Green Deal, non è tutto verde quello che luccica

di Giulia Bartalozzi
  • 29 June 2022

"Nuova PAC e strategie correlate", questo il tema affrontato in una tavola rotonda che si è svolta a Firenze lo scorso 27 giugno, organizzata dall'Accademia dei Georgofili. Alla luce delle conseguenze della guerra in Ucraina e di una delle più severe siccità degli ultimi anni, è necessario interrogarsi ed analizzare realisticamente le due strategie del Green Deal europeo, ovvero la strategia Farm to Fork e Biodiversity, per capire se gli obiettivi prefissati sono realizzabili e, soprattutto, come andranno ad impattare sulla produzione agricola e zootecnica. Alla tavola rotonda sono intervenuti Aldo Ferrero dell'Università di Torino, Massimo Tagliavini della Libera Università di Bolzano e Presidente AISSA, Giuseppe Bertoni dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e Davide Viaggi dell'Università di Bologna. Ha moderato Ivano Valmori, Ceo di Image Line, con il quale facciamo il punto su quanto emerso dal dibattito. 

Ivano, tu sei un georgofilo ma anche un giornalista: la categoria di coloro che fanno (o dovrebbero fare) informazione non è uscita benissimo dalle considerazioni della tavola rotonda. Tutti hanno concordato che la maggioranza dei mass media passano una visione irreale, cioè bucolica, dell'agricoltura che influenza erroneamente i consumatori e quindi anche i decisori politici. Come correggere il tiro, se è possibile?
Il problema di base è che la preparazione tecnica media di chi comunica l’agricoltura, soprattutto nei mezzi di diffusione a largo raggio (come i talk show televisivi serali…) è pressoché nulla. Esistono quattro grandi gruppi di “comunicatori dei fatti agricoli” alla massa: da una parte ci sono i “grandi giornalisti” che si occupano di problematiche politiche e di fatti di cronaca che, ovviamente, conoscono l’agricoltura per il semplice “ricordo famigliare” (ricordo che fino a 50 anni fa chiunque aveva un parente agricoltore e sapeva che il pane si produce con la farina ottenuta dal grano…). Quando questi giornalisti parlano di agricoltura… sicuramente ci sono problemi enormi da condividere con i lettori (dalla imminente crisi del grano, alla siccità, alle cavallette…); dall’altra abbiamo una serie infinita di free-lance che, con un compenso che varia da 2,5 a 10 euro al pezzo, deve trasferire concetti sull’agricoltura, normalmente frutto di copia/incolla da comunicati stampa… Mille notizie con poco approfondimento… che non fanno notizia; un altro gruppo è quello dei cuochi/chef/cucinieri per i quali l’agricoltura è mera produzione di alimenti da usare come ingredienti; l’ultimo gruppo di comunicatori che parla di agricoltura sono quelli legati al filone “indagine scandalistica” per i quali vale sempre la massima: fa molto più rumore (e audience…) un albero che cade rispetto ad una foresta che cresce. In questo caso si parla di scandali, furbetti, finto bio, inquinamenti, speculazioni…
Manca la parte di “comunicazione tecnico-scientifica” dell’agricoltura alla massa e, diciamocelo, forse non interessa neanche più alla massa sapere di agricoltura. Meglio parlare di tecnologia, di metaverso, di gossip, dell’ultima trovata per l’automotive green… tanto il cibo c’è ed è anche buono e di qualità. Come si fa e i problemi che attanagliano chi produce… non interessa!

