nuove tecnologie di evoluzione assistita (TEA) nella viticoltura?
Le TEA suscitano grande interesse nel settore del vivaismo viticolo. Il nostro impegno nel miglioramento genetico è di lunga data e si esprime, da sempre, attraverso la selezione clonale in stretta collaborazione con università e centri di ricerca. Il patrimonio di nuovi cloni oggi disponibile per la viticoltura è il risultato di un lavoro costante volto a rispondere in modo mirato alle esigenze del sistema produttivo.
Le Tecniche di Evoluzione Assistita possono imprimere un’importante accelerazione a questo processo, favorendo la creazione di un patrimonio viticolo più sano e resiliente, capace di ridurre la necessità — talvolta elevata — di interventi fitosanitari. Attendiamo che il quadro normativo consenta di ampliare e velocizzare la sperimentazione su scala sempre più estesa, per arrivare in tempi brevi a una viticoltura innovativa, sostenibile e pienamente rispondente alle esigenze produttive e ambientali.

Il suo passato in CIA, quindi a contatto con le esigenze di numerosi attori delle filiere agroalimentari italiane, potrà costituire un vantaggio nello svolgimento del suo nuovo incarico?
Gli anni trascorsi alla presidenza di CIA – Agricoltori Italiani mi hanno permesso di acquisire un patrimonio significativo di conoscenze e competenze, sia a livello nazionale che europeo.
Questo percorso mi ha anche dato l’opportunità di approfondire la conoscenza di altri comparti agricoli e di confrontarmi con le diverse realtà regionali, ampliando così la visione complessiva del settore.
L’esperienza maturata nei rapporti con le istituzioni, con le amministrazioni pubbliche e con l’Accademia dei Georgofili – autentica fucina di pensiero e di elaborazione culturale – rappresenta oggi un insieme di competenze e relazioni che intendo valorizzare nel mio nuovo ruolo alla guida di M.I.V.A. 

Come vede la politica agricola europea rispetto al settore vitivinicolo?
La politica agricola europea è in una fase di rinnovamento: il progetto di PAC post-2027 punta alla semplificazione burocratica, a maggiore equità e flessibilità, mantenendo alti gli obiettivi di sostenibilità ambientale, tutela del territorio e del paesaggio.
In questo contesto, il sistema vivaistico, viticolo ed enologico può e deve giocare un ruolo da protagonista. Il nostro grande patrimonio ampelografico — oltre 500 varietà registrate — è la base non solo per l’innovazione enologica e la soddisfazione dei consumatori, ma anche per affermare il diritto del comparto a partecipare attivamente alle scelte politiche.
Curare il vigneto significa sostenere la moderna enologia, proteggere il paesaggio, presidiare il territorio e favorire lo sviluppo del turismo vitivinicolo, con ricadute economiche significative. La viticoltura va dunque considerata non solo per il suo valore economico, ma anche per la funzione ambientale e sociale, e adeguatamente supportata da risorse per ricerca, sperimentazione e rinnovo del patrimonio viticolo, riconosciuto in alcuni casi dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità.