Un patto verde per l’Europa, quali conseguenze per l’agricoltura?

di Michele Pasca Raymondo*
  • 22 January 2020

L'Unione Europea è determinata a diventare da qui al 2050 il primo blocco regionale climaticamente neutro.
Questo recente annuncio della Presidente della Commissione Europea, già nell'aria al momento del suo insediamento, trova attuazione nel cosiddetto European Green Deal Investment Plan. Il piano di investimenti per un'Europa sostenibile, presentato il 14 gennaio dalla Commissione, ha lo scopo di stimolare investimenti pubblici e l'impiego di fondi privati, grazie agli strumenti finanziari dell'Unione, per circa 1.000 miliardi di euro.
Secondo la Commissione tutti gli Stati Membri, tutte le regioni e tutti settori economici dovranno costruire questa transizione, ma alcune di queste saranno particolarmente toccate e conosceranno delle profonde mutazioni economiche sociali. A questo scopo il meccanismo per una equa transizione fornirà un sostegno finanziario e pratico, in maniera tale che esse possano aiutare i settori oggetto della trasformazione a superare la sfida climatica.
C'è però un rovescio della medaglia, infatti, anche se questo piano, attraverso un insieme di misure di sostegno diretto di almeno 100 miliardi di euro aiuterà il benessere della popolazione e renderà l'Europa più competitiva, si propone come primo obiettivo di eliminare i sistemi energetici più inquinanti come quelli basati sui combustibili fossili e di conseguenza individuando regionalmente i possibili maggiori beneficiari.
La Commissione, oltre a creare le incitazioni finanziarie che dovranno permettere il successo degli investimenti verdi, provvederà a fornire delle incitazioni regolamentari e aiuterà i poteri pubblici e gli attori del mercato a sviluppare i progetti necessari alla transizione. Tutto ciò lascia intravedere una azione di pungolo e controllo che la Commissione europea svilupperà anche nella messa in opera delle attuali politiche europee, orientandole sempre di più in un senso climaticamente positivo, ma anche rendendola più rigida per l'applicazione dei vari piani di sviluppo nazionali e regionali.
Il piano lanciato la scorsa settimana si propone di finanziare almeno 1.000 miliardi di euro di investimenti sostenibili nei 10 anni a venire, a creare delle incitazioni allo sblocco e al nuovo orientamento degli investimenti pubblici e a fornire un sostegno pratico, aiutando i poteri pubblici e i promotori dei progetti per la realizzazione di progetti sostenibili.


Si compone di tre nuove fonti dirette di finanziamento principali:

  • un Fondo per una giusta transizione, dotato di 7,5 miliardi europei i nuovi fondi europei che si aggiungono al bilancio 2021/2027. Questo fondo sarà Utilizzato dagli Stati membri nei loro territori, eligibili in dialogo con la Commissione, e produrrà tra 30 e 50 miliardi di finanziamento supplementare per questi stessi territori,
  • un Dispositivo per una giusta transizione nel quadro di InvestEU con l'obiettivo di mobilitare 45 miliardi di investimenti in particolare nel settore delle energie rinnovabili e dei trasporti, 
  • una facilità di prestiti al settore pubblico della Banca europea degli investimenti (BEI) al fine di mobilitare fino a 30 miliardi di euro di investimenti relativi ai sistemi di riscaldamento urbano e di adeguamento e rinnovo degli edifici

Tutti questi stanziamenti, che estrapolati per i prossimi dieci anni, ammontano a circa 100 milioni di euro, saranno ben articolati in un quadro di governance solida fondata su dei piani territoriali di giusta transizione attraverso una apposita regolamentazione.

Ci saranno anche altre fonti finanziarie: in breve ai 100 miliardi di cui sopra, si aggiungono, sino al 2030:

  • 503 miliardi del bilancio comunitario più 114 di cofinanziamento nazionale (Fondi strutturali, Life, Horizon Europe ) fondi già previsti almeno per il periodo       2021/2027
  • 279 miliardi generati dalle garanzie fornite da InvestEU
  • risorse varie a completamento da interventi BEI, banche pubbliche nazionali, Sistema europeo dei crediti legati alle emissioni 

Molti osservatori rilevano la sproporzione fra le nuove somme direttamente investite e d'altra parte quelle già previste e quelle che sarebbero indotte a livello di meccanismi finanziari, Stati membri e privati. Tra l'altro queste ultime non sono prevedibili con precisione in assenza di forti poteri di stimolo e controllo da parte europea.
Soffermandoci unicamente, per il momento, alle risorse provenienti dal bilancio UE è necessario constatare che tutte gli importi nuovi o riorientati, specificamente destinati alla lotta al global change, rendono più difficile l'aspirazione del mondo agricolo ad avere uno spazio finanziario più ampio rispetto a quello inizialmente proposto dalla Commissione o a quello previsto nella attuale fase del negoziato inter istituzionale. Questa conclusione tiene conto degli eventuali benefici del piano, che rende possibili anche investimenti nel settore agroalimentare, ma concentra buona parte delle azioni a breve termine al superamento delle produzioni energetiche da fonti fossili.
Altro motivo di preoccupazione è l'obiettivo globale di destinare il 25 % del bilancio UE a clima e ambiente, percentuale che verrà declinata sino al 40% del bilancio della PAC nella futura strategia " Dal Campo alla Tavola", annunciata per la primavera.
Questi obiettivi, se non attuati con la necessaria progressività, renderanno estremamente difficili le future trattative sui Piani agricoli nazionali e sui Piani analoghi degli altri Fondi Strutturali, che vedranno rafforzata la capacità di influenzare il contenuto dell'insieme dei servizi della Commissione con prevedibili ritardi nella loro adozione finale.
Infine, mi sembra evidente che una transizione dalla PAC classica ad una nuova politica "Agro-ecologica" non potrà essere realizzata senza forti incentivi, che consentano un ricambio generazionale con nuovi giovani attori, dotati di una ben diversa sensibilità rispetto ai molti degli attuali protagonisti della politica agricola.

*Presidente della Sezione Internazionale dell’Accademia dei Georgofili, con sede a Bruxelles