Olivi e microbi alleati contro la siccità

di Andrea Visca, Gaetano Perrotta, Luciana Baldoni, Ornella Calderini, Annamaria Bevivino
  • 10 December 2025

La siccità rappresenta una minaccia crescente per la coltivazione dell’olivo nelle regioni del Mediterraneo, dove la disponibilità idrica è sempre più limitata a causa dei cambiamenti climatici. Gli scenari prevedono un aumento della temperatura e una modifica dei modelli di precipitazione, con conseguente incremento dell’evaporazione, riduzione dell’acqua disponibile nel suolo, oltre incremento della salinità dei terreni. La capacità delle piante di affrontare condizioni di stress idrico dipende non solo dalle loro caratteristiche fisiologiche, ma anche dalle interazioni complesse con i microrganismi presenti nel suolo e nelle radici, veri e propri “alleati invisibili” che aiutano le piante a resistere quando l’acqua scarseggia. Nell’ambito del progetto BIOMEnext - Modelling integrated biodiversity-based next generation Mediterranean farming systems, finanziato dal programma PRIMA 2021 (Partenariato per la ricerca e l’innovazione nell’area del Mediterraneo), i ricercatori hanno esplorato il microbioma del suolo e associato alle radici di genotipi di olivo tradizionali e autoctone, per esempio gli olivi selvatici, ovvero cultivar che mostrano una certa resilienza allo stress idrico, al fine di sviluppare nuovi consorzi di microrganismi benefici in grado di aumentare la tolleranza delle piante ai cambiamenti climatici, una sfida importante per l'agricoltura. In particolare, sono stati scelti oliveti situati nell’Italia centrale, nei pressi di Perugia, in due siti sperimentali: Boneggio e Lugnano. I ricercatori hanno analizzato la resilienza e l’adattamento funzionale dei microrganismi presenti nelle radici e nel suolo di quattro cultivar di olivo (Arbequina, Koroneiki, Chemlal de Kabilye e Shengeh, originarie rispettivamente dalla Spagna, Grecia, Algeria e Iran), confrontando condizioni di irrigazione normale con stress idrico prolungato, in diverse stagioni dell’anno. Le prime due cultivar (Arbequina e Koroneiki) sono state riportate in letteratura come più sensibili alla siccità rispetto alle ultime due (Chemlal e Shengeh). Il progetto, coordinato dall’Università di Perugia, vede la partecipazione di ENEA e di altri partner provenienti dalla Francia, Libano, Marocco, Spagna e Tunisia. Lo studio ha evidenziato che nel suolo il microbioma rimane relativamente stabile anche in condizioni di siccità, grazie alla ridondanza funzionale delle comunità microbiche; invece, il microbioma rizosferico ed endofitico cambia: la pianta seleziona i batteri più utili a resistere alla mancanza di acqua, migliorando così la sua tolleranza alla siccità. Questo processo favorisce un migliore assorbimento dei nutrienti e rafforza le radici, migliorando la capacità della pianta di trattenere l’acqua. I ricercatori suggeriscono che le radici dell’olivo siano in grado di selezionare attivamente i microrganismi più utili attraverso il sistema radicale, grazie agli essudati radicali, arricchendo così il microbioma di taxa capaci di mitigare gli effetti della siccità, svolgendo funzioni chiave come la fissazione dell’azoto, la chemotassi e la produzione di fitormoni. Tale selezione consente alle piante di migliorare l’assorbimento dei nutrienti in condizioni di disponibilità limitata e di rafforzare le strutture radicali, aumentando la ritenzione idrica. Tra i batteri più rilevanti, i generi Solirubrobacter, Microvirga e Pseudonocardia emergono come veri protagonisti della risposta alla siccità.  Questi microrganismi svolgono funzioni complementari, tra cui il riciclo dei nutrienti, la fissazione dell’azoto e la modulazione degli ormoni vegetali. La loro presenza suggerisce che possano essere impiegati come base per consorzi microbici sintetici progettati per rafforzare la tolleranza alla siccità delle piante e migliorare la produttività degli oliveti mediterranei. Attraverso la formulazione di comunità sintetiche (SynComs) che replicano il microbioma identificato, queste soluzioni potrebbero essere applicate direttamente sul campo per supportare la salute e la produttività delle piante in condizioni di stress idrico. I risultati dello studio offrono nuove conoscenze ecologiche ed un vero e proprio manuale operativo per l’agricoltura sostenibile. Dal punto di vista applicativo, i risultati aprono interessanti prospettive per l’agricoltura mediterranea: dall’integrazione di approcci basati sul microbioma, come consorzi microbici o inoculanti mirati, alla selezione di cultivar capaci di attrarre associazioni microbiche favorevoli, al fine di sostenere la produttività in condizioni di scarsità idrica. La comprensione dei meccanismi con cui i microrganismi supportano le piante apre la strada a strategie naturali per aumentare la resilienza degli olivi, senza ricorrere esclusivamente a interventi chimici o irrigazioni intensive. In questo modo, le interazioni tra pianta e microbioma possono diventare soluzioni naturali per aumentare la produttività e la sostenibilità degli agroecosistemi mediterranei in un clima sempre più arido.

Per approfondimenti, scarica l’articolo pubblicato sulla rivista Applied Sciences al link: https://www.mdpi.com/2076-3417/15/17/9667 

Maggiori informazioni sul progetto BIOMEnext al sito: https://biomenext2.netsons.org/index.php/it/