“Dialoghi sul suolo e l’acqua”: Suolo e rischio alimentare

Dialogo con Claudio Bini – Professore ordinario dell’Università Ca’ Foscari di Venezia

di Marcello Pagliai e Claudio Bini
  • 02 July 2025

Pagliai – Il 95% del cibo per la popolazione umana viene prodotto dal suolo. Infatti, l’attuale obiettivo primario dell’agricoltura è quello di ottenere prodotti di qualità. Lo slogan attuale di Slow Food, ad esempio, afferma che il cibo deve essere buono, pulito e giusto.
Per produrre cibo buono e pulito, cioè sano, occorre un suolo di buona qualità. Purtroppo, nel mondo ogni mezz’ora se ne perdono 500 ha per le cause più diverse (erosione, inquinamento, cementificazione, ecc.). Agricoltura e urbanizzazione competono per l’uso degli stessi suoli: tendenzialmente i terreni a più elevata potenzialità produttiva.
Oggi oltre il 33% dei suoli mondiali è affetto da forti limitazioni per la produzione di alimenti e nei paesi industrializzati le terre da destinare all’agricoltura sono ormai limitatissime. Per esempio, in Italia, in un solo anno, oltre 100.000 persone hanno perso la possibilità di alimentarsi con prodotti di qualità italiani. Insomma, in un’ottica di aumento della popolazione mondiale, come previsto, di una crisi climatica in atto, dal continuo insorgere di popolazioni aliene di nuovi parassiti, ecc., non sembra ci aspetti un bel futuro dal punto di vista alimentare. 

Bini – Hai ragione Marcello, ma bisogna considerare che siamo di fronte a due diverse emergenze: la sicurezza alimentare, che guarda alla quantità di cibo da produrre per soddisfate la crescente domanda mondiale (la cosiddetta food security), e alla qualità del cibo prodotto (la cosiddetta food safety), un cibo cioè che sia buono, pulito e giusto, come chiede Slow Food. Ecco il punto cruciale, allora: se il suolo è buono e pulito, anche le piante che vi crescono sono buone, e anche il cibo prodotto è buono. Suolo buono significa suolo di buona qualità (fisica, chimica e biologica), e adatto a far crescere piante che a loro volta producano buon cibo. Per esempio, le patate prodotte a Sospirolo (Belluno) sono DOP, anche se non particolarmente ricche di selenio, un efficace antiossidante, la cui presenza nel suolo spiega il basso numero di tumori nelle popolazioni del nord Europa, in particolare in Scandinavia. Suolo pulito significa suolo nel quale non si trovano sostanze tossiche che in qualche modo possono essere trasferite alle piante ed entrare così nella catena alimentare. Se ad esempio si esamina il caso del riso coltivato con acque ricche in arsenico, come in Pakistan e Bangladesh, il numero di casi di tumore è altissimo; in Italia, per fortuna, non ci sono situazioni simili, anche se in Veneto il tenore di As nel suolo è al di sopra delle norme vigenti (10 mg/Kg).
Nel Vangelo si legge la parola di Gesù “chi è senza peccato scagli la prima pietra”: chi di noi non ha gettato in terra (anzi, sul suolo o nel suolo) una batteria (magari al nickel-cadmio), o versato un barattolo di vernice (magari al piombo), o cucinato succulenti pomodori in tegami di alluminio? Sono solo alcuni esempi di rischio alimentare legato ad ignoranza (nel senso originario di non sapere) o inciviltà, di questi tempi assai diffusa! 

Pagliai – Non c’è dubbio che in questo momento ci troviamo nel bel mezzo di una crisi climatica che causa violente precipitazioni in un brevissimo tempo che, trovando un territorio degradato, senza una rete efficiente di regimazione idrica e in vaste aree cementificato, causano gravi fenomeni di dissesto idrogeologico. A questi violenti nubifragi seguono poi lunghi periodi di siccità che compromettono sia la quantità, sia la qualità delle produzioni agricole. In questo contesto quali possono essere i riflessi sulla qualità del cibo considerando anche che l’impatto sulla qualità e quantità di una risorsa essenziale come l’acqua è notevole visto che si stima che circa il 70% dell’acqua potabile venga utilizzato in agricoltura per l’irrigazione che sarà sempre più necessaria.

