Intervista a un accademico georgofilo anonimo

di Giulia Bartalozzi
  • 25 January 2023

Gentile Georgofilo, lei è collabora con diversi articoli per il nostro notiziario settimanale “Georgofili INFO”. Questo magazine divulgativo raggiunge cinquantamila utenti dando visibilità ai temi che più stanno a cuore dei Georgofili nei tre argomenti di Agricoltura, Ambiente e Alimentazione. Quali consigli darebbe agli accademici che volessero collaborare?
Nessun consiglio mi sento di poter proporre, ma posso solo ricordare la mia esperienza di ricercatore di fronte alla necessità di dare visibilità alla nostra attività spesso se non sconosciuta almeno poco nota, se non travisata. A metà degli anni settanta del secolo scorso Indro Montanelli fonda “il Giornale Nuovo” divenuto poi “il Giornale”, e il caro amico e collega Danilo Mainardi mi comunica che il Direttore avrebbe voluto parlarmi. Mi reco a Milano e, introdotto dalla sua onnipotente segretaria Iside Frigerio, Montanelli mi propone una rubrica settimanale su gli animali. Prima che io possa parlare ed eventualmente accettare, cosa che poi feci, precisa quanti segue. Primo: una sola idea per ogni articolo, perché il lettore altrimenti sarebbe confuso e poi bisogna lasciare spazio per scrivere altri articoli. Secondo: una sola cartella (60 battute per riga e 30 – 35 righe pari a 1800 - 2100 caratteri) perché questo è lo spazio oltre il quale il lettore medio perde interesse a quello che legge. Terzo: linguaggio e soprattutto termini comprensibili anche dal benzinaio (che al tempo era italiano).

Tre caratteristiche ancora completamente valide per la divulgazione scientifica, anche se forse oggi si può arrivare ai cinquemila caratteri. Ma per il titolo ne avete parlato?
Risposta secca di Montanelli. Il titolo deve non solo invogliare o stimolare, ma provocare la lettura, senza tradirne il contenuto, e essere breve. Lei proponga, ma si ricordi che il titolo è una prerogativa mia e dei giornalisti miei collaboratori.

E poi come è andata?

Direi molto bene perché sono stati oltre cento articoli, pubblicati in fondo alla terz’ultima pagina del giornale. Durante il primo periodo di rodaggio vi fu un solo rilievo di Iside Frigerio per una parola “difficile” che era sfuggita anche al dimafonista. Qui mi spiego. Non vi era ancora internet, io scrivevo con una Lettera 22 come Montanelli e poi per telefono dettavo il mio scritto alla redazione di Milano. Qui vi erano i dimafonisti che con un registratore (dimafono) leggibile a passo ridotto trascriveva il pezzo e debbo dire che qualche volta sono gentilmente intervenuti con qualche osservazione (Cosa vuole dire con questa parola? Questo periodo è troppo lungo…) alla quale non ho mai mancato dare risposta, ringraziando.

Come si trova ora con la divulgazione?

Mi sto avvicinando alle tremila battute e sarò breve. Tutto ora è cambiato perché tutto resti come voleva Montanelli e sento solo un poco la mancanza del dimafonista al quale dettare i miei articoli e avere qualche critica in diretta. Anche perché, come ho poi saputo, alcuni di questi sono diventati grandi giornalisti e uomini di cultura come Orio Vergani.