Colla per il legno, rivestimenti per i camper, carta, cosmetici: di queste piante non si butta via nulla

Intervista all’Accademico Beppe Croce, Direttore di Chimica Verde Bionet e responsabile del Progetto Cobraf, approvato dal Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Toscana, che prevede l’avvio di un modello concreto di bioeconomia.

di Giulia Bartalozzi
  • 20 April 2022

Dottor Croce, Lei è direttore dell’associazione Chimica Verde Bionet, capofila del progetto Cobraf (Coprodotti da bioraffinerie), basato sui prodotti derivabili da 4 colture oleaginose: camelina, canapa, cartamo e lino. Ci spieghi meglio in che cosa consiste il progetto e chi altro ne fa parte.
Il progetto Cobraf ha avuto per obiettivo prioritario l’avvio di un modello di bioeconomia regionale sulla base dei prodotti derivabili a cascata delle 4 colture oleaginose che lei ha menzionato.
Tutte specie coltivate da millenni in Europa, ma in realtà innovative per gli attuali ordinamenti colturali toscani, e italiani, e per i loro molteplici impieghi. I 19 partner del Gruppo Operativo COBRAF - aziende agricole, imprese industriali di vari settori (oli e grassi, edilizia, accessori per camper, tessile, alimentare, farmaceutica), enti di ricerca e associazioni – nell’arco del progetto hanno sviluppato e testato vari prodotti e processi innovativi, verificando la sostenibilità ambientale ed economica delle filiere dal campo al prodotto finito.
La scelta delle quattro colture è dettata dal fatto che hanno tutte elevate proprietà nutrizionali e salutisti-che, a partire dagli acidi grassi polinsaturi contenuti nei semi e molti altri metaboliti presenti nei semi ma anche nelle infiorescenze, come vitamine, proteine, polifenoli, terpeni, glucosilati, cannabinoidi, ecc. Nutraceutica, farmaceutica e cosmesi rappresentano infatti alcuni degli impieghi a più alto valore aggiunto per le aziende agricole.
Ma oltre a queste destinazioni si possono ottenere molti altri prodotti, come ad esempio adesivanti per legno o dalle paglie di canapa e lino materiali da costruzione, materiali compositi per il settore automotive, tessuti tecnici e così via. E, dato fondamentale, tutti questi impieghi in alternativa ai materiali tradizionali consentono un notevole risparmio di emissioni e di consumi energetici.

Ci sono stati punti critici nello sviluppo del progetto? Avete trovato scetticismo oppure interesse da parte degli imprenditori per le opportunità offerte?
Direi che gli imprenditori non solo hanno partecipato, ma hanno apportato contributi originali. D’altra parte credo che non esista un progetto senza punti critici, soprattutto quando parliamo di impieghi innovativi. L’obiettivo nostro non era solo il test di nuovi prodotti, ma anche lo sviluppo di una piattaforma tecnologica distribuita sul territorio, che consentisse realmente il decollo di filiere integrate, dal campo al prodotto finito. Abbiamo scoperto all’inizio gravi carenze nella fase di raccolta e prima lavorazione delle materie prime agricole: mancanza di macchinari adeguati per la raccolta delle varie parti della biomassa, carenza di impianti di selezione e pulitura, di essiccatoi e soprattutto di impianti di spremitura idonei per piccole produzioni. Ci siamo rivolti a due impianti industriali toscani, ma si sono rifiutati di lavorare le piccole quantità delle nostre produzioni e quindi abbiamo dovuto rivolgerci a oleifici fuori regione, prima in Veneto e poi nelle Marche.

