Anche l’Italia ha bisogno di una visione a lungo termine per le aree rurali

di Ermanno Comegna
  • 25 November 2020

La scorsa estate, la Commissione europea ha lanciato l’iniziativa sullo sviluppo a lungo termine delle aree rurali che, perlomeno in Italia, non risulta aver suscitato il dibattito che merita. L’idea di rilanciare il territorio rurale è stata formulata autorevolmente dalla Presidente Von der Leyen, la quale, nel suo documento strategico intitolato “Orientamenti politici per la prossima Commissione Europea 2019-2024”, si è così espressa: “Le zone rurali sono il tessuto della nostra società e il cuore pulsante della nostra economia. La varietà di paesaggi, cultura e patrimonio è uno dei principali e più notevoli tratti distintivi dell’Europa. Queste regioni sono una parte fondamentale della nostra identità e del nostro potenziale economico. Avremo a cuore le zone rurali, le tuteleremo e investiremo nel loro futuro”.
La Presidente è stata di parola ed ha avviato un percorso che è iniziato il 22 luglio scorso con la pubblicazione di una Roadmap, con la quale è stata fornita una informativa della iniziativa e dei fondamentali passaggi che la compongono.
Successivamente, all’inizio di settembre, è stata avviata una consultazione pubblica a livello europeo, con la quale si è inteso richiedere ai cittadini, ai portatori di interesse, agli organismi e istituzioni interessate, di rispondere a un corposo questionario, da consegnare entro il 30 novembre 2020.
Nel contempo, sono stati programmati tre eventi pubblici dove l’argomento è stato affrontato e descritto. Sono stati inoltre organizzati dei gruppi tematici all’interno della rete europea sullo sviluppo rurale.
I prossimi appuntamenti in ordine cronologico sono una conferenza programmata per il mese di marzo 2021, nel corso della quale, si ritiene, possano essere illustrati e discussi i risultati della consultazione pubblica e la conclusione di alcuni lavori preparatori affidati a strutture interne ed esterne all’Unione europea (analisi di scenario e previsionali ed altri lavori analitici).
Infine, a coronare questa prima fase preparatoria, ci sarà la pubblicazione di una Comunicazione della Commissione europea sulla visione a lungo termine per le zone rurali, programmata per il secondo trimestre del prossimo anno.
La Comunicazione è uno strumento di fondamentale importanza nell’ambito del cosiddetto “diritto d’iniziativa” della Commissione europea. Lo si è visto di recente con il Green Deal, il Farm to Fork e la Strategia della biodiversità. Con tale documento ufficiale inizia un processo politico che sfocia in atti legislativi ed in decisioni operative destinate ad incidere sui cittadini, le imprese, le Istituzioni e le organizzazioni private.  
Le Comunicazioni sono documenti complessi, con un contenuto strategico dal punto di vista politico che combinano una parte di natura analitica e descrittiva, con la sessione dedicata agli obiettivi di lungo periodo. Un ruolo fondamentale è ricoperto dal piano di azione che impegna le Istituzioni europee competenti ad adottare singole iniziative legislative da mettere in atto, specificando anche un puntuale cronoprogramma.
Ne deriva che, dopo il primo semestre del 2021, inizierà la fase della presentazione da parte dell’esecutivo comunitario delle proposte di legge (regolamenti e direttive) e degli orientamenti, per tradurre nel concreto la strategia sul futuro delle aree rurali.
È molto probabile che tale fase coincida con il processo di revisione a medio termine della PAC 2023-2027; di conseguenza, tra qualche anno, potrebbe iniziare un ulteriore ciclo di riforma per integrare, nell’ambito della politica agricola europea e dei piani strategici nazionali, i principi, gli obiettivi e gli interventi per la strategia per le aree rurali.
Tale tema ritorna ciclicamente all’attenzione della Commissione europea. Nel 1996 è stata firmata la “Dichiarazione di Cork sullo sviluppo rurale” e nel 2016 si è tenuta una seconda conferenza europea che ha portato alla cosiddetta “Dichiarazione di Cork 2.0”, la quale, pur essendo accompagnata da un piano di azione predisposto nel mese di marzo 2017, non sembra aver provocato l’impatto atteso.
