Biostimolanti, crescita dell’11% annuo ma manca il quadro normativo

  • 14 December 2016
Estratti di alghe, sostanze umiche, idrolizzati proteici, acidi umidi e fulvici e altri prodotti a base naturale. I biostimolanti guadagnano nuove quote di mercato confermandosi uno dei settori emergenti dell’agribusiness più innovativo nel segno di un’agricoltura sostenibile. Giro d’affari di 4 miliardi di dollari nel 2025 sostiene l’ultimo report di Future Market Insights. E un ritmo di crescita dell’11% annuo.
A breve, entro i prossimi cinque anni, è attesa una crescita significativa in Brasile, quasi il 20% annuo; inferiore al 10% negli Usa, a metà fra i due in Europa: circa il 14%. Ritmi già superiori alla crescita del mercato agrochimico tradizionale.
Oggi i biostimolanti valgono oltre 1 miliardo di dollari e si utilizzano soprattutto per le colture di pieno campo in Usa e Brasile. 
In Europa prevale invece l’impiego sull’ortofrutta e sono utilizzati su una superficie complessiva di circa 4 milioni di ettari.
Ma di cosa parliamo quando parliamo di biostimolanti? Questo è il problema. 
Prodotti che stimolano i processi naturali delle piante e che migliorano:
– tolleranza agli stress abiotici
– assorbimento ed efficienza degli elementi nutritivi
– qualità delle colture
Di fatto, una grande galassia di prodotti in cerca di identikit normativo. Né fertilizzanti né erbicidi, ma a rischio di confusione con le altre due bio-categorie, i biopesticidi (controllo di insetti, funghi, infestanti) e i biofertilizzanti. Il problema è che spesso questi prodotti esercitano più azioni contemporaneamente.
I biopesticidi attivano i meccanismi di difesa della pianta; possono tuttavia stimolare contemporaneamente la crescita delle radici o la resistenza agli stress abiotici (come un biostimolante). Alcuni biostimolanti agiscono anche a livello nutrizionale o comunque vengono venduti come fertilizzanti perché favoriscono l’assorbimento di elementi nutritivi. Altri biostimolanti contengono anche elementi nutritivi (N,P,K) che rendono difficile separare il loro effetto da quello fertilizzante.
I primi 15 produttori rappresentano il 45% delle vendite globali. Lo sviluppo futuro del mercato dipenderà anche dal varo di nuove norme su registrazione e commercializzazione.


da: Corriere Ortofrutticolo, 7/12/2016