Bini – Già, l’acqua. È questo un punto cruciale: se è troppa fa danni, come accaduto recentemente in Emilia-Romagna ed altrove, con alluvioni, allagamenti e frane; se è poca, come accade spesso in Italia meridionale ed in particolare in Sicilia, provoca siccità e rischio di salinizzazione dei terreni, con notevoli problemi per la produzione agricola, in termini di quantità ma anche di qualità. L’acqua, insieme con le polveri atmosferiche, è il principale mezzo che può veicolare sostanze disciolte o in sospensione, ed il suolo è il principale ricettore di tali sostanze, siano esse elementi nutritivi o composti potenzialmente tossici. Il suolo, da parte sua, è un corpo naturale vivente, non solo per la miriade di microrganismi che lo popolano, ma anche per le numerose reazioni che si verificano al suo interno, con scambi di energia e materia, trasformazioni e traslocazioni di minerali.  L’acqua, potremmo dire, è la madre di tutte le reazioni, e dunque per il suolo, così come per le piante e gli animali (compresi noi umani) è l’elemento vitale. Attraverso le sottili fratture e la rete di pori degli aggregati (quel microcosmo che hai studiato per una vita) penetra negli strati più profondi del terreno, deposita i componenti in sospensione e solubilizza i composti presenti; con la risalita capillare alimenta le radici delle piante, nel bene con gli elementi nutritivi e nel male con quelli tossici. Questi sono più numerosi di quelli che si immaginava alcuni anni fa …. ma questa è un’altra storia!   

Pagliai – Storia un tantino preoccupante anche perché è del tutto evidente che una corretta alimentazione con cibi di qualità è fondamentale per la salute umana, ma anche la qualità della vita gioca un ruolo importante nel determinare lo stato di salute di una persona. È stato dimostrato che le piante sono essenziali per migliorare proprio la qualità della vita. Siamo in un periodo di grandi innovazioni, come l’agricoltura di precisione, ad esempio; quale contributo possono dare per migliorare proprio la qualità del cibo? 

Bini – L’agricoltura di precisione, così come la “digital farming” prevista in Agricoltura 5.0, è fondamentale per una moderna conduzione aziendale, permette di limitare all’essenziale l’uso di fertilizzanti e fitofarmaci e quindi di evitare l’accumulo di sostanze potenzialmente tossiche sia nel terreno che nelle piante, ed inoltre la migrazione con l’acqua vero le falde più profonde. Nel passato non troppo lontano l’agricoltura è stata in parte responsabile dell’inquinamento dei suoli e delle acque, ed in particolare dell’eutrofizzazione dovuta alle perdite di fosforo ed azoto per erosione e lisciviazione del terreno, somministrati in eccessiva quantità. Le varie direttive in materia di nutrienti e fitofarmaci hanno comunque ridotto i consumi di questi prodotti in agricoltura, ma rimangono ancora sacche di resistenza ad ammettere la loro degradabilità e tossicità, anche da parte di quelle Autorità europee così attente alla transizione ecologica. Il ritorno a condizioni più naturali, come previsto anche dalla recente “Nature Restoration Law” della EC, certamente. può contribuire al miglioramento della qualità della vita. Da questo punto di vista, le piante possono giocare un ruolo fondamentale, con la loro capacità di assorbire, con gli elementi nutritivi, anche quelli potenzialmente tossici. Esistono infatti numerose specie, dette “accumulatrici” (ad oggi se ne contano oltre 700, fra le quali numerose Brassicacee), capaci di accumulare metalli nei loro organi epigei, e molte altre nelle radici (dette “escluditrici”). Per le seconde il rischio alimentare (e quindi la salute umana) è ridotto al consumo delle parti ipogee, ad esempio, patate o carote), mentre per le prime è più alto: ho sperimentato personalmente l’accumulo di cromo (fino a 10.000 ppm) in terreni del vicentino coltivati con insalata: quanto di questo cromo è trasferito alle piante e consumato sulle tavole? Una piccola pianta ornamentale, la Calendula, raccolta in un oliveto del Chianti ha mostrati chiari sintomi di citotossicità per accumulo di cromo, così come il comune Tarassaco (talora bollito e consumato in famiglia) accumula metalli negli organi epigei. Un’altra pianta, endemica delle rocce verdi, Alyssum bertolonii, è noto come iper-accumulatore di nichel (fino a 2500 ppm): se un animale lo consuma, la catena alimentare è a rischio. Il tallio, micidiale veleno topicida, è servito ad uno squilibrato per uccidere i parenti in Lombardia, con una tisana di erbe. L’alloro utilizzato in cucina, se di origine non certa (ad esempio di provenienza est-europea o asiatica, dove i controlli sui trattamenti sono presso che assenti), può presentare un elevato rischio, essendo nota pianta accumulatrice, soprattutto di polveri atmosferiche più o meno inquinate, tanto che è stato impiegato in alcuni viali fiorentini con funzioni anti-inquinamento.
Numerosi sono altri esempi di rischio alimentare per il consumo di piante, ma anche di animali: in laguna di Venezia, uno dei siti maggiormente inquinati da svariati metalli e composti organici, i miei colleghi hanno trovato elevati tassi di Pb, Cd, Hg ed altri elementi nelle piante acquatiche (es. Ulva) ma anche nei tessuti di molluschi (ostriche, vongole, mitili) e pesci allevati in laguna e comunemente consumati: dall’agricoltura alla molluschicoltura ed alla itticoltura il rischio alimentare è sempre in agguato!