Alla ricerca di una disciplina giuridica del giardino storico: da “verde urbano” a “bene culturale e paesaggistico”

di Nicoletta Ferrucci
  • 25 July 2012
“Uno spazio progettato dall’uomo con finalità in primo luogo, ma comunque non esclusivamente, estetiche a cui si riconosce un interesse pubblico, conferitogli dalle sue caratteristiche artistiche e/o dalla rilevanza storica”. In questi termini il Ministero per i Beni e le attività culturali ci prospetta la nozione di giardino storico che racchiude in sé quella profonda valenza culturale ricorrente nelle definizioni che dello stesso ci offrono la Carta dei Giardini storici, detta anche Carta di Firenze, e la Carta italiana dei giardini storici, documenti non dotati di valenza giuridica, ma che contengono una serie di raccomandazioni mirate alla corretta gestione di questa peculiare tipologia di giardino, sull’onda del rinnovato interesse che quest’ultimo, per lungo tempo degradato a mero verde urbano, nella considerazione dei progettisti e degli urbanisti, ha suscitato a partire dagli anni settanta del secolo scorso.
La valenza culturale del giardino storico conduce il giurista a inquadrare il tema sullo scenario legislativo contemporaneo, in stretta assonanza con quello del paesaggio, alla luce della moderna concezione di quest’ultimo come bene culturale, formalizzata nella Convenzione europea del paesaggio e adottata dal legislatore italiano nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (c.d. Codice Urbani).
La ricostruzione della vigente disciplina del giardino storico –  non facile in assenza di una sua compiuta definizione giuridica - dovrà quindi essere condotta ricercando all’interno della fitta trama di norme del Codice Urbani, le disposizioni che direttamente o indirettamente ad esso riferimento. In questa direzione, il giardino storico potrà, in funzione delle caratteristiche che lo stesso in concreto presenta, essere ricondotto alla categoria dei beni culturali in senso stretto e, di conseguenza, formare oggetto delle misure di protezione e di valorizzazione contemplate dalla parte seconda del Codice, intitolata “Beni culturali”; o essere qualificato come bene paesaggistico, e dunque assoggettato al regime pianificatorio e vincolistico, con il connesso apparato autorizzatorio e sanzionatorio, di cui alla parte terza dello stesso Codice che reca il titolo “Beni paesaggistici”.


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