Il PIT - Piano paesaggistico della Regione Toscana: tappa e non traguardo nella storia della tutela del paesaggio in Italia

Parte I - Cenni di storia della tutela del paesaggio

di Elisabetta Norci
  • 12 April 2017
La Regione Toscana ha approvato nel 2015 il PIT con valore di Piano Paesaggistico ai sensi del Codice dei Beni culturali e del paesaggio (Dlgs 42/2004 e s.m.i. art. 143), che rappresenta una tappa significativa nella storia della tutela di quelli che oggi il Codice definisce “beni paesaggistici” ma che in passato sono stati, e sono spesso tutt’oggi, definiti “cose, bellezze naturali e paesaggistiche, beni ambientali”.

La tutela del paesaggio in Italia prende origine dalla tutela delle antichità e delle opere d’arte, già con gli Statuti comunali, per prendere corpo in epoca preunitaria, soprattutto nello Stato della Chiesa.
A titolo esemplificativo si riportano sinteticamente alcuni dei provvedimenti di tutela del periodo preunitario.
Impossibile non menzionare l’Editto Albani (1728), ispirato dal nipote del Papa, il cardinal Neri Corsini, nel quale si affermava la necessità di tutela dei beni immobili dall’esportazione e si introduceva il concetto di educazione del cittadino ai principi di fruizione dei beni pubblici.
Nel 1737 al termine della dinastia dei Medici, sempre il Cardinal Neri Corsini si fece promotore del Patto di famiglia, in virtù del quale le collezioni dei Medici dovevano restare per sempre a Firenze “per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri“ . Si introduceva il concetto di turismo culturale!
Nel 1745 il Vicerè del Regno di Sicilia Bartolomeo Corsini, impose la conservazione delle antichità di Taormina, dei boschi del carpineto e del castagno dei 100 cavalli (oggi parco dell’Etna), quindi oltre che alle antichità si rivolgeva la tutela anche al paesaggio ed a quello che oggi definiremmo un albero monumentale!
Sempre nel Regno di Sicilia, nel 1755 a Napoli, furono sottoposti a tutela gli scavi di Ercolano e quelli di Pompei.
Tra il 1841 ed il 1843 alcuni decreti borbonici “vietavano di alzare fabbriche che togliessero amenità o veduta lungo Mergellina, Posillipo e Capodimonte”, e quindi erano rivolti a tutelare, anche se non esplicitamente, il paesaggio!
Nel 1820 lo Stato della Chiesa emise l’Editto Pacca, considerato il primo ed organico provvedimento di protezione artistica e storica, e di catalogazione degli oggetti di antichità ed arte delle Chiese.  E’ da rilevare come l’Editto indichi tra i “costanti e principali motivi” della legislazione l’attrazione che spinge gli “stranieri ad ammirarle”, inaugurando così, ufficialmente il concetto di turismo culturale.
La maggior parte di questi interventi legislativi preunitari aveva lo scopo di evitare la dispersione e la fuoruscita del patrimonio archeologico e artistico, oltre a prevedere regole per la conservazione e il restauro e la catalogazione dei beni. Tuttavia, in qualche caso, già prendevano in considerazione la tutela del paesaggio.
A partire dall’Unità di Italia (1861) inizia nel Nostro Paese un dibattito culturale profondo, continuo e vivo, rivolto ad ampliare, in modo consapevole, la tutela del patrimonio culturale anche a categorie come il paesaggio, alla natura, ai giardini, alle foreste, alle acque, grazie anche a grandi personaggi Come Corrado Rava, Luigi Ricci, Giovanni Rosadi, Benedetto Croce, che sono stati protagonisti della nostra storia e della nostra cultura.
All’inizio del secolo vide la luce la Legge Nasi sulla conservazione dei monumenti e degli oggetti di antichità e di arte (Legge n 185/1902) ma già nel 1905 grazie a due illustri ravennati: Corrado Ricci e Luigi Rava fu elaborata una normativa che affermava il primato dell'interesse pubblico su quello privato, e regolamentava sia i beni culturali che i beni ambientali. In particolare, Ricci, sulla Rivista Emporium nel 1905, mise insieme tre vicende assai discusse in quegli anni: il tentativo di aprire una porta nelle Mura di Lucca, la minacciata distruzione della cascata delle Marmore e della pineta di Ravenna.  Rava, accogliendo la voce di un'opinione pubblica che proprio in quegli anni si dimostrava più sensibile alla protezione della natura e dell'ambiente, fece del bosco secolare l'esempio eccellente della difesa del patrimonio nazionale. La Legge del 1905 dichiarando la pineta di Ravenna "monumento nazionale", affrontava la questione della tutela del paesaggio, di un paesaggio legato a "memorie d'arte e di letteratura" e quindi patrimonio della storia italiana. Infatti la pineta di Ravenna è protagonista di parte della Divina Commedia ed è rappresentata in quattro tavole di Botticelli, (illustranti la novella di Nastagio degli Onesti scritta da Boccaccio) nelle quali i pini (Pinus pinea L.) sono dipinti in modo ammirevolmente fedele. La pineta è stata anche celebrata da Oscar Wilde, da Byron, da Giovanni Pascoli, è stata, inoltre, attraversata da grandi personaggi da Teodorico fino a Garibaldi. 
