Considerazioni sul volume “La mia Terra: intervista a Federico Vecchioni”

di Amedeo Alpi
  • 16 November 2011
Dopo anni, per me lunghissimi, durante i quali la nozione più condivisa di agricoltura è stata quella di un "collage"  di tante cose, ma sostanzialmente escludente la funzione produttiva primaria, è arrivato il volume dell'intervista di Leonardo Tirabassi a Federico Vecchioni.
Un testo breve, sintetico, ma con mille aspetti su cui riflettere, soprattutto per la rivalutazione dell'aspetto produttivo e dell'uso del territorio per procurare derrate alimentari ad una popolazione in crescita.
I sette miliardi di persone (all'inizio del 1900 la popolazione sul pianeta raggiungeva 1 miliardo e mezzo!)  rappresentano una sfida che non possiamo eludere; anzi ben presto (troppo presto) il numero dei partecipanti alla "mensa" globale, salirà a 8, poi a 9 miliardi e chissà a quanti ancora più avanti nel tempo. E' ovvio che questa sfida non si pone solo all'agricoltura, ma è singolare che la nostra società,  comunque attenta alle varie implicazioni di questo incessante "boom" demografico, ritenga però che l'aspetto della coltivazione dei campi e dell'allevamento degli animali debba essere ridotto a sostanziale protezione ambientale.
Il cuore dell'intervista è rappresentato dalle vicende storico-politiche dell'Italia agricola durante i 150 anni decorsi dall'unità ad oggi, con particolari riferimenti agli anni del secondo dopoguerra; ma è comunque un ragionamento a tutto tondo sull'agricoltura.
In particolare sono evidenziate le antinomie che hanno reso difficile l'elaborazione di una politica agraria efficace nei vari territori italiani. Se negli ultimi anni si è polemizzato molto tra opposti modi di vedere, contrapponendo, ad esempio, la natura all'agricoltura, la tradizione all'innovazione, "l'industrialismo" alla nostalgia per una campagna "immacolata" ed immutabile, non sono comunque mancate, negli anni del secondo dopoguerra, altre dure contrapposizioni: la questione sociale al posto della vitalità tecnico-economica delle aziende agrarie, oppure l'evidente contraddizione tra l'Italia del miracolo economico industriale e commerciale ed una agricoltura che, di contro, rimaneva assai arretrata tanto da diventare inevitabilmente debole a Bruxelles di fronte al prevalere delle agricolture continentali. Anche la politica dello "sviluppo rurale", considerata da Vecchioni con molta attenzione, viene però ritenuta non sufficientemente cosciente della funzione primaria dell'agricoltura.
Eppure, conclude Vecchioni, l'Italia e l'Europa non potranno sottrarsi alla funzione duale della campagna: le aziende agricole gestite da privati, ovviamente facendosi sempre più carico della tutela ambientale.