Il consumo di carne nella storia

di Dario Cianci
  • 30 November 2016
Gli archeologi ci dicono che l'Uomo è nato omnivoro ma è diventato un carnivoro, e lo è rimasto per milioni di anni, quando nelle ultime fasi del Paleolitico (30.000 ÷ 10.000 anni a.C.), si è accresciuta la sua dipendenza dai prodotti di origine animale perché aveva come cibo soprattutto selvaggina accompagnata da frutti o radici del proprio 
ambiente di vita. Ciò è testimoniato dai rapporti tra gli isotopi del carbonio e dell’azoto nel collagene delle ossa e della dentina e nell’idrossiapatite dello smalto dentale di uomini di Neanderthal (c.a 24.000 anni a.C.), simili a quelli di carnivori con il 90% di carne nella dieta (Richards, 2002). 
In quelle epoche l’uomo raccoglitore si procurava alimenti di origine animale con la raccolta selvatica; solo più tardi introdusse più efficaci strumenti di cattura (caccia e pesca) che, fino al Neolitico, rimasero le uniche forme di approvvigionamento di prodotti animali. Pitture  murali del 13° secolo a.C. testimoniano l’inizio della rivoluzione agricola, con la domesticazione e l’allevamento, evolutosi poi, nei secoli, dal nomadismo, al transumante, allo stanziale brado, ed oggi all’intensivo ed all’intensivo senza terra con espansione delle specie a ciclo rapido e miglior rendimento nella trasformazione degli alimenti (suini, polli, oche). Nel 9.000 a.C. il passaggio da mesolitico a neolitico avviò profonde modifiche nell’alimentazione degli ominidi dovute all’introduzione 
dei prodotti agricoli. 
Oggi sappiamo che il consumo di alimenti di origine animale è stato fondamentale per l’evoluzione encefalica degli ominidi (oggi dei bambini) ed alcuni studiosi affermano che gli ominidi, come molti primati, e si siano evoluti da erbivori ad onnivori conservando la funzione intestinale per la fermentazione della cellulosa. Altri ritengono che l'uomo per milioni di anni sia stato principalmente carnivoro e forse consumasse anche più carne di quanta se ne consumi oggi ma, all’inverso di oggi, povera in ac. grassi saturi e ricca di ac. grassi insaturi (per il sistema di 
allevamento brado, come oggi le razze autoctone). La disponibilità degli acidi grassi polinsaturi a catena lunga, presenti soprattutto nelle carni, ha giocato un ruolo fondamentale nell’evoluzione umana contribuendo a un rapido sviluppo dell’encefalo degli ominidi dai circa 600 cc dal genere Australopithecus attraverso l’H. erectus (~1,8 milioni di anni fa) e l’Homo abilis (~2 milioni di anni fa) ai 1.350 dell’H. sapiens sapiens. Il regime alimentare dell’Homo erectus sembrerebbe essere stato più ricco di carne rispetto a quello degli Australopitechi, come testimoniato dal rinvenimento di strumenti con bordi taglienti utilizzati per lacerare la pelle degli animali (Arjamaa e Vuorisalo 2010; Matassino et al. 2010). L’importanza della carne nell’evoluzione umana non è una sorpresa. 
G. Rotilio osserva che il consumo di carne e di pesce è stato di fondamentale importanza nello sviluppo cerebrale del genere Homo. L’evoluzione del cervello (7 volte quello di un mammifero e 3 volte di un primate di pari peso) ed il maggior numero di neuroni dell'H. erectus rispetto agli altri primati (gorilla e scimpanzé) sarebbe dovuta alla dieta 
di carni, pesce e uova ricchi di fosfolipidi (che costituiscono il 60% del cervello). 
L’uomo ha legato le proprie esigenze nutrizionali ed abitudini alimentari alle disponibilità di cibi di origine vegetale e animale del proprio biosistema naturale del quale è stato parte integrante e ne ha subito i 
condizionamenti che ne hanno determinato i tipi metabolici e differenziato le popolazioni umane, che evolutesi in climi diversi hanno perciò specifiche attività metaboliche (per le nostre latitudini: subsahariani, sahariani e nordafricani, europei mediterranei, centroeuropei, scandinavi, lapponi). Nell‘antica cultura mediterranea il ruolo della carne era già molto importante anche se i greci accettavano il pesce, mentre la carne era considerata un alimento poco nobile. Nell'antico Egitto erano invece consumate le carni di maiale, ma anche di bovino e di ovino, nonché  di volatili selvatici (oche, anatre, piccioni). Anche i romani curavano l'allevamento dei maiali ereditato dagli etruschi ed avevano un'alimentazione più equilibrata dei greci. Nei secoli successivi fino alla metà del XX secolo il consumo di carne, era uno status symbol, privilegio dei ricchi, perché ai più poveri era lasciate le 
frattaglie e solo nei giorni di festa i più fortunati, potevano disporre di carne di piccoli animali (maiale, pecora, capra, pollame). 
Anche le religioni ed i filosofi danno suggerimenti sugli alimenti e sull’alimentazione; sia la Bibbia che il Corano pongono precetti limitativi. La medicina indiana Ayurveda (conoscenza della vita) dice da sempre (come Feuerbach nel 1800) l’uomo è ciò che mangia, perché il cibo influisce sul corpo e sulla mente modificandone il carattere. Ippocrate di Coo (460 ÷ 370 a.C.) raccomandava fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo e dava consigli sull’uso delle carni: carni di capra ai saltatori, di toro a chi praticava la corsa e di maiale a lottatori e gladiatori. E Rhazès (nel IX sec): quando potete guarire con la dieta, non prescrivete altri rimedi.
Oggi la carne è rimasta una quota importante nell’alimentazione ed alcuni  movimenti di pensiero, indicati come vegetariani, cercano di far rinunciare all’uomo la propensione ad essere omnivori. Purtroppo non si possono eliminare le nostre esigenze sviluppatesi con l’evoluzione. Ma dal punto vista etico che il consumo di carne sia stato significativo per lo sviluppo del cervello umano non fa alcuna differenza per il vegano che intende evitare inutili sofferenze all’animale e che se un comportamento ha avuto conseguenze positive sul nostro passato evolutivo non ci dice nulla sulla sua validità dal punto di vista etico.