I risultati del progetto Cobraf sono stati recentemente illustrati nel corso di un incontro che si è svolto all’Accademia dei Georgofili lo scorso 10 marzo 2022. Quali sono, in sintesi? Ne è stato soddisfatto?
Direi che abbiamo ottenuto diversi risultati positivi:
1. abbiamo introdotto 4 colture innovative e sono stati messi a punto i loro protocolli di coltivazione in aziende con caratteristiche tecniche-operative diverse e in diversi contesti pedoclimatici; il tutto con l’impego di tecniche di agricoltura sostenibile;
2. abbiamo sviluppato nuovi prodotti, ottenendo ottime performance in alcune applicazioni. Posso citare: il canapulo nei blocchi cementizi senza modificare il processo produttivo ordinario, gli adesivi atossici per legno derivati dalle farine di canapa, il CBD ottenuto dalle prime fasi di sviluppo della canapa o dai residui di trebbiatura. E soprattutto i test di mercato e organolettici organizzati da Effegi srl nel progetto hanno confermato la grande qualità e le grandi potenzialità degli oli delle 4 colture nel settore degli alimenti funzionali e anche nella cosmesi. Abbiamo anche sviluppato nuovi compositi in fibra di canapa per i pannelli di rivestimento dei camper, ma abbiamo constatato in base ai test eseguiti dal Polo della Magona che la fibra di canapa è un materiale che assorbe eccessiva umidità. Ma anche in questo caso, come nel caso dei coloranti derivati dal fiore di cartamo, abbiamo comunque testato e messo a punto nuove tecniche di produzione.
3. L’altro obiettivo fondamentale del progetto, rispetto alla situazione iniziale prima descritta, era lo sviluppo in Toscana di una rete di impianti e di processi che consentisse l’utilizzabilità reale dei vari co-prodotti. Posso citare il nuovo impianto di sgranatura, pulizia e cernita di biomasse agricole, piante oleaginose e officinali in particolare, realizzato da Rete Etruscum di Arezzo (alla Rete aderiscono anche partner del Cobraf) col supporto di un altro progetto appena concluso del PSR Toscana 2014-2020, il PIF SOLEAT. E poi il nuovo impianto di estrazione meccanica a freddo di oli e farine, pensato per le produzioni delle piccole e medie aziende agricole e acquisito da Eco Officina Agraria srl di Arezzo, partner del COBRAF, sempre col supporto del PIF SOLEAT. E ancora nel settore dell’estrazione di princìpi attivi, oltre all’impianto già operante da anni di RSM con tecnologia a solvente, segnaliamo la nascita in Toscana di due aziende innovative, che propongono metodi alternativi di estrazione senza solventi: la prima è Herbolea Biotech Spa di Sesto Fiorentino, la cui tecnologia Bio-Herbolysis™ è stata testata con successo nel progetto Cobraf per l’estrazione di oli, cannabinoidi e terpeni; la seconda è Ambra srl di Siena, operante nell’incubatore di Toscana Life Science, che esegue analisi di fitocannabinoidi e servizi di estrazione con una tecnica a pressione, L’ultima novità è la nascita in Toscana, a Vecchiano (Pi), di un impianto industriale di stigliatura e macerazione della fibra lunga di canapa, destinata prioritariamente a impieghi nei settori tessile e cartario. L’impianto di Canapafiliera srl, ormai completato, è nato indipendentemente dal Cobraf, ma la sua presenza è destinata ad avere importanti ripercussioni positive sulla filiera della canapa in Toscana e sulla bioeconomia regionale.

Nell’ottica di incentivare la bioeconomia e l’economia circolare per il contrasto ai cambiamenti climatici, pensa che il modello toscano potrebbe essere esportabile in altre regioni italiane? E’ a conoscenza di progetti analoghi?
Fortunatamente non siamo soli. Direi anzi che, grazie anche al Green New Deal europeo e a misure che incentivano l’innovazione sostenibile come la 16.2 dei Piani di Sviluppo Rurale, nuove esperienze e progetti si stanno attivando anche in altre regioni italiane, soprattutto per quanto riguarda l’uso della canapa o anche dei residui agroalimentari in ottica di economia circolare. Noi stessi partecipiamo a un progetto sui residui nelle Marche. La Toscana è certamente in buona posizione, anche per i risultati che ho illustrato e che non riguardano solo il nostro progetto. Ma per parlare di ‘modello’ dobbiamo uscire dalla fase di prototipi e test per passare alla creazione di vere e proprie filiere agroindustriali. A quel punto il modello diventerà naturalmente esportabile. E’ quanto cercheremo di favorire in una possibile fase ulteriore del Gruppo Operativo Cobraf.