Innovazione organizzativa per la competitività dell’agricoltura

di Alessandro Pacciani
  • 21 May 2014
L’innovazione è tema trasversale a tutte le politiche nell’ambito della Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Anche l’innovazione dell’organizzazione economica delle imprese agricole è chiamata in causa per far fronte alla loro competitività in un mercato globale, nel quale la forbice produzione-consumo tende ad allargarsi, e al loro posizionamento di driver dello sviluppo sostenibile delle aree rurali.
E’ ben noto infatti che uno dei limiti allo sviluppo e alla crescita dell’agricoltura italiana sta nel suo  basso potere contrattuale nei rapporti di mercato, conseguente  alla piccola dimensione delle imprese agricole e alla loro organizzazione economica ancora debole.
Con la riforma della PAC e delle altre politiche strutturali per il post 2014, l’organizzazione economica dell’agricoltura assume una rilevanza strategica per migliorare i livelli di competitività delle imprese. Per comprenderne la portata occorre una lettura e una interpretazione correlata dei Regolamenti che riguardano i Pagamenti diretti e l’OCM unica (I pilastro della PAC-FEAGA), lo Sviluppo Rurale (II pilastro della PAC-FEASR), il Quadro Strategico Comune (QSC) degli ESI Funds (Fondi d’investimento (FEASR, FEAMP) e Fondi strutturali (FESR, FC, FSE).
Tali Regolamenti chiamano in causa, direttamente o indirettamente, idonee soluzioni organizzative, di tipo cooperativo in senso lato, tra le imprese agricole, nei loro rapporti di filiera, nel loro concorso allo sviluppo rurale.
Rispetto al precedente periodo di programmazione si registrano molte conferme di modelli organizzativi che vanno dalle Organizzazioni di Produttori (OP) e delle loro Associazioni (AOP), alle Organizzazioni Interprofessionali (OI),alle Cooperative. Si introducono anche modelli organizzativi innovativi quali le “Reti” e i “Poli”. Si conferma e si rafforza  la metodologia LEADER, estesa anche alle aree urbane, con il collegamento a quanto previsto dal Reg. sul QSC sullo “Sviluppo locale di tipo Partecipativo”.
La formazione di un reticolo efficiente di una molteplicità di modelli di organizzazione economica delle imprese agricole è fondamentale  non solo per recuperare potere contrattuale alle imprese stesse, ma risponde coerentemente ai problemi che derivano dalla liberalizzazione dei mercati e dall’esigenza di incrementare la produzione (food- security), dalla trasformazione dei rapporti intersettoriali nel sistema agribusiness e lo spostamento verso la distribuzione del potere contrattuale, dai cambiamenti delle modalità di consumo e delle preferenze dei consumatori (food safety), dalle nuove istanze poste dalla necessità di meglio raggiungere tanto i mercati locali che quelli globali, dal rafforzamento della “qualità” delle produzioni, dall’abbattimento dei costi di produzione, dalla volatilità e dall’instabilità dei prezzi in un mercato liberalizzato e dalla gestione dei rischi. Per ciascuno di questi problemi vi sono soluzioni organizzative idonee.
Rispetto alle molteplici opportunità in tema di organizzazione economica la situazione italiana presenta un  quadro generale ancora oggi inadeguato rispetto alle esigenze di un’agricoltura competitiva.
In particolare permangono forti dualismi della tradizionale cooperazione nella distribuzione territoriale, tra nord, centro e sud  e  tra comparti produttivi, pur contando casi di successo e la positiva integrazione di funzioni con le OP in alcuni comparti.
Le stesse OP e relative AOP presentano consistenze, distribuzione e risultati non sempre in linea con le aspettative, nonostante i reiterati  appelli dell’UE a recuperare il ritardo. Più strutturate e consolidate risultano le OP ortofrutticole in virtù di un sostegno pubblico legato a concreti programmi operativi e alla costituzione di fondi di esercizio partecipati dagli associati, che hanno consentito strategie stabili, estesi ora anche alle OP e AOP degli altri comparti.
La pratica degli i “accordi interprofessionali”, ha sempre dato risultati discontinui nel tempo e tra le diverse Regioni. La recente normativa sembra consentire un più definito e cogente inquadramento dei rapporti tra le parti contraenti 
Le difficoltà delle OI ad affermarsi derivano probabilmente dalle sacche ancora esistenti, nel territorio e nei diversi comparti, di forme non consolidate di  integrazione orizzontale tra le imprese agricole
I Contratti di rete, nonostante le forti aspettative, stanno entrando lentamente nella prassi organizzativa tra le imprese agricole. Qualche stimolo concreto verrà dalla  introduzione del nuovo strumento di “job sharing”( condivisione del lavoro)
I PIF e i PIT, introdotti nel precedente periodo di programmazione, hanno trovato attuazione molto differenziata per finalità nei PSR delle Regioni
I Contratti di filiera (Interregionali) e di Distretto (qualora riconosciuti dalle Regioni) si sono arenati col venir meno del supporto finanziario, ora ripristinato.
Un quadro generale dell’organizzazione economica italiana che necessita di una rivisitazione complessiva alla luce delle riforme delle politiche strutturali avanti richiamate, alla condizione che finalmente si concretizzino strategie comuni tra le Centrali cooperative e le OO.PP agricole per una cooperazione a tutto campo.


Cooperare, anche gli asini lo hanno capito!