L’archeogenomica svela la storia delle relazioni uomo/animale

di Elena Ciani e Dario Cianci
  • 08 April 2015
Le analisi del materiale archeologico possono dare un grande contributo agli studi sulla storia evolutiva dell’uomo, degli animali e delle loro relazioni. L’identificazione degli stili di vita, degli insediamenti, dei flussi di migrazione umana, delle lavorazioni dei prodotti di origine animale e delle tecniche di caccia e di allevamento, possono aiutare nella ricostruzione dei centri di domesticazione, degli scenari del pastoralismo preistorico e storico, e dell’origine e degli eventi che hanno plasmato i profili genetici delle attuali popolazioni zootecniche autoctone e le derivate tradizioni di consumo degli alimenti di origine animale. Lo studio dei reperti archeologici inerenti l’allevamento, la macellazione e la trasformazione dei prodotti delle specie di interesse zootecnico può contribuire a fornire elementi conoscitivi preziosi nella ricostruzione di aspetti storico-economico sociali delle civiltà del passato.
Fino a pochi anni addietro le ipotesi sui processi evolutivi erano formulate sulla base di informazioni morfologiche (osservazioni su struttura e fratture presenti in scheletri animali e sull’usura dei denti), chimiche e poi anche fisiche (soprattutto diffrazione a raggi X, spettroscopia a raggi infrarossi, tomografia assiale computerizzata, datazione al carbonio 14) ottenute da reperti archeologici. Nell’ultimo decennio lo studio del DNA su reperti antichi, ha compiuto notevoli passi soprattutto con le nuove tecnologie molecolari che hanno offerto la possibilità di massimizzare la mole di sequenze di DNA ottenibili da quantità limitate di materiale antico, che forniscono un notevole contributo alla comprensione dei cambiamenti genetici avvenuti nei secoli poiché consentono un’osservazione diretta del fenomeno. 
La zoo-archeogenomica è l’insieme degli indirizzi di ricerca che integrano competenze scientifiche di archeologia, genetica, biologia molecolare, chimica, biomatematica e bio-informatica per lo studio del rapporto tra uomo e specie animali. Originata dalla paleontologia, la zooarcheologia negli ultimi anni si è dedicata con più attenzione alla comprensione della storia evolutiva delle razze autoctone. Le analisi del DNA nucleare e mitocondriale (mtDNA), già correntemente applicate in altri ambiti scientifici, avevano severe limitazioni in campo archeologico, soprattutto per la difficile applicabilità al materiale biologico antico. Le nuove tecniche di sequenziamento permettono oggi di studiare anche il DNA di reperti archeologici ed hanno portato ad una migliore comprensione delle dinamiche evolutive; le opportunità di indagine sono ampie, perché possono essere sviluppate anche su reperti archeologici molto antichi (ossa e denti), attraverso il sequenziamento di geni e/o l’identificazione di polimorfismi di marcatori del DNA localizzati sugli autosomi (ad eredità bi parentale), sul cromosoma Y (ad eredità paterna), sul mtDNA (ad eredità materna). Quest’ultimo, per la sua presenza in molte copie per cellula (che rende più facile il ricupero da reperti archeologici), per l’assenza di ricombinazione (che rende complessa la ricostruzione filogenetica) e per il tasso di mutazione almeno dieci volte superiore al quello del DNA, è largamente impiegato negli studi filogenetici. 
Di grandissimo interesse sono le ricostruzioni filogenetiche consentite dalle analisi del mtDNA, che permettono di identificare la specie di un reperto e le relazioni genetiche tra reperti della stessa specie nonché le relazioni evoluzionistiche tra specie animali selvatiche e domestiche a vari livelli tassonomici (individui, razze, gruppi di razze, specie ecc.). Grazie allo studio del mtDNA possono essere individuati; anche fenomeni di admixture, quali nei quelli evidenziati a carico di bovini africani, caratterizzati dalla presenza di linee materne di origine taurina, ma per i quali l’analisi di marcatori nucleari ha rivelato una significativa componente zebuina (non identificata mediante l’uso di mtDNA) ascrivibile all’introduzione dall’Asia di riproduttori di sesso maschile di origine zebuina. Anche l’analisi delle linee mitocondriali negli ovini antichi ha rivelato l’influenza di popolazioni ovine orientali e può, pertanto, facilitare la ricostruzione di antiche rotte di migrazione.
Ma il mtDNA è trasmesso esclusivamente per via materna ed è perciò un archivio della storia femminile ed è pertanto di scarso aiuto quando si intendano studiare fenomeni di introgressione realizzati per via paterna; alcuni autori sottolineano perciò l’opportunità di adottare marcatori a trasmissione bi-parentale in quanto offrono una migliore informazione sulla storia evolutiva delle popolazioni. L’amplificazione genome-wide di DNA, combinata a tecniche ad alta processività, ha consentito il sequenziamento di interi genomi mitocondriali e nucleari da campioni antichi di specie diverse. L’analisi del DNA antico resta comunque una procedura complessa e notevoli precauzioni devono essere adottate, tra l’altro, per contenere i rischi di contaminazione da DNA moderno.
Lo studio della diversità genetica antica delle specie zootecniche permette di ricostruire la storia evolutiva e demografica delle razze attuali, di capirne in modo più approfondito la attuale struttura genetica, di gestirne in maniera ottimale la diversità genetica esistente, di riconoscere gli effetti di eventi passati di selezione ambientale e antropica sul genoma e di favorire, quindi, l’identificazione di regioni con potenziale significato funzionale. 


Archeogenomics reveals the history of human/animal relations

The study of archaeological finds pertaining breeding, butchering, and the processing of livestock may contribute important information to reconstruct historical and social economic aspects of past civilizations. Until a few years ago, theories on evolution were formulated on the basis of chemical, physical, (mainly X-ray diffraction, infrared spectroscopy, computed tomography, and carbon-14 dating) and morphological (the observations on the structure and fractures in animal skeletons and on teeth wear) information from archaeological finds. In the last decade, DNA studies of ancient relics have made significant progress especially with the new molecular technologies. They offer the potential for maximizing the bulk of DNA sequences that can be obtained from limited quantities of ancient material, making a significant contribution to understanding the genetic changes that have occurred over the centuries as they allow direct observation of the phenomenon.