L’attuale crisi politica e l’Unità nazionale

di Franco Scaramuzzi
  • 03 September 2010
Ciò che più divide è l’attuazione del federalismo, inteso e temuto come primo approccio ad un obiettivo secessionista. A questa paventata interpretazione potremmo andare incontro sia nel caso che venga imposto un federalismo radicale, quale autonomia localistica assoluta (senza coordinamenti e controlli), sia che questo intento venga respinto nelle sue più pericolose istanze autonomiste. La reiterata contrapposizione fra queste presunte e tuttora non definite idee, sarebbe comunque improvvida per il nostro Paese, che ha invece assoluto bisogno di adeguarsi ai tempi, con condivisi programmi di sviluppo e coerenti riforme strutturali.
Spetterebbe alla politica impegnarsi nella ricerca tempestiva di soluzioni, con ragionevoli argomentazioni (che non mancano) per indurre tutti ad un operoso buon senso. Intanto, la sensibilità e la lungimiranza del mondo imprenditoriale e dell’economia reale, stanno sollecitando ed anche proponendo coerenti obiettivi programmatici tecnico-economici. Lo dimostrano le chiare analisi dei punti cardine per un concreto programma di sviluppo, lucidamente illustrati da Corrado Passera, alla guida del nostro più grande complesso bancario. Lo dimostrano anche alcune autonome iniziative, quale il “progetto nord” recentemente presentato con una pubblicazione, curata da Paolo Perulli ed Angelo Pichierri, che propone un modello innovativo delle attuali efficienti organizzazioni produttive del nord, collegandole fra loro attraverso un unico sistema organico, articolato in reti di imprese ed allargato anche oltre i confini nazionali. Nel complesso, anche questo progetto merita attenzione perché, attraverso approfondimenti, revisioni ed integrazioni, potrebbe essere utile, senza ignorare settori produttivi come l’agricoltura e senza una pregiudiziale indipendenza dalle risorse del nostro centro-sud.
Tutto ciò non fa che richiamare l’attenzione sulla prioritaria importanza e l’urgenza di non ritardare ulteriormente la definizione di nuovi e fattibili modelli programmatici di sviluppo, che abbiano una visione realistica e lungimirante, europea e globale, quindi già implicitamente comprensiva anche di quella nazionale. (da QN - 3/09/2010)

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