Animali sentinelle dell’inquinamento ambientale

di Giovanni Ballarini
  • 12 July 2017
Quando Noè vuole accertarsi che dopo il diluvio la terra sia ritornata vivibile libera due uccelli, un corvo ed una colomba, traendone le relative conseguenze. Gli animali sono i primi esseri viventi che salgono su una mongolfiera e solo in seguito l’uomo si azzarda a volare. Sono la cagnetta Laika e alcune scimmie che precedono l’uomo nello spazio. Nel milleottcento i minatori saggiano la pericolosità dell’aria nelle miniere di carbone con canarini sensibili al gas tossico grisou. Recentemente i giapponesi usano i canarini per controllare le gallerie della metropolitana di Tokyo a seguito di un attentato con il gas nervino sarin. Gli animali sono utili anche se manca un rischio specifico, come avviene in un’epidemia di persone “letargiche” di un paese vicino a Lucca e quando, escludendo l’acqua e l’aria, importante è constatare che gli animali non presentano l’inquietante fenomeno, che è poi ricondotto ad una impropria somministrazione di farmaci.
Molti sono gli esempi di animali sentinella indicatori della vivibilità e qualità ambientale e del loro ruolo nel controllo dell’inquinamento ambientale, sfruttando due particolari aspetti. Da una parte la diversa sensibilità delle singole specie animali ai tossici e da un’altra parte la bioconcentrazione attraverso le catene alimentari degli elementi a rischio.
Per l’importanza della particolare sensibilità di una specie a un inquinante significativo è l’incidente di Minamata. Agli inizi degli anni settanta del secolo scorso, in Giappone avviene un tragico inquinamento da mercurio scaricato da una fabbrica nella baia di Minamata. I pesci, particolarmente resistenti al metallo non muoiono, mentre i pescatori che si cibano di rilevanti quantità di pesce inquinato sono colpiti da gravi patologie (aborti e malformazioni, gravissime alterazioni nervose ecc.) e morte. Già in precedenza i gatti del luogo, che mangiavano il pesce e che sono particolarmente sensibili al mercurio, avevano però manifestato un “sindrome danzante” per un’encefalite tossica, aborti e elevata mortalità che sia pure tardivamente indirizzarono alla scoperta dell’intossicazione umana da mercurio.
Altro esempio di una sensibilità specifica ad inquinanti ambientali è l’anemia del cane del garagista, una forma di saturnismo causata dal piombo tetraetile presente nelle benzine del passato e che si accumulava nell’aria delle autorimesse con scarsa ventilazione. Il cane e altri canidi sono particolarmente sensibili al piombo, tanto che in quelli selvatici dello zoo che un tempo vi era al centro di Milano fu diagnosticato un saturnismo subclinico. Oggi all’intossicazione da piombo si è sostituita quella da benzene e altri composti aromatici contenuti nei carburanti, di norma bruciati dal motore e dalla marmitta catalitica, purché questa sia efficiente e soprattutto ben calda. Quando la macchina è avviata in garage, in particolare se la macchina è anziana e la combustione non ben regolata, nell’aria si accumulano composti cancerogeni che trovano nel cane un sensibile indicatore.
Considerando la diversa sensibilità delle specie animali agli inquinanti ambientali nell’incidente di Seveso, dove una nube di diossina invade una zona popolata da uomini e animali di molte specie, sono i conigli che sono particolarmente interessati.
Gli uccelli di piccola dimensione sono particolarmente sensibili agli inquinanti e quindi migliori sentinelle ambientali perché hanno un metabolismo molto elevato con un’alta assunzione dell’inquinante. All’opposto animali con un metabolismo rallentato, come quelli a sangue freddo (rettili, anfibi, tartarughe, pesci ecc.) sono meno sensibili agli inquinanti ambientali e poco sensibili animali sentinella, diversamente dagli animali marini a sangue caldo come cetacei, delfini e foche.
Negli animali sentinella importante è il fenomeno della bioconcentrazione. Un animale può ospitare un inquinante a una concentrazione molto bassa e trascurabile per la sua salute, ma se l’inquinante è resistente ai pro-cessi metabolici e l’animale è mangiato da un altro e questo avviene più volte, lungo la catena alimentare si ha una progressiva concentrazione dell’inquinante che negli animali al vertice raggiunge concentrazioni pericolose per specie sensibili.
Esempio di bioconcentrazione manifestata dagli animali sentinella so-no le malattie della tiroide riscontrate nelle lepri delle campagne inglesi a seguito d’incidenti in centrali nucleari. Le volpi sono predatori posti al vertice di una catena alimentare, mangiano roditori o altri animali che a loro volta mangiano insetti o erbe contaminate da iodio radioattivo sfuggito dalle centrali nucleari in caso d’incidente o d’insufficiente o cattivo funzionamento dei filtri. Alle volpi lo iodio arriva in concentrazione tale da produrre disfunzioni o patologie e la determinazione della radioattività nelle loro tiroidi è un prezioso mezzo d’identificazione della fuga anche di piccolissime quantità di iodio radioattivo.
 Gli animali sono coinvolti anche nell’incidente nucleare di Chernobyl, ma per l’evoluzione delle tecnologie di rilevamento dei diversi componenti radioattivi, in particolare iodio e cesio, gli animali sentinella in quanto concentratori di elementi radioattivi hanno avuto un ruolo limitato. Importante rimane però il ruolo degli animali come filtro e concentrazione degli elementi radioattivi negli alimenti per l’uomo (iodio nel latte e cesio nelle carni).
Altri esempi di bioconcentrazione degli inquinanti ambientali in animali sentinella sono quelli dell’antiparassitario DDT e dei PCB (policloro-bifenili). Il DDT, attraverso la catena alimentare si concentra negli uccelli rapaci provocando un’anormale fragilità delle uova, che rompendosi metto-no rischio la specie. I PCB si concentrano nelle foche e nei mammiferi marini nei quali possono ridurre le difese antinfettive facilitando infezioni e malattie.
Considerando la bioconcentrazione degli inquinanti tra i molti esempi non bisogna dimenticare le api che producono il miele raccogliendo il polline su vaste superfici di territorio e concentrano nel miele inquinanti per loro anche poco o per nulla pericolosi. Ad esempio il cadmio, metallo pesante in pratica innocuo per le api ma non per i mammiferi, uomo compre-so, può essere presente nel miele prodotto da api di arnie poste sotto vento a cento e anche più chilometri di distanza di centrali termoelettriche a carbone con fumi non adeguatamente filtrati. Per i pesticidi organofosforici, dal numero di api morte raccolte attorno all’alveare si può risalire al rischio pesticidi nella zona.
Un’altra, interessante prospettiva è l’uso degli animali sentinella, in particolare di quelli domestici, nel controllo dei tumori correlati all’ambiente urbano e soprattutto di appartamento.