I “Diamanti di Pistoia”

di Luciana Bigliazzi, Lucia Bigliazzi
  • 01 March 2017
Fra nove città finaliste, Pistoia è stata scelta ad essere, nel corso del 2017, Capitale italiana della cultura.
Da sempre crocevia di contatti fra gli uomini e scambi commerciali, Pistoia rappresenta un vero e proprio gioiello (purtroppo nemmeno poi tanto conosciuto) incastonato fra il verde e l’abbraccio dei monti che la cingono. Ancora adesso la città è una fra le poche italiane che può vantare zone agricole attorno al proprio centro storico: un valore aggiunto di cui anche nel passato c’era stata consapevolezza, tanto che Pistoia veniva definita città “bella, abbondante, nobile, antica, amena, illustre” (Domenico Cini, 1737).
Se oggi, grazie a questa investitura, il valore di una città come Pistoia e del suo fecondo territorio, sembra aver in qualche modo recuperato l’attenzione di molti distratti, nel passato uomini illustri, pensatori, letterati, botanici, viaggiatori ne disegnarono e ne descrissero la bellezza, la ricchezza, la singolarità.
Antonio Maria Matani, nato e morto a Pistoia (1730-1779) fu uno fra questi.
Uomo e scienziato di vivacissimo ingegno, si accinse, a metà del secolo XVIII, ad una possente opera educativa, componendo il suo corposo trattato Delle produzioni naturali del territorio pistoiese che vedeva la luce in Pistoia per i tipi di Atto Bracali nel 1762.
Lavoro “Istorico e Filosofico” come annotava nella Prefazione, volto a sollecitare i suoi concittadini alla conoscenza e conseguentemente alla cura ed attenzione verso il territorio nel quali essi vivevano.
Ma anche scopo pratico teso a creare un rapporto fra uomo e territorio improntato all’utile:
 “Io bene mi avvedo riuscire molto credibile che se attentamente si considerasse che un Uomo spesso occupato è di rado un cattivo ed inutile Cittadino, crescerebbe in molti questa lodevole premura di osservare le produzioni più familiari, e tutto ciò che potrebbe rendere molto agevole la introduzione delle Arti più vantaggiose”.
Un’opera completa come egli teneva a sottolineare nella quale aveva voluto descrivere la “generale costituzione della Città e territorio di Pistoja”, le “Meteore” cui esso andava soggetto; i “Vegetabili più particolari” ed infine gli “Animali più pregevoli”.
Sottolineava ancora di aver esposto “il tutto con Filosofica ed Istorica semplicità”. Corredava inoltre il suo lavoro di una carta topografica del territorio pistoiese da lui direttamente controllata sul posto ed elegantemente disegnata dal pistoiese Francesco Bracali.
Il Capitolo V era interamente dedicato ai Cristalli di Monte “volgarmente addimandati Diamanti di Pistoja”, di grandezza e splendore variabili. Solitamente bianchi erano rintracciabili sia sulle vette più alte, sia in quelle più basse “bizzarramente distribuiti nelle tortuose Vene impiantate nei filoni della Pietra principalmente Arenaria” come egli aveva di persona osservato percorrendo quel territorio, dal Lago Scaffaiolo, alle montagne di San Marcello, Lizzano, Spignano, Gavinana, ed ancora al Monte Crocicchio, a Sambuca, a Badia a Taona, a Pracchia, Uzzo, Casale, Lamporecchio.
Iridi cristalline, o Gemme lucide”, i “Diamanti di Pistoia” potevano essere largamente utilizzati nell’arte vetraria e molti altri lavori avrebbero potuto “formarsene”: primo fra tutti quello di realizzare dei monili per le signore.
Sarebbe stato sufficiente renderli levigati e brillanti “in guisa che si confondessero” con quelli portati “al collo, alle orecchie, e nelle dita dalle Donne per accrescimento della bellezza, di cui quel Sesso debole fa molta pompa”. Matani ne aveva osservati alcuni molto ben lavorati ed incastonati in anelli presso l’amico concittadino Francesco Mosi, tutti belli e  “assaissimo dilettevoli” allo sguardo.
Al beneficio di avere in loco la materia da lavorare, si aggiungeva anche quello di risparmiar denaro nell’acquisto di “Gioje false” fatte venire da fuori:
“Per la qualcosa io sono di avviso, che molto risparmierebbero di Danaro i Pistojesi, e gli abitatori de i Luoghi circonvicini se in vece di provvedere le Gioje false di Francia, di Venezia, e di Genova pensassero soltanto a fare uso di quei Diamanti, che si producono abbondevolmente nelle loro Montagne”.


FOTO: Antonio Maria Matani, Delle produzioni naturali del territorio pistoiese, In Pistoia, nella stamperia di Atto Bracali, 1762