Tutti i relatori, concentrandosi ognuno su aspetti diversi del problema, in base al loro tipo di interesse e di studi (agronomia, frutticoltura, zootecnia, economia) hanno evidenziato che il rischio di una transizione verde in Europa così come attualmente pianificata dalla PAC, rischierebbe di ridurre considerevolmente alcune produzioni e aumentare altrettanto considerevolmente alcuni prezzi. Che idea ti sei fatto?
La politica ragiona (e si espone) solo in funzione dei voti che potenzialmente riceve. E’ assolutamente comunicabile che ti stai spendendo per la riduzione del 50% dell’uso degli agrofarmaci e per portare le superfici a biologico al 25% delle aree agricole totali entro il 2030. Il 97% dei cittadini votanti ti appoggia e sottoscrive. Ma non sa come è cambiato il panorama dei prodotti utilizzati in agricoltura (si ricorda ancora l’so del DDT ma non sa cos’è un insetticida IGR…) o che le produzioni biologiche, per potere essere protette con prodotti di origine naturale, consumano molti più agrofarmaci delle altre. Questi sono problemi tecnici che affronteranno i produttori agricoli (ora circa il 3% della popolazione europea…).

Altro problema importante emerso è costituito dai limiti "territoriali" della PAC in un mondo che va pensato globalmente, ovvero, stando a quanto riportato dai relatori, se consideriamo l'impatto mondiale del Green Deal sulla sicurezza alimentare, esso porterà decine di milioni di persone più di adesso a non essere in grado di nutrirsi a sufficienza. E inoltre: ridurre un certo tipo di produzioni in Europa per importarle, significherà esportare le ricadute ambientali negative in altri Paesi i quali, non avendo lo stesso sviluppo tecnologico dell'Europa, impatteranno maggiormente sulla produzione di gas serra a livello globale. Un po' come lasciar fare il lavoro sporco a qualcun altro, senza considerare che la sporcizia è di tutti ... come è possibile aver raggiunto decisioni politiche così miopi e poco attente ai dati della ricerca?
L’idea è quella di trasformare sempre di più l’Europa nel giardino del mondo, dove si fa tutto per la tutela dell’ambiente e del territorio, senza avere ben chiaro che nel 2030 ci saranno oltre un miliardo di persone in più da sfamare. I dati condivisi questa mattina hanno evidenziato che questa miopia porterà ad avere problemi di approvvigionamento per oltre 100 milioni di persone in più rispetto ad ora e la perdita di oltre 6 milioni di ettari agricoli che, grazie al Green Deal non potranno più essere messi a coltura (una estensione pari alla metà della SAU italiana) ed un aumento medio dei prezzi del 13%. Ma se vorremo mangiare saremo costretti ad approvvigionarsi con prodotti alimentari che arriveranno dalle altre aree produttive della Terra, dove potranno utilizzare tecniche di produzione che in Europa non potremmo più usare.
Faremo come sta facendo l’Italia con gli OGM… in Italia non si possono coltivare, ma si possono mangiare! La soia, ad esempio, viene importata per oltre l’80% del nostro fabbisogno dall’estero.  Stati Uniti, Brasile, Argentina sono i tre paesi che producono l’82% la produzione globale di soia e in questi paesi la soia è OGM…). In pratica nel nostro giardino Zen… già oggi mangiamo alimenti prodotti con le tecniche che non vogliamo usare in Europa.

Il Presidente dell'Accademia dei Georgofili, alla fine della giornata ha chiesto ai quattro relatori di sintetizzare ciascuno in dieci righe le modifiche alla PAC suggerite dalle loro analisi, perché è opportuno che gli scienziati ribattano sempre su certi temi finché non vengono ascoltati. Sei d'accordo? Provi a indovinare quali saranno le priorità evidenziate?
Sono assolutamente d’accordo. No, non provo ad indovinare… altrimenti cadrei nell’errore tipico di molti comunicatori: parlare senza essere titolati per farlo. Aldo Ferrero, Massimo Tagliavini, Giuseppe Bertoni e Davide Viaggi forniranno una serie di spunti e riflessioni che l’Accademia condividerà in ambito politico ed istituzionale. Sono certo però dell’impostazione: no ai sensazionalismi, no alle facili soluzioni ma ampio spazio a coerenza, scienza e conoscenza… nella piena consapevolezza che anche in ambito Green Deal non è possibile “volere la botte piena e la moglie ubriaca”