Nel 1909 fu presentata una proposta di legge da Rava e Rosadi di tutela delle antichità, delle arti, dei giardini, foreste, paesaggi ed acque, ma queste ultime voci, in corsivo nel testo, non trovarono posto nella legge che fu approvata (L. 364/1909). Tre anni più tardi la tutela prevista dalla Legge del 1909, grazie all’opera di Rosadi, fu estesa anche a “ville, parchi, giardini” (Legge n 688/1912). 
Per sancire la tutela del paesaggio è necessario attendere Benedetto Croce che nel 1912 emanò, in qualità di Ministro dell’Istruzione, una legge in cui si dichiaravano “soggette a particolare protezione le cose immobili la cui conservazione presenta un notevole interesse pubblico a causa della loro bellezza naturale o della loro particolare relazione con la Storia civile e letteraria. Sono protette altresì …le bellezze panoramiche”. Benedetto Croce parla del doppio aspetto della questione: la relazione tra natura e cultura e l’equilibrio tra interesse pubblico e proprietà privata.
Invito tutti a leggere gli scritti e le innumerevoli proposte di legge di Rava, di Rosadi, di Ricci nonché la relazione di Benedetto Croce, in cui è compresa la famosa frase “… il paesaggio altro non è che il volto amato della patria…” 
In Italia, a Capri il 9 e 10 luglio 1922 si svolse il primo Convegno del paesaggio, promosso da Giovanni Rosadi, sottosegretario alle Belle Arti e promotore della legge in difesa delle Antichità e Belle Arti del 20 giugno 1909, e organizzato dal Comune di Capri, del quale era sindaco l’ingegnere e scrittore Edwin Cerio. Tra i presenti al convegno il generale Armando Diaz e Filippo Tommaso Marinetti che intervenne distinguendo i difensori del paesaggio tra passatisti e presentisti, i primi “sempre più o meno dei miopi, degli anemici e degli insensibili”. Inoltre ad Edwin Cerio, che aveva letto una relazione sull’architettura rurale nei litorali del Golfo di Napoli e del Golfo di Salerno, rispose di essere d’accordo con lui solo se per stile rurale si intendesse non devozione all’imitazione ed al restauro, ma ricerca di semplicità architettonica, ed adattamento della casa al piano delle proporzioni ed al colore delle rocce. Viene da riflettere sull’attualità di queste affermazioni, veramente degne di un futurista come Marinetti!
Il Convegno si concluse con l’approvazione, all’unanimità, di alcuni ordini del giorno tra i quali quello presentato da Filippo Tomaso Marinetti e Luigi Parpagliolo, che deploravano le continue deturpazioni commesse a danno del paesaggio italiano, e proponevano, pur nel riconoscimento dei bisogni della vita moderna, che l’uso di nuovi materiali e di metodi di costruzione rispettasse l’ambiente e si intonasse al paesaggio locale.
Nel 1939 il Ministro Bottai, fondandosi sulla legge di Benedetto Croce, elaborò due leggi parallele la L.1089 a tutela del patrimonio culturale, e la L. 1497, a protezione delle bellezze naturali. E’ importante far presente che nella L. 1497 si specificava che erano tutelate “le bellezze panoramiche considerate come quadri” quindi considerate come beni culturali naturali, come “pitture in natura”. Questa precisazione era stata indispensabile per far considerare il paesaggio come componente del patrimonio culturale.  Si ricorda che almeno fino alla metà del ‘900 il paesaggio era un quadro, infatti anche nei dizionari dell’epoca alla parola “paesaggio” si recitava: “quadro”.
Altro aspetto da evidenziare è la presenza della tutela su “ville parchi e giardini” sia nella L.1089 che nella L.1497.
Con la Costituzione del 1948 la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico hanno preso la forma di principio fondamentale dello Stato, infatti l’art. 9 della Costituzione Italiana, al secondo comma stabilisce che la Repubblica “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Nel 1985 la Legge 431/85 detta Galasso, estese la tutela paesaggistica da specifiche aree individuate con decreto ministeriale, come previsto dalla L. 1497/39 ad intere categorie di beni ambientali: boschi, aree contermini a fiumi, laghi montagne, parchi etc. e rappresenta il passaggio dalla tutela delle bellezze naturali a quello dei beni ambientali come beni culturali. E’ interessante notare come la legge L 431/1985 rappresenti lo specchio della maggiore sensibilità verso l’ambiente ed un’assunzione di responsabilità collettiva verso questi temi, da parte del nostro Paese. 
Antonio Cederna, decenni prima parlava già degli scempi fatti o in corso: “Gli italiani, in generale, non hanno mostrato di amare la propria terra, sono stati e sono artefici e vittime d’un società fondata sulla crescita indiscriminata, sullo spreco e sul consumo di beni, tra cui spicca il territorio che è certamente “il bene più prezioso perché scarso e limitato”.
Nel 1999, nel cosiddetto “Testo Unico” (D.Lgs. 490/99-disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali) vengono semplicemente unite sotto il nome di “Beni Ambientali” le leggi del “39 e quella del 1885.
Come possiamo notare le parole: “bellezza naturale e panoramica”, “territorio”, “ambiente” “paesaggio” sono stati, e sono, spesso usati, come sinonimi.
Nel 1999 a Roma si svolge il Primo Convegno Nazionale sul paesaggio.

(SEGUE)