Il ruolo del giurista all’interno dell’osservatorio locale del paesaggio lucchese

di Nicoletta Ferrucci
  • 07 June 2017
Che ruolo riveste il giurista all’interno dell’Osservatorio Locale del Paesaggio Lucchese? Per cogliere appieno il senso della sua presenza occorre con una rapida battuta d’ali volare oltre i confini dell’Osservatorio e riflettere sul ruolo del diritto rispetto al paesaggio, per poi percorrere a ritroso il volo e tornare con rinnovata consapevolezza, a dare una risposta alla domanda originaria. Il coinvolgimento del giurista in un settore come quello del paesaggio tradizionalmente retaggio della cultura non giuridica trae linfa vitale e ragion d’essere dalla dimensione costituzionale che il paesaggio ha assunto: la sua tutela contemplata dall’art. 9 è collocata nell’empireo dei principi fondamentali della Costituzione e la Corte costituzionale a più riprese ha ribadito la rilevanza del paesaggio come valore da proteggere, bene primario e assoluto, la cui tutela, affidata all’esclusiva competenza dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla protezione degli altri interessi pubblici in materia di governo del territorio. La Costituzione peraltro rivela anche con riferimento al suo articolo 9, nel tortuoso percorso seguito dal legislatore in materia di paesaggio, il suo carattere di incompiutezza: Tommaso Montanari, sulle orme di Piero Calamandrei, ci insegna che la Costituzione sarà incompiuta finché non sarà davvero attuata. Il panorama legislativo italiano in materia si rivela infatti segnato da un lungo periodo di reiterata sostanziale inerzia del legislatore alla quale ha fatto seguito nell’ultimo decennio una concitata proliferazione di norme, sull’onda della riscoperta del valore del paesaggio ad opera delle Convenzioni internazionali, in particolare della Convenzione europea del Paesaggio, siglata a Firenze nell’ottobre del 2000: il testo originario del Codice dei Beni culturali e del paesaggio che ha dato l’avvio in Italia a questo nuovo percorso è stato oggetto a partire da pochi mesi dalla sua entrata in vigore, di reiterati interventi di ortopedia giuridica, la cui stagione non appare ancora conclusa. E nell’assetto incompiuto del quadro normativo accompagnato da reiterate inadempienze delle regioni che consolidano la relativa tradizionale inerzia nel porre mano alla pianificazione paesaggistica, si intravedono assonanze e dissonanze rispetto alle linee guida dettate dalla Convenzione europea del Paesaggio; tracce di involuzione nella tutela paesaggistica; l’opzione verso una disciplina a singhiozzo del regime autorizzatorio, con riferimento alla individuazione degli interventi soggetti esenti dalla preventiva autorizzazione e di quelli soggetti alla procedura autorizzatoria semplificata. Ma è però lungo quegli incerti e talora devianti binari del dettato legislativo che chi opera sul paesaggio deve muoversi: e allora l’apporto del giurista che aiuta a leggere quelle norme, ad interpretarle, a coordinarle, può tentare di fungere da filo di Arianna e fornire in quest’ottica il suo apporto all’Osservatorio del Paesaggio che con quelle norme è chiamato a confrontarsi. In questa direzione è compito del giurista prestare la sua opera a fianco delle altre componenti dell’Osservatorio anche nella verifica della idoneità del complesso strumentario offerto dal legislatore a cogliere le specificità delle tipologie di paesaggio che l’Osservatorio si propone di osservare sul territorio lucchese: è questo, ad esempio, il caso del paesaggio agrario, in particolare dei versanti collinari, che l’Osservatorio ha eletto come prima palestra di osservazione, di analisi delle fragilità, di studio di strumenti propositivi che ne consentano di superarle o quantomeno di arginarle. il giurista supporta l’Osservatorio nell’intercettare, studiare, analizzare strumenti alternativi a quelli tradizionali vincolistici e pianificatori, ponendoli a confronto con la norma, con il piano paesaggistico che alla stessa dà attuazione, verificandone l’impatto operativo e la idoneità a risolvere e colmare le lacune aperte dal dettato normativo vigente L’azione sinergica dell’agronomo, del geologo, dell’architetto, ha evidenziato le i caratteri peculiari del paesaggio agrario, il connubio inscindibile tra protezione dei suoi connotati tipizzanti e tutela degli interessi imprenditoriali degli agricoltori che di quel paesaggio sono artefici e custodi attivi; il giurista, dal canto suo, ha sondato il dettato delle norme, verificando come la tendenziale omologazione dei paesaggi operata dal legislatore, incline a dettare una disciplina indifferenziata costruita attorno ad un regime prettamente vincolistico che stride con le indicazioni forti che la Convenzione