Sensibilità e coscienza ecologica si collocano sempre più in una prospettiva planetaria (Edgar Morin) (1) e invitano a ripensare gli assetti produttivi, economici, sociali, giuridici per una accresciuta consapevolezza del momento presente e dei necessari impegni per il futuro.
In quest’ottica anche i produttori e i consumatori di alimentari sono chiamati a declinare e orientare la produzione e il consumo secondo un’etica della responsabilità e della solidarietà che dovrebbe esprimersi anche nella comunicazione intorno al cibo.
Tuttavia, già le Directives relatives à la fourniture d’informations sur la durabilité des produits del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente del 2017 (2) evidenziavano il dilagare del fenomeno del «greenwashing» termine che, come si legge nel documento citato, “deriva dalla parola «whitewashing» (imbiancare-lavare bianco)”, che collega green (vert) et whitewash (imbiancatura), e che individua il “tentativo di indurre in errore il consumatore vendendogli prodotti presentati come più rispettosi dell'ambiente di quanto non siano in realtà.”. Tale pratica si può manifestare con esagerazioni o false descrizioni di prestazioni ambientali o con comunicazioni impossibili da verificare, o poco pertinenti o false. L’ingannevolezza del messaggio può coinvolgere, però, non solo il contesto ambientale ma anche quello sociale, economico ed etico inducendo i consumatori a comportamenti errati e penalizzando i produttori che abbiano adottato pratiche corrette.
In ambito unionale nel 2021 anche la Comunicazione interpretativa della Commissione (3) sulla dir. Ce 29/2005, relativa alle pratiche sleali delle imprese nei confronti dei consumatori (4), ha posto l’accento sul «greenwashing», consistente nella “creazione di un'immagine «verde” sulla base di indebite vanterie”. Nella Comunicazione si fa espresso riferimento allo screening dei siti web condotto nel 2020 dalla Commissione e dalle autorità nazionali per la tutela dei consumatori, che ha rivelato l’ampia diffusione di dichiarazioni ecologiche vaghe, esagerate, false o ingannevoli (5).
È in questo contesto che è stata elaborata la direttiva (dir. UE 2024/825) sulla “responsabilizzazione dei consumatori verso la transizione verde” che ha modificato e integrato il testo della disciplina sulle pratiche sleali (6).
Il Convegno “Evitare il Greenwashing. Verso una comunicazione green corretta?”, che si è svolto a Pisa il 28 novembre 2025 presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali, ha inteso presentare, a vent’anni dall’emanazione della direttiva sulle pratiche sleali e in considerazione della recente modifica, un’analisi giuridica su ciò che accade nel settore alimentare per riflettere sui limiti e le opportunità degli interventi legislativi e di autoregolamentazione, sulle capacità di discernimento del consumatore e sulle frontiere fra la comunicazione “verde” lecita e quella illecita.
In un momento in cui si assiste ad una forte presa di coscienza in campo ambientale, sociale, economico e etico, a fronte delle potenzialità straordinarie che possono essere riconosciute alla comunicazione corretta, si palesa il rischio che il diffondersi di comunicazioni ingannevoli possa indurre i consumatori a considerare i comportamenti “virtuosi” solo come uno stratagemma per aumentare le vendite o che vengano proposte e accettate versioni banalizzate e diluite di concetti complessi aumentando la diffidenza dei consumatori e una concorrenza “al ribasso” fra produttori.
Scarica: NOTE.pdf