L’introduzione di insetti alieni nel nostro Paese

Il 23 marzo 2018 si è svolta a Palermo, presso l’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali, una giornata di studio sulle problematiche delle accidentali introduzione di insetti alieni in Italia. L’evento è stato organizzato dalla Sezione “Sud-Ovest” dell’Accademia dei Georgofili e dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’Università degli Studi di Palermo. Di seguito si restituisce una breve sintesi degli interventi presentati dai diversi relatori invitati alla giornata di studio.

  • 04 April 2018
Il prof. Andrea Battisti dell’Università degli Studi di Padova ha aperto la giornata trattando l’argomento “Invasioni di insetti fitofagi – il ruolo del cambiamento globale”. Nella relazione il relatore ha dapprima messo in evidenza che i principali fattori che influenzano l’arrivo e l’insediamento delle specie invasive di insetti fitofagi sono primariamente il commercio e secondariamente il cambiamento climatico. Quindi ha mostrato come l’insediamento di una specie dipenda dal risultato di una serie di interazioni a vari livelli trofici, le quali sono spesso di difficile individuazione e possono portare a risultati inattesi. Una volta introdotte, le specie aliene possono modificare l’areale in funzione del clima, pertanto il cambiamento climatico può svolgere un ruolo importante al riguardo. Esistono tuttavia limitate prove che ciò sia avvenuto nel recente passato ed è necessario quindi concentrare le ricerche in questa direzione, in particolare per quanto attiene alle vie di introduzione da paesi tropicali e sub-tropicali.
La prof.ssa Lara Maistrello dell’Università di Modena e Reggio Emila ha presentato la relazione dal titolo “La Cimice Asiatica, Halyomorpha halys” come recente esempio di specie invasiva emergente di interesse globale, ed ha evidenziato le caratteristiche biologiche e comportamentali di questa specie che ne stanno favorendo il diffondersi in ogni parte del mondo e con ogni tipo di merce e che ne rendono difficilissimo il controllo. La Cimice Asiatica è tristemente nota per i danni gravissimi che causa d'estate quando invade i campi devastando i frutteti e molte altre colture e per il fastidio che suscita quando in autunno entra in massa negli edifici per svernare. Grazie ad una task force coordinata dalla professoressa a seguito del primo rinvenimento in Emilia nel 2012, è stato possibile: seguire le tappe dell'invasione in Italia, anche grazie ad un'indagine “citizen science”; effettuare la caratterizzazione genetica, dimostrando l’elevata biodiversità delle popolazioni italiane, frutto di introduzioni successive di differente origine; studiare in modo dettagliato la biologia e la fenologia e comprenderne le potenzialità riproduttive e la suscettibilità nei confronti delle condizioni meteoclimatiche; effettuare indagini in campo da cui è emerso come la cimice Asiatica sia divenuta in brevissimo tempo fitofago chiave dei frutteti, e stia sconvolgendo i precedenti piani di difesa integrata. La prof.ssa Maistrello ha concluso l’intervento mettendo in evidenza che solo grazie agli sviluppi della ricerca su più fronti sarà possibile progredire nella definizione di strategie mirate e sostenibili per rendere meno problematica la convivenza con questo alieno invasivo.
Il prof. Stefano Colazza dell’Università degli Studi di Palermo con la relazione dal titolo “La Cimice Asiatica e gli effetti sulle reti trofiche locali” ha posto l’accento sui possibili effetti che le specie aliene possono avere sulle comunicazioni semiochimiche nelle reti trofiche endemiche. È noto che il meccanismo di difesa indiretta della pianta si basa sulla produzione di specifici metaboliti volatili in grado di facilitare il processo di localizzazione dell’insetto fitofago da parte dei suoi antagonisti naturali, predatori e parassitoidi. Ebbene, l’insediamento di una specie fitofaga aliena potrebbe influenzare negativamente questa comunicazione semiochimica. Questa ipotesi è altamente probabile nel caso della Cimice Asiatica, in quanto in prove di laboratorio, la sua presenza in concomitanza con specie fitofaghe tassonomicamente affini ha compromesso la capacità degli insetti parassitoidi di localizzare la pianta attaccata.
La giornata è proseguita con l’intervento della prof.ssa Gaetana Mazzeo, dell’Università degli Studi di Catania, impostato sul quesito “Le specie del genere Dactylopius: utili o dannose?” La prof.ssa Mazzeo dapprima ha introdotto il genere Dactylopius, che comprende specie di cocciniglie vincolate a piante di alcuni generi di Cactacee, quali Opuntia, Nopalea originarie del Nuovo Mondo. Tali insetti fitomizi possono causare danni ingenti alle piante con deperimenti fino al completo disseccamento. Tuttavia alcune specie possono risultare utili perché legate alla produzione di colorante o per il loro impiego nei programmi di controllo biologico delle opunzie che, introdotte dopo la scoperta dell’America, sono diventate piante infestanti in varie parti del mondo. Tra le prime, Dactylopius coccus è una specie nota fin dall’antichità poiché dal corpo disseccato delle femmine si ricava il colorante rosso carminio di ottima qualità. In Sicilia, dopo un primo tentativo fallito, è stato realizzato negli anni ’90 un allevamento in ambiente protetto, che ha dimostrato che non ci sono ostacoli tecnici per la produzione di carminio sebbene sia opportuno valutarne la convenienza economica. Tra le specie utilizzate per il controllo biologico di opunzie infestanti, Dactylopius opuntiae ha ricoperto un ruolo rilevante ed è stato introdotto in varie aree geografiche, come Australia e Sud Africa. Negli ultimi anni, il mutato valore economico delle opunzie, che in molte aree sono ormai coltivate come cibo, foraggio o per la produzione del colorante, ha modificato il modo di considerare la cocciniglia, la quale, ad esempio, è oggi considerata come uno dei principali fitofagi della coltura del ficodindia nel Bacino del Mediterraneo, areale in cui è in atto una pericolosissima invasione biologica che potrebbe avere notevoli ripercussioni  anche in Sicilia per il reale rischio di introduzione.
Ha concluso la giornata l’intervento del prof. Paolo Inglese, dell’Università degli Studi di Palermo dal titolo “Effetti dell’introduzione accidentale di Dactylopius opuntiae in Marocco: aspetti agronomici e sociali”. Il caso è stato affrontato partendo dalla documentazione fotografica dello straordinario impatto che lo sviluppo della cocciniglia ha avuto, distruggendo oltre 60.000 ha nelle zone nord occidentali del Paese. Si è quindi discusso il piano d’urgenza adottato dalla FAO con la collaborazione di tutte le agenzie e gli Enti governativi marocchini e gli esperti internazionali. Si sono analizzate le prospettive di controllo nelle zone ancora non colpite e quelle di reimpianto nelle zone dove la coltura del ficodindia è stata del tutto eliminata. Si è, infine, posta l’evidenza della necessità di un controllo transfrontaliero considerata l’elevata possibilità che la cocciniglia arrivi in Sicilia.

Foto: Dactylopius opuntiae