europea del paesaggio da a chi vara politiche paesaggistiche da plasmare in funzione delle peculiarità delle diverse tipologie di paesaggio, si traduce nella sua sostanziale incapacità di plasmare un sistema idoneo a conciliare i diversi interessi che convergono sul paesaggio agrario, la cui armonizzazione è unica garanzia della conservazione di quel paesaggio. Il giurista supporta l’Osservatorio nell’intercettare, studiare, analizzare strumenti alternativi a quelli tradizionali vincolistici e pianificatori, ponendoli a confronto con la norma, con il piano paesaggistico che alla stessa dà attuazione, verificandone l’impatto operativo e la idoneità a risolvere e colmare le lacune aperte dal dettato normativo vigente: dai nuovi modelli di gestione partecipata del paesaggio che si vanno affermando nella prassi, che nascono dal basso, come i Distretti agricoli, a quelle forme negoziali che emergono faticosamente dalla fitta trama della normativa agraristica; alle nuove Associazioni fondiarie finalizzate sulle orme delle analoghe francesi ( Association Foncière pastoral e Groupments pastoraux) al recupero economico e paesaggistico delle aree montane. Dalle linee disegnate nel tempo dal diritto quando si è confrontato con il paesaggio, possiamo, per altro verso, trarre alcune riflessioni sull’importanza che assume il linguaggio in questa materia: il diritto ci insegna come l’uso distorto del linguaggio può aprire il varco a distorsioni e, in ultima analisi, alla distruzione del paesaggio. Antonio Paolucci ci ricorda le conseguenze perverse legate alla tendenza affermatasi all’inizio degli anni sessanta del secolo scorso quando in omaggio alle culture antropologiche e sociologiche allora dominanti, la parola territorio sostituì l’antico termine paesaggio. La parola territorio dà l’idea di qualcosa che può essere colonizzato, utilizzato, trasformato; la parola paesaggio implica l’idea di conservazione, di immutabilità, obbliga una certa reverenza estetica, la mutazione onomastica era il segnale di una pericolosa mutazione semantica: non a caso le peggiori devastazioni del paesaggio italiano si sono verificate nei decenni compresi fra gli anni sessanta e il duemila. E allora è importante anzitutto per chi si occupa a vario titolo di paesaggio, creare un linguaggio comune, guidati da quella definizione giuridica di paesaggio coniata dalla Convenzione europea del paesaggio e accolta, con qualche variazione su tema, dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio, e seguendo le orme del piano paesaggistico della Regione Toscana:  e questo è un compito preliminare e imprescindibile ad ogni intervento sul paesaggio, che l’Osservatorio locale si è dato e il giurista può, mettendo a frutto l’esperienza maturata nel suo ramo del sapere, dare anche in questo il suo apporto. Riflettendo ancora sull’art. 9 della Costituzione, la scelta di chiamare non solo lo Stato ma l’intera Repubblica, dunque anche ogni singolo cittadino, a tutelare il paesaggio, a custodire attivamente il paesaggio, può svilupparsi come faro per illuminare un percorso futuro che coinvolge tutti noi, e che come in una fuga di luci delle antiche torri di segnalazione che segnano il nostro paesaggio lucchese, si lega alle indicazioni forti dettate dalla Convenzione europea del paesaggio, all’insegna di quel principio della partecipazione che è ragion d’essere e guida dell’operato dell’Osservatorio Locale del Paesaggio Lucchese. E qui emerge e si fa strada quella imprescindibile e fondamentale sensibilizzazione alle tematiche paesaggistiche, che rappresenta uno dei molteplici campi di azione dell’Osservatorio, ma che deve essere sostenuta e non può prescindere da una minima alfabetizzazione istituzionale, una educazione al paesaggio e ai suoi valori, in assenza della quale si apre il varco a controproducenti distorsioni percettive: ed anche questo rientra tra i compiti dell’Osservatorio, l’opera di educazione alla conoscenza del paesaggio, delle sue molteplici forme, dei suoi valori, delle sue degenerazioni, ma anche, e qui torna il gioco il ruolo del giurista, degli strumenti normativi nella cui cornice è possibile operare sul paesaggio: rivolta in particolare alle giovani generazioni. E’ un quadro forzatamente sintetico e incompiuto quello che ho disegnato, un tentativo di tratteggiare il ruolo del giurista che opera in sinergia con le altri componenti dell’Osservatorio, in un divenire di dialogo e interrelazioni: confrontarsi, ascoltare senza preclusioni mentali, aprirsi e meditare sui traguardi raggiunti da chi condivide l’interesse per questo tema, è la chiave di volta per assicurare un’adeguata conservazione, valorizzazione, recupero del paesaggio per noi e a vantaggio delle generazioni future.