Alimentare gli animali senza soia, si può?

di Mauro Antongiovanni
  • 21 December 2022

La soia, come è noto, è l’ingrediente proteico di origine vegetale più usato in alimentazione animale, soprattutto per la buona qualità biologica della miscela dei suoi aminoacidi. Purtroppo, la sua coltivazione è spesso messa in discussione perché contribuisce indirettamente al riscaldamento globale. Infatti, da una parte, le vaste aree necessarie per la sua coltivazione vengono ottenute prevalentemente con l’abbattimento delle foreste naturali, dall’altra il prodotto necessita di trasporti a lunga distanza, con tutto ciò che ne consegue in termini di consumi energetici ed inquinamento ambientale.
Se si potesse fare a meno della soia sarebbe un bel vantaggio. In effetti, si sono fatti molti tentativi di sostituire la soia nelle diete con altri ingredienti proteici come i semi di girasole o di colza, ma con risultati deludenti in termini di accrescimenti ponderali e conversione alimentare. Gli scarsi risultati dipendono dal più alto contenuto di fibra, dalla minore digeribilità degli aminoacidi e dagli eventuali fattori antinutrizionali degli alimenti alternativi provati, tutti fattori che contribuiscono alla crescita dei batteri patogeni del microbiota.
La ditta Danisco Animal Nutrition and Health ha pubblicato, a firma del suo direttore Leon Marchal, uno studio sui risultati ottenuti con l’impiego di specifici enzimi ed additivi alimentari che limitano gli effetti negativi conseguenti all’uso delle alternative alla soia. La notizia compare in Internet, anche con un video, ma non sembra pubblicata su riviste scientifiche qualificate. Pertanto prendiamola come segnalazione pubblicitaria, comunque degna della massima attenzione, dato l’argomento.
Lo studio è stato condotto su 2.574 boiler maschi Ross 308 con nove trattamenti alimentari, di cui uno di confronto con farina di estrazione di soia e gli altri otto senza soia, ma con gli enzimi fitasi, xilanasi, beta- glucanasi, proteasi e probiotici e livelli proteici diversi. La fitasi per ridurre l’effetto antinutrizionale dei fitati e migliorare la digeribilità degli aminoacidi e dell’energia; la xilanasi e la beta-glucanasi per migliorare la digeribilità dei carboidrati strutturali come la fibra; le proteasi per la digestione degli aminoacidi ed i probiotici per la salute dell’ambiente intestinale.
La pubblicazione riporta i risultati ottenuti con le diete senza soia a confronto con quelli ottenuti con la dieta con soia. Sono assolutamente confrontabili, sia in termini di prestazioni produttive degli animali che di costi di produzione.
La conclusione dell’autore è che la farina di estrazione di soia può essere completamente sostituita nella formulazione delle diete per polli da carne senza problemi né produttivi, né economici. In più, si fa notare che l’eliminazione della soia, con i suoi noti problemi di coltivazione e trasporti, è una buona strategia per una produzione più sostenibile.
L’autore ci assicura anche che i risultati sono ancora in fase di elaborazione più approfondita allo scopo di renderli pubblicabili su riviste scientifiche internazionali.
Non ci rimane che segnalare in anteprima l’informazione della ditta Danisco ed attenderne le conferme scientifiche.