La degradazione del suolo minaccia l’umanità

di Marcello Pagliai
  • 11 April 2018
Il 25 marzo 2018 un articolo del giornale francese “Le Monde” titolava: “Il declino della biodiversità minaccia l’umanità”, sottolineando che “in tutto il mondo il declino della biodiversità prosegue, riducendo in maniera considerevole la capacità della natura di contribuire al benessere delle popolazioni. Non agire per fermare questo processo significa mettere in pericolo non solo il futuro che vogliamo ma anche la vita che conduciamo oggi”. In sostanza l’articolo sintetizza l’avvertimento della Piattaforma intergovernativa scientifica e politica sulla biodiversità e i servizi eco-sistemici (IPBES), riunita dal 17 al 25 marzo a Medellin (Colombia), per la sua 6° sessione plenaria.
La diversità biologica o “biodiversità” viene definita come “la variabilità degli organismi degli ecosistemi marini, d’acqua dolce e terrestri di cui essi fanno parte”, includendo in questo concetto la diversità all’interno delle specie (diversità genetica), quella interspecifica (diversità specifica) e quella ecosistemica (diversità ecologica). Il suolo è uno degli ecosistemi più complessi in natura e uno degli habitat più variegati sulla terra: esso contiene una miriade di organismi diversi, i quali favoriscono e partecipano ai cicli globali che rendono possibile la vita. Sebbene il suolo ospiti il maggior numero di comunità di organismi sulla Terra, tale biodiversità rimane per la maggior parte ignota all’uomo poiché si trova sotto la superficie del suolo, cioè sotto i piedi. Pochi grammi di terreno possono contenere miliardi di batteri, centinaia di chilometri di ife fungine, decine di migliaia di protozoi, migliaia di nematodi, alcune centinaia di insetti, aracnidi, vermi e centinaia di metri di radici di piante.
La biodiversità del suolo è strettamente legata al contenuto di sostanza organica e, a questo proposito, l’allarme lanciato dal suddetto articolo diventa ancora più drammatico considerando proprio la conclamata perdita di sostanza organica e, quindi, di biodiversità, che provoca la degradazione del suolo stesso, interamente imputabile alle attività antropiche, agricole ed extra-agricole.
Il 21,3% dei suoli del territorio nazionale è a rischio di desertificazione (41,1% nel Centro e Sud Italia). La degradazione del suolo avvenuta negli ultimi 40 anni ha provocato una diminuzione di circa il 30% della capacità di ritenzione idrica dei suoli italiani, con un relativo accorciamento dei tempi di ritorno degli eventi meteorici in grado di provocare eventi calamitosi. Proprio a causa della gestione non sempre corretta del territorio, il contenuto di sostanza organica è sceso sotto quella soglia del 2% ritenuta indispensabile per assicurare una buona fertilità del suolo. In molti suoli il contenuto di sostanza organica è ormai sotto l’1%. Inoltre, l’erosione del suolo e supera mediamente di 30 volte il tasso di sostenibilità (erosione tollerabile) e ci sono pochissimi studi a livello Europeo sulla stima del danno economico causato in seguito alla perdita del suolo.
La degradazione del suolo causa anche un deterioramento di altri eco-servizi come la qualità dei prodotti e del paesaggio.
E’ stato stimato che nel mondo circa 12 milioni di ettari di terre coltivate sono distrutte e abbandonate ogni anno a causa di pratiche agricole non sostenibili.
È sempre più evidente che l’intensificazione dell’agricoltura non sostenibile (compresi i sistemi agricoli, forestali e pastorali) sta avendo forti ripercussioni sulla salute umana e ambientale
in tutte le regioni del mondo. Ad esempio, negli Stati Uniti le immense monocolture di soia e di mais sono i principali fattori di distruzione della biodiversità.
Riprendendo e ampliando le conclusioni del su citato articolo, si può affermare che fino ad oggi la biodiversità e la degradazione del suolo sono stati considerati come una questione marginale, trattata con disinvoltura dai responsabili governativi e politici. E’ più che mai urgente porre la salvaguardia di ogni forma di vita e del suolo al centro della politica. Non si esagera nel dire che, più o meno nel lungo periodo, è una questione di sopravvivenza.