“Dialoghi sul suolo e l’acqua”: L’importanza del suolo per conservare la biodiversità

Dialogo con Livia Vittori Antisari – Professore Ordinario, Università di Bologna

di Marcello Pagliai e Livia Vittori Antisari
  • 03 December 2025

Dedicato alla Giornata Mondiale del Suolo nata in Tailandia nel 2002 su proposta dell’International Union of Soil Sciences (IUSS), ma solo nel 2013 le Nazioni Unite ne hanno reso ufficiale la celebrazione il 5 dicembre di ogni anno.

Pagliai – Cara Livia quante volte ribadiamo che nel suolo troviamo oltre il 90 % della biodiversità del pianeta in termini di organismi viventi? Tutte le volte che ne abbiamo l’opportunità! Per anni siamo stati inascoltati o quasi; ora la situazione sembra cambiata: intanto si è preso atto dello stato di sofferenza dei suoli e della biodiversità, da qui i recenti provvedimenti e direttive dell’Unione Europea tendenti ad affrontare tali problemi. Fa piacere notare che, oltre a queste iniziative, vengano promossi anche progetti che affrontano anche le problematiche del suolo, anche se in tema di biodiversità del suolo c’è ancora molto da fare e per questo è importante promuovere attività. Mi fa veramente piacere il tuo coinvolgimento nell’attività del National Biodiversity Future Center (NBFC) del PNRR e in particolare nella tematica riguardante strategie e strumenti per la conservazione della biodiversità di aree protette e come aumentarne la superficie: ci vuoi spiegare a grandi linee di cosa si tratta e le finalità.

Vittori Antisari – Caro Marcello ti ringrazio molto per la gradita attenzione e per potere divulgare questa esperienza di ricerca all’interno dello spoke “terrestre” 4.4 del NBFC, che ha il fine di individuare strumenti per la pianificazione e gestione della conservazione della biodiversità, in riferimento principalmente alle aree protette italiane.
Prima di entrare nel merito vorrei però condividere con te una grande preoccupazione. È vero, come dici, che il suolo stia ricevendo molte attenzioni, a scapito però di una scorretta semplificazione o, peggio ancora, di una banalizzazione di un sistema in realtà complesso. Meglio ancora un “ecosistema complesso” come evidenziato dal fatto che alla formazione ed evoluzione di un suolo contribuiscono fattori di natura chimica, fisica e biologica che interagiscono con la pluralità dei comparti ambientali quali da esempio microbiologici, entomologici, zoologici, botanici, selvicolturali, morfo-litolgici, geo-idrologici, senza dimenticare la sempre più accentuata interferenza antropica. Molte volte, e sempre più spesso nei consessi scientifici, non si riconosce al suolo il ruolo centrale negli equilibri ambientali. Si omette di considerare il suolo come un continuum all’interno del territorio da declinarsi come interazione dei fattori della pedogenesi e derivato dai diversi processi pedogenetici innescati dall’incidere dei fattori stessi. Oggigiorno, la variabilità spaziale dei suoli considerata è solo superficiale, vengono usate immagini satellitari per costruire modelli e per valutare la variazione delle proprietà del suolo, ignorando completamente la variabilità verticale genetica dei suoli, dettata dalla loro profondità, fino al contatto litico.
Ti faccio un esempio: nel 2020 è stata pubblicata una review in cui gli autori hanno preso in considerazione di come sia stata presentata la profondità del suolo in pubblicazioni scientifiche di quattro importanti riviste internazionali di scienza del suolo, nel trentennio 1989-2019. Sono stati esaminati 1146 articoli, ma solo nel 37% vengono riportate informazioni legate alla profondità di campionamento dei suoli e di questi solo il 41% con riferimenti ad un determinato sistema tassonomico per la sua classificazione. Dove il dato è riportato si è potuto evidenziare che mentre nel secolo passato lo studio del suolo si spingeva fino ad una profondità media di 53 cm, attualmente è scesa ad un valore medio di 24 cm. Un altro aspetto della ricerca ha mostrato che se lo studio riguarda la mineralogia del suolo l’osservazione viene spinta ad una profondità media di 74 cm, al contrario se l’indagine riguarda la biologia del suolo o la valutazione della biodiversità, la profondità di osservazione scende ad un valore medio di 18 cm. Infine oltre l'80% dei suoli è stato campionato in base a profondità fissa e non in base alla potenza e alla sequenza degli orizzonti genetici del suolo.
La biodiversità del suolo, sia che si parli di pedofauna che di comunità microbiche, utilizza specifici “pedo-habitat” in cui svolge le proprie funzioni vitali, e questi sono influenzati dalle pressioni esercitate sia dai processi pedogenetici in atto sia dai “disturbi” antropogenici. Le funzionalità ecologiche del suolo, che derivano dall’attività delle comunità microbiche, così come la loro caratterizzazione genetica devono essere inserite e studiate all’interno dei complessi processi di genesi ed evoluzione del suolo e lungo tutto il profilo, non possiamo fermarci certo ai millimetri superficiali delle immagini satellitari, o dei pochi centimetri superficiali di campionamento, in uso oggigiorno, per costruire modelli e scrivere le politiche di monitoraggio e di conservazione della risorsa.
Nel progetto PNRR del National Biodiversity Future Centre sono partita dalla consapevolezza del ruolo del suolo e che per salvaguardare la biodiversità, vegetale e animale, delle aree protette sia necessario mappare la diversità dei suoli, dotando quindi gli Enti Parco di carte dei suoli, partendo dalla definizione delle Unità di Paesaggio per un corretto monitoraggio ed organizzazione delle campagne di campionamento. Il suolo deve diventare veramente il nodo degli equilibri ambientali, quindi crocevia della biodiversità vegetale, animale, microbica che è fondamentale per definire sia i servizi ecosistemici sia le vulnerabilità del territorio.

