Nel contratto di governo ‘agricolo’ Lega-5 Stelle tanta voglia di protezionismo

Volentieri pubblichiamo l’editoriale del Direttore del “Corriere Ortofrutticolo”

di Lorenzo Frassoldati
  • 30 May 2018
Non si sa quale fine farà il contratto di governo Lega-5 Stelle alla luce degli sviluppi della crisi politico-istituzionale in corso. Temiamo però che il governo Cottarelli avrà vita breve. Si annuncia un governo ‘balneare’ nello stile Prima Repubblica, quindi non attendiamoci grandi cose da chi farà il ministro delle Politiche agricole. Allora vale la pena guardare cosa c’era scritto al capitolo “Agricoltura-Made in Italy” del contratto di governo Lega-5 Stelle. A prima vista emerge che il ‘peso’ dell’agricoltura nel programma complessivo era irrilevante: una paginetta scarsa su un totale di oltre 50. Poi vediamo i concetti fondamentali, che riassumiamo. 1) l’agricoltura italiana ‘sopravvive’ nella competizione globale 2) Storicamente l’Italia è stata troppo remissiva in Europa ed ha lasciato il campo ad interessi europei opposti rispetto alle esigenze nazionali. Quindi è  necessaria una nuova presenza del Governo italiano a Bruxelles per riformare la Politica agricola comune 3) Difesa della sovranità alimentare dell'Italia e tutela delle eccellenze del Made in Italy 4) Dobbiamo contare di più in Europa e “garantire tempi certi nell’attribuzione ed erogazione, da parte delle Regioni, dei fondi della PAC” 5) Nuovo approccio europeo agli accordi di libero scambio con i paesi terzi, che vanno ratificati dai Parlamenti nazionali 6) A tutela del Made in Italy è prioritario adottare un sistema di etichettatura corretto e trasparente che garantisca una maggiore tutela dei consumatori 7) Vanno riformate Agea e Sian.
Che dire? Che l’agricoltura italiana sopravviva è un dato di fatto incontestabile. Che siamo stati troppo ‘remissivi’ in Europa è altrettanto incontestabile causa il combinato disposto tra inadeguatezza dei vari ministri, scarsa efficienza del Ministero e poca voglia di lavorare dei nostri europarlamentari (salvo rare eccezioni). Che dobbiamo contare di più in Europa è un pio desiderio di tutti: dipende dagli uomini e da come si muove il sistema Paese. Circa l’efficienza delle Regioni da migliorare nell’erogazioni dei fondi Pac, se il Governo ha la bacchetta magica, che la usi.  Sull’etichettatura siamo tutti d’accordo, abbiamo fatto passi avanti per decreto in attesa che l’Europa detti le regole. Etichetta d’origine su tutto? Benissimo, nella consapevolezza che non è la soluzione miracolistica per mettere i nostri prodotti al riparo dalle crisi (vedi ortofrutta). Riforma Agea e Sian: chi riuscirà a farle funzionare sia proclamato ‘santo subito’. Ho lasciato volutamente fuori i punti 3 e 5. Circa la sovranità alimentare e la tutela delle nostre eccellenze, alzi la mano chi non le vuole. Il problema è un altro: come si realizzano questi due obiettivi certamente condivisibili. Tornando al protezionismo, mettendo dazi e barriere?  Il nostro è un paese che vive di export; scatenare guerre commerciali sarebbe un autogol clamoroso. Inoltre non siamo autosufficienti: il deficit agroalimentare (soprattutto agricolo) è una realtà fatta di numeri pesanti. Un particolare forse sfuggito agli estensori del programma di governo.    Quanto al punto 5 (gli accordi di libero scambio coi paesi terzi) l’Europa li sottoscrive nel quadro di aiuti allo sviluppo verso paesi di particolari aree economicamente sottosviluppate: smettiamo di aiutarli ‘ a casa loro’? Facciamolo, così alimenteremo sempre più i flussi migratori verso l’Europa. Strano che nel programma agricolo nulla si diceva dei Trattati internazionali di libero scambio con Usa, Canada, Giappone, Mercosur ecc. Ma è facile immaginare che anche qui il sentiment fosse negativo. D’altronde il capitoletto agricolo del programma di governo era influenzato pesantemente dalle campagne mediatiche della Coldiretti contro i Trattati di libero scambio, contro l’Europa che non ci tutela, che non vuole l’etichetta d’origine, che inquina la qualità delle nostre produzioni d’eccellenza ecc. Anche qui niente di nuovo: pure l’ex ministro Martina, come tanti altri suoi predecessori, non ha mai osato smarcarsi dal più potente sindacato agricolo e così avrebbe continuato a fare il nuovo ministro (leghista).    Fra l’altro facciamo pur finta di credere che il ministero agricolo sia importantissimo: prendiamo atto che sulle candidature alla poltrona di via XX settembre c’è stata una girandola di nomi (Molteni, Fontana, Centinaio) che fa intendere come il ministero agricolo sia considerato – come sempre accaduto finora - un ripiego, poltrona di serie B gettata come un osso alla fine delle trattative.
Concludendo, per l’ortofrutta (ma non solo) conta di più quello che non stava scritto nel capitoletto agricolo del Contratto di governo Lega-5 Stelle ma in altra parte: cioè che ci impegniamo a far sì che cessi l’embargo russo, ritirando le sanzioni. Questa sì che sarebbe stata una svolta straordinaria! E non solo per l’ortofrutta.
Per il resto tante banalità, tanti slogan, tanta voglia di neo-statalismo, di Partecipazioni statali, di protezionismo. Conviene tutto questo a un Paese che ha bisogno di esportare come dell’aria che respira? Un’Italia ‘sovranista’, isolata in Europa, riuscirà a contare di più a Bruxelles? Un braccio di ferro permanente con l’Europa su agricoltura, banche, conti pubblici ecc. ci aiuterà a portare a casa migliori risultati? E’ lecito dubitarne.