Con l’iniziativa del 2020, la Commissione è tornata sulla materia, formulando una tabella di marcia che sembra molto solida e che, salvo imprevisti, dovrebbe portare ad una nuova legislazione europea per il rilancio delle aree rurali.
Ci sono diversi elementi che caratterizzano questa recente iniziativa. Intanto, è prevista una modalità di lavoro condivisa e collegiale tra le Commissioni Agricoltura e Sviluppo regionale, sotto il coordinamento della Vicepresidenza. Inoltre, c’è la volontà di utilizzare in maniera integrata i diversi strumenti politici: la PAC, il fondo per lo sviluppo regionale, il fondo sociale europeo, il fondo di coesione, il fondo della pesca.
In terzo luogo, si parte dalle esigenze specifiche delle zone rurali e dal coinvolgimento di chi vive in tali aree, degli enti locali e regionali, come dimostra l’utilizzo preliminare dello strumento della consultazione pubblica. Infine, c’è una quarta caratteristica sulla quale la Commissione di Bruxelles punta molto e consiste nella volontà di sfruttare non solo il potenziale agricolo e forestale delle aree rurali, ma di mettere in campo una visione di tipo olistico per il futuro delle aree rurali, in modo da promuovere l’occupazione, la crescita, l’inclusione sociale, il ricambio generazionale, sfruttando il potenziale della ricerca, della digitalizzazione e delle infrastrutture di trasporto.
L’iniziativa per la visione delle aree rurali è in una fase preparatoria ed è quindi in questo momento che si rende necessario impegnare le migliori energie in termini di analisi e di proposte, partendo dallo sconfortante presupposto che lo stato delle zone rurali italiane, con particolare riferimento a quelle più periferiche e marginali, è ad un livello allarmante, se non addirittura di irreversibile declino.
Negli ultimi decenni le politiche agricole europee, nazionali e regionali, non sono state in grado di sostenere l’economia dei territori rurali, come dimostra la sostanziale rarefazione delle attività produttive ed il processo di desolante abbandono di una parte cospicua della superficie agricola nazionale.
Ci sono ancora delle aree rurali remote che per fortuite contingenze riescono a sopravvivere, ma i fenomeni dello spopolamento, dell’invecchiamento e della denatalità le rendono assai fragili e con traballanti capacità di tenuta nel medio e lungo termine.
Qualche ragionevole speranza di arrestare e invertire la tendenza bisogna tenacemente coltivarla e la Comunicazione europea sul futuro delle aree rurali rappresenta senz’altro un’occasione per esercitare tale professione di ottimismo.
La vitalità delle zone rurali non può prescindere dalla presenza di un solido tessuto di imprese agricole e forestali, in grado di governare il territorio ed innescare iniziative economiche collaterali: turismo, produzione enogastronomica, valorizzazione della cultura e delle tradizioni locali, produzione di energie rinnovabili.
La sfida fondamentale è di selezionare le misure, gli interventi, le azioni che hanno la maggiore probabilità di risultare virtuose e restituire risultati positivi.
Una delle opzioni potrebbe essere quella di definire un intervento di politica fondiaria nelle aree rurali, allo scopo di favorire la mobilità delle superfici agricole e la costituzione di imprese aventi una massa critica dimensionale ed economica all’altezza dei fabbisogni.
Una seconda soluzione è la revisione di alcuni interventi della politica di sviluppo rurale, indirizzandoli verso le esigenze specifiche delle imprese agricole, forestali, artigianali e di servizi localizzate nelle zone rurali remote. Vi è poi il tema della valorizzazione delle produzioni tradizionali e di qualità e dei patrimoni culturale, paesaggistico, ambientale e architettonico di tali territori, impiegando formule ed approcci innovativi e ingegnosi, in aggiunta a quelli oggi messi in campo.  
In definitiva, l’iniziativa dell’Unione europea per il futuro a lungo termine delle aree rurali (l’orizzonte temporale è fissato al 2040) è, al tempo, stesso una occasione, una sfida, una opportunità da cogliere mettendo in gioco in primis le risorse intellettuali e le conoscenze disponibili, per poi sperare in scelte politiche sagge e adatte allo scopo.