In molte aree del Mezzogiorno, e in particolare nella Sicilia sudorientale, l’abbandono delle serre costruite negli anni del massimo sviluppo orticolo ha generato una serie di criticità agronomiche e paesaggistiche tutt’altro che marginali. Strutture in disuso, spesso deteriorate, hanno lasciato in eredità suoli impoveriti, compattati, con ridotta sostanza organica e una funzionalità ecosistemica compromessa. Il progressivo declino della redditività orticola, unito ai costi di manutenzione e smaltimento delle strutture, ha accentuato il fenomeno, trasformando intere aree in spazi agricoli residuali che necessitano di nuovi modelli produttivi capaci di rigenerare la fertilità e ricostruire un equilibrio biologico minimo. In questo contesto così fragile, alcune esperienze sperimentali stanno mostrando che anche colture tradizionalmente considerate “esotiche” possono offrire opportunità tecniche e ambientali interessanti, soprattutto quando inserite in sistemi colturali orientati alla rigenerazione del suolo. È il caso della coltivazione del caffè sviluppata negli ultimi vent’anni all’interno di una ex serra nel territorio di Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa: un progetto nato quasi per intuizione, che oggi rappresenta la più estesa piantagione di Coffea arabica presente in Italia.
La cosiddetta Finca Balistrieri affonda le sue radici in un esperimento avviato da Giovanni Balistrieri in una serra dismessa, dove furono trapiantati i primi 60 esemplari. La gestione agronomica ha progressivamente trasformato quello spazio degradato in un sistema produttivo complesso, con circa 600 piante distribuite su un ettaro e un insieme colturale che integra specie tropicali come papaya, mango e platano con colture autoctone e leguminose. La presenza di più stratificazioni vegetali, la pacciamatura organica a lettiera permanente e l’assenza di lavorazioni profonde hanno determinato un aumento misurabile della sostanza organica e una migliore struttura del suolo, invertendo il processo di impoverimento tipico delle serre abbandonate. Il caffè, a differenza delle colture annuali che caratterizzavano questi territori, è una specie longeva, capace di stabilizzare il terreno e richiedere interventi colturali più delicati ma meno invasivi. La coltivazione in serra, con ombreggiature estive e aperture calibrate, consente di mitigare le escursioni estreme e riprodurre condizioni prossime a quelle richieste dall’arabica, mentre la gestione fitosanitaria si basa interamente su insetti utili e su pratiche a basso impatto. Parallelamente, una costante sperimentazione varietale ha permesso di identificare le linee genetiche più adatte all’ambiente mediterraneo, favorendo così un processo di acclimatazione stabile.
Accanto all’aspetto agronomico, la Finca Balistrieri ha sviluppato un approccio molto accurato alla trasformazione del caffè, applicando metodiche tipiche degli specialty coffee. La selezione manuale delle drupe, le fermentazioni anaerobiche controllate in sistemi chiusi, l’essiccazione fino a un’umidità del 10–12% e la conservazione del caffè in pergamino prima della tostatura sono tutte operazioni che richiedono precisione, ma che permettono di ottenere un prodotto qualitativamente competitivo. I punteggi in cupping, stabilmente sopra gli 80 punti, dimostrano che il caffè può essere non solo coltivato, ma anche valorizzato sul piano sensoriale in un contesto mediterraneo, con profili aromatici riconoscibili e distintivi. Questa attività ha favorito la nascita di uno spazio di formazione e divulgazione: torrefattori, ricercatori e baristi provenienti da diversi Paesi visitano la piantagione per osservare dal vivo le fasi fenologiche della Coffea arabica, partecipare alla raccolta e sperimentare i processi post-raccolta. Ciò riduce la necessità di viaggi verso le aree tropicali e consente di costruire una conoscenza diretta di una filiera normalmente lontana dai luoghi di consumo.
L’esperienza siciliana non si limita a dimostrare la possibilità di coltivare caffè in Italia; propone piuttosto un modello replicabile nelle aree in cui la presenza di serre in abbandono richiede interventi di rigenerazione. L’idea di combinare una coltura perenne ad alto valore aggiunto con specie tropicali e autoctone, riducendo al minimo gli input esterni e reintroducendo materia organica nel suolo, offre una prospettiva concreta per riattivare territori marginalizzati. Anche la valorizzazione di sottoprodotti come la cascara o le foglie, impiegate per infusi molto richiesti nel mercato specialty, amplia le possibilità economiche di queste coltivazioni.
In definitiva, ciò che emerge dalla Finca Balistrieri non è soltanto l’immagine curiosa di un caffè “made in Sicilia”, ma un esempio di come infrastrutture rurali degradate possano essere riconvertite in sistemi produttivi innovativi, capaci di generare conoscenza, rigenerare suoli e costruire un valore aggiunto reale. Un percorso ancora in evoluzione, ma che indica una direzione credibile per il futuro agricolo di molte aree del Sud.
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Queste informazioni e altri approfondimenti sono disponibili nella sezione “InnovainAzione”, curata da ISMEA, all’interno del portale Innovarurale, ideato dalla Rete Rurale Nazionale.
Il Catalogo delle innovazioni in campo vuole stimolare la condivisione di esperienze significative e rappresentare uno stimolo per la nascita di nuove idee e per l'implementazione delle stesse in ambiti agricoli simili e differenti.