Crudismo, nuova incultura

di Giovanni Ballarini
  • 21 June 2017
Gli storici e gli antropologi della alimentazione pensano che l’evoluzione degli ominidi e la nascita della nostra specie è stata aiutata della cottura degli alimenti. Tuttavia oggi assistiamo al diffondersi il mangiare crudo fino a un crudismo estremo in un’ideologia giustificata dalla voglia di tornare a una natura idealizzata, che in buona parte precede la nostra cul-tura, quindi una sorta d’incultura. Il crudismo riguarda ogni tipo di alimento, dai vegetali alle carni, al pesce e non da ultimo anche le uova e il latte, che sempre è richiesto crudo, non trattato e tanto meno bollito.
La cottura degli alimenti è molto antica, sembra seguire di poco la scoperta di poter di dominare il fuoco, un’invenzione avvenuta tra i seicentomila e gli ottocentomila anni fa certamente prima della comparsa sulla faccia della terra della nostra specie, che ha meno di duecentomila anni. La cottura dei cibi è ritenuta fondamentale per l'evoluzione dell'uomo perché una loro migliore digeribilità permette un accumulo di calorie e nutrimenti fondamentali per la crescita del cervello e, se l'uomo ha percorso con successo la strada dell'evoluzione aumentando i suoi neuroni, è anche grazie alla cottura che rende più facile l'assorbimento di sostanze nutritive degli alimenti. Inoltre, l'impiego del fuoco nell'alimentazione riduce il tempo necessario per la ricerca di cibo e favorisce il consumo in comune con significativi vantaggi per le capacità sociali e cognitive.
I benefici della cottura sono ora inscritti nei nostri comportamenti e non altrimenti si spiegherebbe il piacere suscitato dall'aroma di un pane che esce dal forno o di una carne arrostita o grigliata. La cottura degli alimenti crea aromi e sapori nuovi, ottenuti anche mescolando carni e vegetali e dà avvio alla cucina che la nostra specie porta ai più alti livelli della gastronomia.
Nelle carni la cottura inattiva gran parte dei pericoli di trasmissione d’infezioni, parassiti e malattie e certamente, già in un lontano passato, i nostri antenati si sono accorti di alcuni rischi del mangiar crudo! Oggi le cose sono in parte cambiate, perché gli allevamenti degli animali e le loro carni sono ben controllati, prima e dopo la macellazione, e per questo è possibile ridurre i tempi di cottura, con preparazioni al sangue. Una certa attenzione tuttavia bisogna continuare a osservare per le carni che ancora oggi sono cosiddette naturali, come quelle degli animali selvatici, perché epidemie di trichinosi o trichinellosi umana sono ancora provocate da salsicce di cinghiale mangiare crude o poco cotte, mentre per tutta la selvaggina la tradizione impone lunghe cotture in salmì. In modo analogo è per il pesce e gli alimenti ittici, dove non mancano rischi se mangiati crudi.
Se molta frutta è mangiata quasi sempre cruda, la cottura rende com-mestibili vegetali di difficile digestione, come i cereali e tutte le leguminose che sono diventate un buon nutrimento solo se cotte, salvo qualche eccezione, come le fave. Molti vegetali crudi sono d’impossibile o difficile uso alimentare perché ricchi di sostanze antinutrizionali e talvolta anche tossiche, che sono inattivate o controllate dalla cottura. Nei vegetali sono state selezionate le varietà vegetali più tenere, gustose e scarse di fibra grossolana e per questo le verdure moderne possono essere mangiate poco cotte e crude e in questo caso, mangiare crudo non significa tornare alla natura, ma a una cultura che ha profondamente modificato i vegetali da mangiare crudi. Non è un caso che una massima dal Medioevo arrivata sin quasi ai giorni nostri ammonisce che acqua di pozzo, erba cruda e donna nuda uccidono l'uomo. Questo saggio proverbio, nei suoi due primi elementi, fa riferimento agli orti del passato concimati con i pozzi neri delle abitazioni umane, causando pericolosi inquinamenti infettivi e parassitari delle acque dei pozzi e delle verdure orticole. Crude si possono invece mangiare le frutta degli alberi e quanto raccolto nei boschi non inquinati dalle deiezioni umane, nei campi in periodi lontani dalle concimazioni (radicchi selvatici) o nei boschi (funghi e tartufi).
La cottura degli alimenti ha molte dimensioni culturali, tanto evidenti quanto spesso dimenticate o per lo meno sottovalutate, ricordando che talvolta il termine crudo è oggi usato per alimenti non cotti, ma sottoposti a trattamenti che producono modificazioni analoghe alla cottura. É quanto avviene nei salumi stagionati, come il prosciutto crudo, nel quale l'azione congiunta del sale, del tempo e degli enzimi endogeni della carne porta alla scissione delle proteine e dei grassi, quindi una predigestione, ma soprattutto alla inattivazione di batteri e di virus eventualmente presenti.
Mangiare soltanto cibi crudi rimane comunque un’incultura!