Lo scorso 17 luglio è stato pubblicato il regolamento di esecuzione (UE) n. 2025/1422, che porta a 29 (su 48) le specie vegetali segnalate in Italia
È sempre più difficile parlare di biodiversità vegetale, poiché nella nostra epoca moltissime persone hanno ormai perso il contatto con la natura e tendono a vedere le piante come un generico e anonimo oggetto di arredo o “sfondo verde” davanti al quale svolgere le proprie attività quotidiane. Questo fenomeno è ben noto ed è stato definito “cecità alle piante”. Nonostante ciò, interessarsi, conoscere e proteggere la biodiversità vegetale è fondamentale, poiché è proprio dalle piante che dipende la vita sulla terra per come oggi la conosciamo. Stime recenti indicano che oltre l’80% della biomassa di ambienti emersi sul nostro pianeta sia costituita da piante, che in quanto produttori primari sono alla base di tutte le catene alimentari, inclusa ovviamente la nostra specie Homo sapiens Linnaeus, 1758.
Assieme al consumo di suolo e al cambiamento climatico, uno dei principali problemi che nell’ultimo secolo stanno mettendo a rischio la biodiversità delle piante è il fenomeno delle invasioni biologiche: la presenza, cioè, di specie introdotte – consapevolmente o inconsapevolmente – dall’uomo al di fuori del loro areale naturale. Normalmente, le piante sono introdotte in coltivazione in un determinato territorio per essere utilizzate come ornamento o alimento. Può succedere che alcune di queste specie aliene (definibili anche alloctone o esotiche) inizino a sfuggire alla coltivazione (aliene casuali) e che, col tempo, acquisiscano la capacità di autosostenersi e riprodursi autonomamente senza l’intervento dell’uomo (aliene naturalizzate). Una porzione di queste specie può trovarsi talmente bene in un territorio da iniziare a diffondersi in modo incontrollato, andando a sottrarre spazio alle specie native (definibili anche autoctone) presenti nello stesso territorio con dinamiche naturali, o addirittura a sostituirle completamente. Si parla in questo caso di specie aliene invasive.
Il problema è ben documentato dalla comunità scientifica a livello globale. Recentemente, l’Unione Europea ha preso coscienza degli enormi rischi connessi con le invasioni biologiche, emanando una serie di regolamenti con elenchi – periodicamente aggiornati – di specie animali e vegetali da non detenere, da non commercializzare, da monitorare in caso di rinvenimento in natura e da eradicare precocemente ove possibile, secondo il Regolamento europeo UE 1143/2014 e successivi Regolamenti di esecuzione UE 2016/1141, 2017/1263, 2019/1262, 2022/1203 e 2025/1422, l’ultimo dei quali pubblicato lo scorso 17 luglio 2025. Tale regolamento è stato recepito dallo Stato italiano, che ha delegato alle Regioni la piena responsabilità della corretta gestione di questi organismi.
Secondo le attuali conoscenze, su un totale di oltre 10.000 specie/sottospecie di piante vascolari note a livello nazionale, ca. il 18% sono esotiche. Tra queste, 29 sono presenti nei sopra citati regolamenti europei (su un totale di 48) e sette di esse sono state aggiunte a seguito dell’aggiornamento pubblicato qualche giorno fa:
- Acacia mearnsii De Wild. (Fabaceae): specie originaria dell’Australia sud-orientale, segnalata come invasiva in Sardegna.
- Broussonetia papyrifera (L.) Vent. (Moraceae): specie originaria dell’Asia sud-orientale, presente ormai in tutta Italia con l’eccezione della Valle d’Aosta, invasiva in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio.
- Crassula helmsii (Kirk) Cockayne (Crassulaceae): specie originaria dell’Australia meridionale, di dubbia presenza in Friuli Venezia Giulia.
- Delairea odorata Lem. (Asteraceae): specie originaria del Sudafrica, segnalata come casuale in quasi tutte le regioni tirrenico-liguri, naturalizzata in Sardegna e Toscana.
- Reynoutria bohemica Chrtek & Chrtková (Polygonaceae): si tratta di una specie di origine ibrida, che si è formata a seguito del contatto, al di fuori dei loro areali originari, tra R. japonica e R. sachalinensis (originarie dell’Asia orientale) presente in tutte le regioni dell’Italia settentrionale, invasiva in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Toscana.
- Reynoutria japonica Houtt. (Polygonaceae): originaria dell’Asia orientale e presente in quasi tutte le regioni dell’Italia centro-settentrionale, invasiva in Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Toscana.
- Reynoutria sachalinensis (F.Schmidt) Nakai (Polygonaceae): originaria di Corea, Giappone e isole contermini, presente in quasi tutte le regioni dell’Italia nord-occidentale, invasiva in Piemonte.
Vi sono ormai corpose prove scientifiche che evidenziano i gravi danni prodotti dalle invasioni biologiche, per cui è bene ricordare che le specie coltivate oggi (soprattutto a scopo ornamentale) potrebbero essere le invasive di domani. Delairea odorata è stata introdotta per la prima volta in Italia nel 1851 e, almeno a livello nazionale, si è al momento “soltanto” naturalizzata in svariate regioni. Al contrario, R. japonica e R. sachalinensis sono state introdotte rispettivamente nel 1858 e nel 1900 e – dopo un secolo e mezzo circa – si stanno diffondendo in modo incontrollato, soprattutto in Italia settentrionale. Per un banale principio di precauzione, quindi, sarebbe opportuno evitare l’uso di piante alloctone quando non strettamente indispensabile. Ben venga allora, per esempio, l’uso di specie autoctone di provenienza locale per il cosiddetto “verde urbano”, inclusi giardini privati, balconi etc. Una maggiore sensibilizzazione su queste tematiche, a partire dalle scuole, potrebbe certamente favorire comportamenti virtuosi, che potranno contribuire alla conservazione della biodiversità vegetale.
FOTO: Reynoutria bohemica Chrtek & Chrtková