Le complesse proprietà della chitina, componente dell’esoscheletro degli insetti e degli artropodi

di Mauro Antongiovanni
  • 07 July 2021

La proposta di utilizzare gli insetti come ingrediente proteico nelle diete per gli animali in allevamento sta ricevendo sempre più attenzione, soprattutto in considerazione del fatto che le farine di insetti possono sostituire con pieno successo la classica farina di estrazione di soia, la cui coltivazione è spesso legata ad episodi di deforestazione illegale con tutte le disastrose conseguenze sul clima del nostro pianeta.
È notizia recente che la European Food Safety Authority (EFSA) ha autorizzato l’introduzione sulle nostre tavole delle larve del coleottero Tenebrio molitor, sia essiccate che in farina, definendolo alimento “sicuro”, “safe” nella versione originale in inglese.  La notizia è apparsa anche sulla stampa nazionale e riportata dalla nostra "Georgofili Info", Newsletter del 20 gennaio scorso.
Mangeremo la carne di animali alimentari con farine di insetti e, chi lo vorrà lo potrà fare, mangeremo anche noi, direttamente, manicaretti a base di insetti. In ogni caso, sembra che, dal punto di vista nutraceutico, siano meglio gli insetti adulti delle larve. Vediamo perché.
Uno dei componenti principali dell’esoscheletro degli insetti adulti e degli artropodi è la chitina, un polimero lineare b-1,4 dell’N-acetil-D-glucosammina, (figura 1), insolubile. Se la chitina viene parzialmente deacetilata, come avviene nella digestione di chi se ne alimenta, uomo o animale superiore che sia, si forma un polimero di dimensioni più piccole, il chitosano, molto interessante per le sue modalità di azione biologica. Quest’ultimo subisce ancora un’idrolisi enzimatica e l’ingombro molecolare si riduce tanto da divenire estremamente solubile. Il prodotto finale si identifica con la sigla COS (Chito Oligo Saccaride), facilmente assorbibile. Chitosano e COS sono dei prebiotici riconosciuti, dotati di molteplici proprietà nutraceutiche (Swiatkiewicz, 2015):
- favoriscono i microrganismi intestinali “buoni”;
- il chitosano, grazie alla sua natura di policationico amminico naturale, è un potente antimicrobico verso i “cattivi”;
- il COS, facilmente digeribile ed assorbibile, nel sangue aiuta il trasporto e l’escrezione del colesterolo;
- il COS promuove la differenziazione degli osteoblasti, contribuendo così a limitare i danni da osteoporosi.

Appare interessante ricordare, infine, anche se non legato all’alimentazione, il promettente l’utilizzo della chitina come componente di pellicole di protezione degli alimenti sugli scaffali dei negozi, al posto delle attuali pellicole derivate dal petrolio. Nell’ambito del progetto internazionale “Fedkito”, coordinato dalla prof. Conti dell’Università di Pisa, si stanno testando anche degli spray per proteggere la carne e i prodotti caseari, insieme a dei biosensori capaci di segnalare la presenza di pesticidi e micotossine negli alimenti. È un altro esempio di economia circolare per ricavare la chitina dall’esoscheletro dei gamberi e degli scarti dell’industria della pesca oltre che dagli insetti.

Fonte: Swiatkiewicz S et al., Chitosan and its oligosaccharides derivatives as feed supplements in poultry and swine nutrition. J. Anim Physiol. and Anim. Nutrition, 2014.


Figura 1. La chitina e il chitosano.