Pagliai – Quali sono le attività e i risultati salienti fin qui ottenuti? 

Vittori Antisari – Siamo partiti dagli studi pregressi di quasi 20 anni su un territorio che mi è molto caro, l’alto crinale appenninico del comprensorio di Monte Cimone-Corno alle Scale, che interessa due Parchi Regionali. Abbiamo normalizzato il nostro cospicuo dataset esistente, derivato da diversi progetti, e abbiamo programmato diverse campagne di rilievo nelle estati 2023 e 2024, specifiche per l’obiettivo della costruzione della carta dei suoli. Le campagne pedologiche sono state programmate dopo aver elaborato, mediante idoneo sistema informativo geografico (GIS), le “Unità di Paesaggio” sia delle due aree parco di alto crinale sia di area vasta. Le Unità di Paesaggio (UdP) sono il risultato delle interazioni tra i caratteri ambientali che in qualche modo possono venire assimilati ai fattori della pedogenesi. Le UdP sono state costruite dagli incroci tra gli strati informativi di litologia, uso del suolo, morfologia (quota, pendenza ed esposizione), e sono fondamentali per la definizione della strategia di campionamento, soprattutto in area montana, per una distribuzione territoriale del posizionamento dei profili di suolo. Questa estate faremo un ulteriore campionamento per individuare quali possono essere i fattori ambientali trainanti della maggiore diversità tassonomica dei suoli (presenza di Inceptisuoli, Mollisuoli e Alfisuoli) in aree relativamente ristrette.
Si sono inoltre utilizzate le tecniche proprie del “digital soil mapping”, che William Trenti, giovane dottorando afferente al gruppo di pedologia di UNIBO, ha potuto approfondire durante il suo soggiorno di studio all’Università dello Utah in USA, mettendo a punto algoritmi idonei per la costruzione predittiva della cartografia dei suoli dei nostri areali montani e validandola con il dataset esistente.
Nelle ultime campagne pedologiche di aperura e descrizione dei profili, inoltre, si è provveduto anche al campionamento in sterilità per l’indagine metagenomica delle comunità microbiche lungo tutti gli orizzonti genetici del profilo. Cominciamo ad avere una quarantina di profili completi per più di 200 campioni di analisi metagenomiche e stiamo concludendo le informazioni biochimiche sulla funzionalità ecologica dei diversi orizzonti in collaborazione con l’Università della Tuscia. Interessante notare come i phyla delle comunità microbiche siano influenzate dalle caratteristiche chimico-fisiche dei suoli (argilla, pH, grado di saturazioni in basi) che sono guidate principalmente dalla litologia. Le diverse formazioni arenacee del comprensorio conferiscono ai suoli caratteri di acidità innescando anche processi di lisciviazione, mentre l’affioramento di argille, marne, così come i livelli pelitici intercalati a quelli arenacei, anche in presenza di carbonati, evidenziano pH neutri ed alcalini e saturazioni in basi superiori al 60%. Infatti, soprattutto queste ultime due variabili guidano la distribuzione dei diversi phyla batterici, che si rilevano sensibili ai processi di decarbonatazione/acidificazione e lisciviazione cambiando la composizione delle comunità lungo il profilo di suolo. Molto più complessa l’interazione fungina, evidenziando una rete trofica che si sviluppa non solo superficialmente ma anche negli orizzonti minerali profondi, che dipende sia dall’uso del suolo che dai processi pedogenetici in atto. Gli orizzonti profondi a contatto con la roccia evidenziano sia presenza di batteri e funghi, sia di attività enzimatiche, e devono quindi essere presi in considerazione nelle ricerche sia di biodiversità che di conservazione, sequestro di carbonio e funzionalità ecologica dei suoli in ambiente agro-forestale.

