Siccità, avviato un piano da 700 milioni

  • 20 December 2017
L’Italia agricola intera dovrà fronteggiare nei prossimi anni - per effetto dei cambiamenti climatici in atto - un nemico pericoloso: la siccità.
Il 4 dicembre 2017 - l’Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche ha confermato quanto già da alcune settimane era apparso chiaro: il 2017 è l’anno più secco degli ultimi due secoli.

Il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, ha confermato che il Piano irriguo nazionale da 700 milioni di euro, già annunciato nello scorso agosto, è ormai partito. E se ne trova una corposa traccia nella legge di bilancio: in particolare nello Stato di previsione del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali per l’anno finanziario 2018 e per il triennio 2018-2020 si rinviene un appostamento finanziario sul Piano irriguo nazionale da circa 860 milioni in tre anni.

L’Anbi, Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni, plaude al recepimento nel Piano irriguo del Piano invasi che punta alla raccolta diffusa dell’acqua piovana, una proposta in linea di principio fatta proprio anche da Martina, che rilancia però anche l'esigenza di affinare le tecnologie per il riuso ed il risparmio di acqua.
 
2017, anno più secco degli ultimi 2017 anni

“Con novembre si conclude l'anno meteorologico 2017 (dicembre 2016-novembre 2017) e significativa è risultata l'anomalia pluviometrica del 2017, che verrà sicuramente ricordato per la pesante siccità che lo ha caratterizzato" è scritto nella nota dell’Isac-Cnr diramata ieri.

“A partire dal mese di dicembre del 2016 (primo mese dell'anno meteorologico 2017) si sono susseguiti mesi quasi sempre in perdita: fatta eccezione per i mesi di gennaio, settembre e novembre, tutti gli altri hanno fatto registrare un segno negativo, quasi sempre con deficit di oltre il 30% e, in ben sei mesi, di oltre il 50%" è scritto nella nota.

La perdita cui l’Istituto del Cnr si riferisce è quella calcolata come differenza tra le piogge dell'anno appena decorso e le precipitazioni medie del trentennio 1971-2000: “A conti fatti – continua la nota - gli accumuli annuali a fine 2017 sono risultati essere di oltre il 30% inferiori alla media del periodo di riferimento 1971-2000, etichettando quest'anno come il più secco dal 1800 ad oggi”.

Un paragone a memoria d’uomo è di difficile esperimento: “Per trovare un anno simile bisogna andare indietro al 1945 – spiega la nota del Cnr - Anche in quell'anno ci furono 9 mesi su 12 pesantemente sotto media (il deficit fu -29%, quindi leggermente inferiore)”.

Il mese peggiore è stato ottobre con precipitazioni ridotte del 79% rispetto alla media degli stessi mesi nel periodo 1971-2000 e secondo mese di ottobre tra i meno piovosi censiti dal Cnr, mentre novembre ha segnato una timida ripresa: 10%.

E non è stato solo un anno secco, ma anche molto caldo: “Dal punto di vista termometrico il 2017 ha fatto registrare, per l'Italia, un'anomalia di 1.3°C al di sopra della media del periodo di riferimento convenzionale 1971-2000 – sottolinea la nota del Cnr -chiudendo come il quarto più caldo dal 1800 ad oggi, pari merito agli anni 2001, 2007 e 2016”.
 
Piano irriguo da 700 milioni

I soldi per implementare il nuovo Piano irriguo nazionale e fronteggiare il fenomeno ci sono e, a ben vedere, nella legge di bilancio, da oggi in discussione alla Camera dei Deputati, ci sono ben 860 milioni di euro sul triennio 2018-2020. Di questi, circa trecento derivano da reiscrizioni a bilancio di analoghe poste non spese nel 2016.
Non solo: in questi soldi c’è anche una quota di cofinanziamento nazionale– paria a 165 milioni - del Piano irriguo cofinanziato dal Fondo europeo per l’agricoltura e sviluppo rurale sul Programma di sviluppo rurale nazionale che porta in dote altri 135 milioni di fondi europei.

In pratica sul tavolo per l’irrigazione ci sono – secondo una stima di AgroNotizie – circa 995 milioni: 700 milioni sul piano irriguo nazionale e poco meno di 300 milioni sul Piano irriguo del Psrn. E sul solo anno 2018 si possono attivare complessivamente investimenti per oltre 320 milioni.

E su come impiegarli il ministro Martina ha parlato giusto ieri: “Servono con urgenza piani di investimento pubblici e privati per ammodernare la rete di distribuzione e per accelerare l’adozione di innovazioni sul fronte dell’agricoltura e dell’allevamento di precisione che aiutino nel risparmio idrico e nel riutilizzo della risorsa".

Nel suo libro “Dalla Terra all’Italia” affronta il tema evidenziando come “ad oggi raccogliamo solo l’11% delle precipitazioni, troppo poco. E’ necessario dotarci di infrastrutture adeguate e occorre realizzare investimenti per aumentare la capacità di invaso”.
 
Trasformare cave dismesse in invasi
Più tecnologie di risparmio e riuso, ma anche più invasi. Ma come si rende questa misura a basso impatto ambientale?
“La legge sulla trasformazione delle cave dismesse in bacini idrici, approvata da Regione Lombardia, così come l’assunzione del Piano nazionale invasi da parte del Governo con un primo, seppur contenuto, stanziamento in legge di stabilità, sono importanti e concrete risposte alla necessità di incrementare le disponibilità idriche del Paese" ha spiegato Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi, che da tempo è impegnata ad indicare la necessità di aumentare la percentuale di pioggia trattenuta sul territorio, elevandola dall’attuale 11% dei circa 3 miliardi di metri cubi che annualmente cadono sull’Italia.

Vincenzi ha espresso l'auspicio che "l’esempio della Lombardia, primo in Italia, venga assunto anche in altre regioni”.

Anbi calcola che nella sola Lombardia, riconvertendo a bacino idrico il 10% delle cave dismesse, si potrà contare su un incremento della riserva d’acqua pari a 90 milioni di metri cubi, aumentando così la resilienza del territorio ad un fenomeno ormai ricorrente come quello della siccità.

da: Agronotizie, 5/12/2017, articolo di Mimmo Pelagalli