Coronavirus e la terza via del gusto

di Giovanni Ballarini
  • 06 October 2021

Per i sensi ci accorgiamo della loro importanza quando li perdiamo o anche solo se diminuisce la loro efficacia, come dimostra la diffusione degli occhiali per la vista e degli apparecchi acustici per l’udito. Per il senso del gusto ce ne siamo accorti nella recente epidemia da coronavirus, quando questo virus migra attraverso le terminazioni nervose olfattive e raggiunge i centri orbitali frontali determinando la diminuzione fino alla perdita dell’olfatto e dei sapori, anche in soggetti positivi al tampone e in assenza di altri sintomi di malattia. L’epitelio olfattivo ospita anche terminazioni del nervo trigemino attraverso le quali il virus sembra raggiungere il cervello portando alla ribalta l’importanza della via trigeminale del gusto.
Tre sono le vie biologiche delle sensazioni gustative. La prima è quella orale con in ricettori che permettono di percepire i sapori di dolce, amaro, salato, acido e umami. La seconda via è quella olfattiva o gustolfattiva o del retrogusto che permette d’apprezzare un gran numero, circa quattrocento, di diversi odori e aromi. Una terza via spesso ignorata e quasi misconosciuta di apprezzamento delle componenti chimiche e fisiche che contribuiscono alla percezione del gusto degli alimenti riguarda il nervo trigemino, un costituente del sistema olfattivo e del gusto anatomicamente indi pendente da entrambi. Questo nervo nei suoi tre rami, e da qui la denominazione, è costituito prevalentemente da fibre sensitive che raccoglie gli stimoli anche del naso e della lingua, utilizzando recettori specializzati sensibili per stimoli irritanti e dolorosi, dando origine a un "senso chemestetico" che consente di rilevare mole-cole che inducono sensazioni pungenti di bruciore o irritanti, capaci di alterare altre informazioni sensoriali come gusto e odore e quindi influenzando il sapore di cibi e bevande (Amanda H. Klein - The orotrigeminal system - Handb Clin Neurol, 164, 205-216, 2019). È su questa associazione che si basa il successo in tutte le cucine del mondo di molecole gustative “piccanti” come la capsaicina dei peperoncini, la piperina dei diversi tipi di pepe, i vari tipi di isosolfocianato e isotiocianato del rafano, senape, wasabi e in alcune rape o rapanelli, i gingeroli dello zenzero, l'allicina dell'aglio, cipolla, scalogno e altre piante similari. Una sensazione affine al piccante è quella di fresco mentolato, causato dal mentolo che stimola i recettori del freddo. Sulla biologia delle molecole piccanti, per la capsaicina dei peperoncini si ritiene abbia un ruolo nella protezione dai mammiferi predatori, mentre gli uccelli ne sono indifferenti e fungono da vettori per la dispersione dei semi, e in modo analogo è per le altre molecole piccanti (Sven-Eric Jordt, David Julius - Molecular basis for species-specific sensitivity to "hot" chili peppers – Cell., Feb 8, 108(3), 421-430, 2002). Nella specie umana l’attività piccante è usata soprattutto come stimolante di attività sensitive di altre molecole e nella costruzione di costruzioni gustative complesse come quella, nella cucina precolombiana, del peperoncino associato alla cioccolata.
Gli studi sul gusto sembrano sottovalutare la grande importanza del sistema trigeminale con le sue diverse sensibilità e quando gli alimenti e le bevande ingeriti sollecitano le terminazioni del nervo trigemino nella mucosa della bocca e del naso. Per esempio il successo dei vini e delle bevande gassaste è la conseguenza del loro sapore combinato al piacere prodotto da un leggero pizzicore al naso e dal loro effetto rinfrescante dovuti all'eccitazione del nervo trigemino. La stimolazione del trigemino a livello orale e soprattutto nasale aumenta l’apprezzamento dai sapori e degli aromi anche se presenti a concentrazioni molto basse e il sistema gustativo del trigemino, anche se soggetto a stimoli prolungati, non va incontro ad assuefazione ma a particolari sensibilizzazioni. La sensazione determinata dalla capsaicina o dalla piperina aumenta in una seconda somministrazione separata dalla prima da un brevissimo intervallo di tempo (un minuto), ma se lo stimolo è somministrato a intervalli di tempo più lunghi (almeno tre minuti) si osserva una desensibilizzazione con riduzione della risposta.
Il danno all'apparato gustolfattivo provocato dal coronavirus, pur impedendo totalmente o parzialmente la percezione degli odori, sembra lasciare la capacità di avvertire l'odore pungente dell'ammoniaca e della trementina e la sensazione di freschezza della menta e dell’anidride carbonica delle bollicine delle bevande frizzanti, stimoli tipicamente trigeminali. Oggi le stimolazioni gustolfattive trigeminali sono usate nelle diagnosi dell’infezione da coronavirus e nella riabilitazione del senso del gusto in coloro che hanno superato l’infezione e la malattia. La sensibilità trigeminale è infatti importante perché è un meccanismo di protezione e di allerta che ampia la molteplicità degli stimoli che contribuiscono al piacere di mangiare (Holley A. - Il cervello goloso - trad. it. Bollati Boringhieri, Torino 2009, pag. 96) trasformando i cibi piccanti in piaceri culturali (Ballarini G. - Mostarda, Piacere CulturaleGeorgofili INFO, 5 maggio 2021) e senza dimenticare i godimenti dell’astringenza dei vini rossi e il rinvigorimento degli aromi delle spezie e delle erbe aromatiche delle cucine, iniziando dalla nostra cucina mediterranea.