Pagliai – C’è ancora tanto da fare, come dicevo prima, e proprio in questa ottica quali sono le prospettive future?  

Vittori Antisari – Le tematiche di pedodiversità/biodiversità che si sono sviluppate all’interno del National Biodiversity Future Centre rimangono centrali per la ricerca futura. I prossimi anni saranno dedicati allo studio e agli approfondimenti delle interazioni tra suoli e funzionalità ecologica legata principalmente ai diversi cicli biogeochimici, e il loro ruolo nell’offrire servizi ecosistemici. Queste interazioni devono essere messe in relazioni con gli organismi che vivono nel suolo sia di pedofauna che delle comunità batteriche e fungine, per approfondire il loro ruolo nella genesi ed evoluzione dei suoli montani e nello svolgere funzioni ecologiche fondamentali.
Le elaborazioni delle UdP e di “digital soil mapping” sono state effettuate anche nell’area del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, e sono state già eseguite alcune campagne pedologiche. Vorremmo ulteriormente evidenziare agli Enti Parco l’importanza della conoscenza dei suoli e dei servizi ecosistemici da loro svolti e la necessità di dotarsi di carte del suolo e derivate per la pianificazione e gestione della conservazione di tutta la biodiversità presente nel territorio, compresa quella dei suoli, che non sempre sembra interessare, ma che dovrebbe essere la base anche degli studi e delle politiche legati al dissesto idrogeologico.
La divulgazione del suolo in ogni ambito sociale e educativo è da sempre un mio importante obiettivo che cerco di perseguire, cogliendo le diverse occasioni. In particolare, la collaborazione tra pedologi UNIBO e zoologi di UNIMORE, iniziata all’interno del NBFC, ha permesso all’Ente Parco Emilia Centrale di vincere il progetto "BIOdiversity BEtween the ROOTS (BIOBEROOTS)” che ha la finalità di divulgare la conoscenza dei suoli e la biodiversità dei taxa della pedofauna nel comprensorio appenninico di Monte Cimone attraverso sia la cartografia interattiva dei suoli con la creazione di una piattaforma informatica, sia con l’allestimento di monoliti di suoli, per mostrarne le caratteristiche morfologiche e la descrizione degli orizzonti, insieme al repertorio dei taxa principali della pedofauna, che vive una parte o tutto il ciclo vitale nel suolo. Si prevede a questo scopo la creazione e l’allestimento di una stanza attrezzata come “museo” del suolo e della sua biodiversità all’interno dello splendido comprensorio della Rocca di Sestola, fruibile sia per le scuole che per i villeggianti e cittadini.