L’agricoltura fuori suolo e le sue potenzialità

Intervista all'Accademico Antonio Ferrante, professore ordinario di Orticoltura e Floricoltura all'Università di Milano

di Giulia Bartalozzi
  • 27 April 2022

Professore Ferrante, si sta sempre più diffondendo sia in Italia che a livello globale l'agricoltura fuori suolo, ovvero idroponica, aeroponica e acquaponica. Ci può spiegare le differenze tra queste tre tipologie e quali sono a suo avviso i motivi di questa tendenza?
I sistemi di coltivazione fuori suolo o idroponici sono spesso utilizzati come sinonimi dove le piante hanno le radici all’interno di substrati colturali o di soluzioni nutritive o sospese in aria. Nelle coltivazioni fuori suolo le piante non hanno le radici nel terreno ma in substrati organici o inorganici come ad esempio torba o perlite. Questi substrati hanno solo la funzione di sostegno delle piante, mentre la nutrizione viene effettuata mediante fertirrigazione, ossia l’acqua è un vettore per la distribuzione degli elementi nutritivi mediante sistemi di microirrigazione. Le coltivazioni idroponiche derivano dalla parola idroponica di origine greca: "hidro” acqua e “ponos”, che significa lavoro, ossia il lavoro dell’acqua per la coltivazione delle piante. Le piante hanno le radici immerse nella soluzione nutritiva ed esempi di questi sistemi di coltivazione sono il floating system e Nutrient Film Technique (NFT). L’aeroponica è sempre un sistema idroponico dove le piante hanno le radici sospese nell’aria e l’apporto di nutrienti e di acqua avviene mediante una soluzione nutritiva che viene nebulizzata attraverso ugelli direttamente sulle radici.
L’acquaponica è una combinazione di un sistema idroponico e di un sistema per l’allevamento dei pesci. I due sistemi sono integrati e l’acqua dell’allevamento dei pesci con i suoi residui organici e nutrienti viene filtrata e inviata in un sistema idroponico per la nutrizione delle piante.
I sistemi idroponici si stanno diffondendo soprattutto per la produzione di ortaggi con la possibilità di aumentare l’efficienza d’uso dell’acqua e dei nutrienti. Nei contesti urbani per l’assenza del terreno agrario diventano la sola opzione possibile, così come le coltivazioni indoor o in vertical farm

Dove si trovano gli impianti più grandi di agricoltura fuori suolo e come sono organizzati i loro sistemi produttivi? Che tipo di tecnologie applicano?
I sistemi idroponici possono essere molto semplici o altamente complessi. Nell’area Mediterranea in genere sono molto semplici e a bassa tecnologia come, ad esempio, quelli in Almeria nel Sud della Spagna o tecnologicamente avanzati come quelli diffusi nei paesi del Nord Europa. In Olanda tutte le coltivazioni idroponiche in serra sono a ciclo chiuso, con il riutilizzo delle soluzioni nutritive con notevole risparmio di acqua e nutrienti. I sistemi idroponici a ciclo chiuso prevedono un controllo costante del pH e della conducibilità elettrica per la gestione delle soluzioni nutritive. Le soluzioni prima di essere riutilizzate devono essere opportunamente disinfettate per evitare che eventuali malattie si possano diffondere su tutta l’area coltivata. I sistemi idroponici a ciclo chiuso più utilizzati sono quelli con substrato e recupero del drenato oppure tipo NFT o aeroponica. 

Dovesse sintetizzare svantaggi e vantaggi di questo tipo di agricoltura che cosa direbbe? È vero che ci sono rischi per la biodiversità e che i sapori non sono gli stessi della coltivazione tradizionale?
I vantaggi dei sistemi idroponici o fuori suolo sono rappresentati dalla possibilità di poter coltivare anche dove non è disponibile il terreno. Inoltre, la combinazione di sistemi idroponici e coltivazione in serra permettono di poter produrre ovunque anche in ambienti estremi come le aree desertiche e predesertiche o in ambienti molto freddi del Nord ed Est Europa. Da un punto di vista economico, le coltivazioni sono limitate solo a quelle colture che permettono di rientrare con i maggiori costi d’impianto e di gestione riducendo così la biodiversità delle specie coltivabili. I prodotti ottenuti con questi sistemi devono avere dei prezzi più elevati e analogamente la qualità deve essere superiore. Tuttavia, non è sempre così, infatti la qualità è il risultato della coltivazione in condizioni ottimali o subottimali. Ad esempio un melone coltivato in idroponica durante il periodo invernale raggiunge una elevata qualità, mentre quando prodotto in serra durante il periodo primavera/estate, può avere una qualità inferiore a causa della crescita veloce che comporta minor accumulo di zucchero. Quindi in conclusione, la qualità elevata è funzione di una adeguata gestione dell’ambiente e della nutrizione della coltura. 

Nell'ottica di un’agricoltura che deve essere sostenibile sui tre livelli (ambientale, economico e sociale) come si colloca l'agricoltura fuori suolo?
I sistemi idroponici possono essere sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Tuttavia, questa triplice sostenibilità può essere ottenuta solo per alcune specie e in determinati contesti geografici. La sostenibilità economica è sicuramente essenziale e deve essere la prima ad essere soddisfatta altrimenti nessun investimento e sistema produttivo può rimanere sul mercato. I sistemi idroponici economicamente sostenibili lo devono essere anche dal punto di vista ambientale, ad esempio preferire i sistemi a ciclo chiuso dove l’acqua e gli elementi nutritivi non vengono immessi nell’ambiente riducendo l’impatto ambientale. Infine, la sostenibilità sociale può anche essere prioritaria e compensare quella economica ed ambientale. Per esempio, pensiamo ai sistemi idroponici semplificati utilizzati per la coltivazione di ortaggio in ambiente urbano dove l’aspetto più importante è il coinvolgimento delle persone e spesso sono anziani e/o disabili.
In generale, i sistemi idroponici si collocano in una fascia intermedia nella scala della sostenibilità. Tuttavia, la gestione della coltivazione e il sistema idroponico utilizzato può spostare la sostenibilità della produzione verso una forma di sostenibilità piuttosto che un’altra.