Come ripristinare le aree degradate nei vigneti

Si è concluso a fine giugno il Progetto europeo ReSolVe, che ha: - selezionato 19 vigneti biologici in Italia, Francia, Spagna, Slovenia e Turchia; - individuato per ciascun vigneto le aree con una ridotta crescita della vite, bassa resistenza alle malattie e/o scarsa produzione di uva; - testato per 3 anni in modo interdisciplinare gli effetti della concimazione con compost, sovescio e pacciamatura secca con leguminose; -evidenziato vantaggi, criticità e alcuni suggerimenti pratici nell’adozione di ciascuna strategia.

di Lorenzo D’Avino
  • 05 September 2018
Il Progetto ReSolVe (Ripristino della funzionalità ottimale dei suoli nelle aree degradate dei vigneti tramite metodi biologici, www.resolve-organic.eu,)  è stato cofinanziato dal consorzio ERA-Net CORE organic plus della Commissione europea, sotto la responsabilità del CREA-AA di Firenze (dott. Edoardo Costantini coordinatore, dott. Simone Priori vicecoordinatore) ed ha coinvolto oltre 30 ricercatori di Italia, Spagna, Francia, Slovenia, Turchia e Svezia. Il progetto ha testato tre diverse strategie di gestione dell’interfila dei vigneti per incrementarne la fertilità dei suoli coltivati con il metodo biologico.
Sono stati analizzati 19 vigneti in 8 diverse località site in 5 paesi, rappresentative di celebri distretti vinicoli come Bordeaux e Languedoc (Francia), Primorska (Slovenia) o La Rioja (Spagna) oltre a Celebi e Evran (Turchia), inserite per l’importante produzione di uva da tavola.  In Italia sono stati selezionati tre vigneti nel Chianti classico e tre in Maremma.
Per ciascun vigneto è stata identificata un’area degradata e una non degradata, caratterizzate mediante rilevamento pedologico di alto dettaglio tramite sensori prossimali, escavazione del profilo e monitoraggi annuali. Le principali cause di degradazione erano dovute ad errori nella preparazione del terreno in pre-impianto (scassi e sbancamenti), erosione idrica eccessiva e/o compattazione, scarsa profondità del suolo e disponibilità idrica, perdita di sostanza organica e sostanze nutritive. Le aree degradate hanno prodotto quantità significativamente inferiori di uva con concentrazioni eccessive di zuccheri (ad eccezione delle aree di produzione dell’uva da tavola che erano irrigate), si è riscontrata una minore disponibilità di acqua e nutrienti, generalmente una minore capacità di sequestro di carbonio e trasformazione della sostanza organica. La valutazione della biodiversità si è rivelata complessa perché dipendente da molti fattori specifici, tuttavia alcuni gruppi decompositori (collemboli e acari oribatei) hanno mostrato una minore abbondanza nelle aree degradate. I risultati sono stati dettagliati in un articolo pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Journal of environmental management .
Nelle aree degradate le strategie scelte per il ripristino del suolo sono state:
•    COMP(compost): elevati apporti (30-50 t/ha l’anno) di ammendanti organici prodotti in genere compostando letame di vacca o pecora con potature;  
•    GM (green manure): semina annuale di cover crop, un mix di cereali e leguminose scelto per ciascun sito e sovesciato in tarda primavera, durante la fioritura;
•    DM (dry mulching): utilizzo di leguminose perenni e/o riseminanti falciate in tarda primavera in modo da lasciare una pacciamatura secca durante il periodo estivo
Le strategie di ripristino sono state confrontate con i risultati ottenuti in un’area con interfila inerbita e lavorata annualmente con erpice rotante o estirpatore. Al temine del progetto i risultati interdisciplinari sono stati pubblicati in numerosi articoli anche open access, quali i due volumi (vol. 30 e 31) dell’International Journal of Environmental Quality (http://eqa.unibo.it/issue/archive). Le strategie sono state confrontate mediante dati produttivi viticoli, rilievi sulla pianta con sensori prossimali, erosione potenziale, densità apparente e stabilità degli aggregati del suolo, attività enzimatica, dinamica della comunità batterica, di nematotodi e microartropodi, dinamica e stima dello stock di carbonio e azoto.
Dopo tre anni di prova, COMP sembra essere il trattamento più rapido per migliorare sia la salute e il vigore della vite, che la sostanza organica e l’azoto nel suolo. Tuttavia la riduzione del rischio di erosione risulta inferiore rispetto a GM e DM. Quest’ultima strategia, riducendo la lavorazione del terreno è quella che maggiormente aumenta l’attività biologica. Esistono tuttavia notevoli differenze rispetto al livello e al tipo di degradazione.
Per aiutare agricoltori e tecnici a scegliere la tecnica di ripristino più idonea sono state preparate delle linee guida tradotte in 5 lingue: descrivono graficamente gli effetti delle diverse colture da sovescio e inerbimento permanente testate, ed un confronto tra gli effetti e le criticità delle strategie adottate, indicando anche alcuni suggerimenti pratici per la semina delle colture di copertura e i tempi di sfalcio o interramento (http://www.resolve-organic.eu/images/Guidelines_Resolve_soil_restoration_techniques_ITALIAN.pdf).
Occorre tuttavia sottolineare che, sebbene il degrado dei suoli possa essere molto rapido, il ripristino della loro funzionalità richiede competenza e tempi lunghi. Le strategie confrontate, pur aiutando il ripristino della fertilità del suolo superficiale, possono non essere sufficienti al ripristino degli orizzonti di suolo più profondi. In prospettiva verranno ricercati metodi che consentano un recupero di funzionalità del suolo anche in profondità, almeno per l’intero spessore interessato dall’attività radicale della vite.