Una delle più importanti sfide che l’agricoltura moderna si trova ad affrontare è limitare il proprio impatto sull’ambiente, sulla biodiversità e sulla salute umana mantenendo al contempo un elevato standard produttivo come richiesto da consumatori sempre più attenti ed esigenti. Questa sfida rappresenta un elemento cruciale della protezione delle colture dalle avversità biotiche. Infatti, accanto alla costante riduzione del numero di sostanze attive disponibili per contrastare fitofagi e patogeni, gli operatori si trovano a fronteggiare molteplici introduzioni accidentali di specie alloctone invasive, che rendono il contesto della gestione fitosanitaria sempre più complesso. Pertanto, la ricerca scientifica è chiamata a individuare e sviluppare nuove soluzioni di difesa alternative all’uso della chimica, la cui efficacia può essere garantita solo attraverso l’integrazione di tecniche e approcci diversi, compatibili tra loro e possibilmente capaci di operare in sinergia.
Un esempio ideale per descrivere tale scenario è l’agroecosistema vigneto. In Italia, la produzione vitivinicola rappresenta un comparto produttivo di primaria importanza, con 30.000 imprese che occupano 74.000 persone, con un fatturato annuo che raggiunge i 16 miliardi di euro. Inoltre, una rilevante percentuale di aziende opera in regime di agricoltura biologica; queste aziende necessitano in particolar modo di soluzioni operative efficaci e a basso impatto ambientale. Non ultimo, il ruolo sociale della viticultura italiana sta assumendo un’importanza sempre maggiore: basti pensare ai numerosi territori vitivinicoli italiani divenuti patrimonio Unesco, come Langhe, Roero e Monferrato in Piemonte, la val d’Orcia in Toscana, e le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene in Veneto. In un tale contesto, la viticoltura italiana deve fronteggiare numerose avversità biotiche e abiotiche che minacciano seriamente le sue produzioni di eccellenza; d’altro canto, l’elevato valore produttivo del comparto, unito alla continua ricerca di nuove soluzioni tipica dei viticoltori italiani, fornisce l’opportunità di costruire protocolli gestionali caratterizzati dall’integrazione di strategie innovative e a basso impatto ambientale.
La difesa del vigneto dagli insetti dannosi, pur rimanendo fortemente dipendente dalla lotta chimica, può fare affidamento su diversi metodi alternativi che possono affiancarla. Un esempio emblematico in tal senso è rappresentato dai territori dell’Italia centro-settentrionale, nello specifico nell’area che comprende importanti regioni viticole come il Piemonte, la Liguria, la Valle d’Aosta, la Lombardia, il Veneto, il Trentino Alto-Adige, Il Friuli-Venezia Giulia, l’Emilia-Romagna e la Toscana. Queste regioni sono caratterizzate dalla presenza diffusa di focolai di Flavescenza Dorata, causata da fitoplasmi del gruppo tassonomico 16SrV, soggetti a lotta obbligatoria ai sensi dell’Ordinanza Ministeriale n. 4 del 22/06/2023, attraverso due-tre trattamenti insetticidi per stagione contro il vettore Scaphoideus titanus. Inoltre, in molte di queste regioni si sta recentemente diffondendo lo scarabeo giapponese Popillia japonica, che presenta una elevata preferenza per la vite ed è in grado di produrre ingenti defoliazioni, con effetti devastanti per i vigneti colpiti. Se da un lato gli interventi contro questi insetti offrono l’opportunità di colpire anche altri fitofagi attivi in vigneto contemporanea a quelli bersaglio (come, ad esempio, le cicaline verdi e gialle), dall’altro la costante pressione insetticida può minacciare la biodiversità dell’agroecosistema vigneto, essenziale per mantenere un equilibrio biocenotico garantendo i servizi ecosistemici ad esso associati. Pertanto, l’esposizione agli insetticidi, soprattutto se si pensa alle sostanze attive ad ampio spettro, rischia di promuovere le pullulazioni di fitofagi secondari, determinando emergenze fitosanitarie aggiuntive. A questo bisogna aggiungere il rischio di insorgenza di fattori di resistenza nelle popolazioni dei fitofagi esposti alla pressione insetticida, che può rapidamente vanificare l’efficacia dei trattamenti. Per questo motivo la viticoltura del centro-nord Italia deve affidarsi il più possibile all’integrazione di diverse soluzioni alternative alla lotta chimica, al fine di ridurre gli effetti negativi determinati dall’uso di insetticidi di sintesi. Un importante campo di azione in questo contesto è l'adozione di soluzioni basate sul comportamento riproduttivo dei fitofagi, in particolare quelli che si affidano alla comunicazione chimica e/o vibroacustica per l’accoppiamento. Per quanto riguarda gli stimoli chimici, i feromoni sessuali vengono utilizzati per strategie di confusione o disorientamento sessuale nei confronti di diversi lepidotteri come le tignole dell’uva Lobesia botrana ed Eupoecilia ambiguella, ma anche di vettori di virus nella famiglia degli pseudococcidi. Per quanto riguarda gli stimoli vibroacustici, strategie di confusione sessuale vibrazionale sono in fase di studio per S. titanus e altre cicaline della vite, con risultati promettenti. Quando anche questa strategia sarà pronta per essere commercializzata, la viticoltura diventerà il primo settore a veder l’integrazione tra l’uso di semiochimici e vibrazioni. Tale integrazione può divenire ancora più ampia attraverso il recente sviluppo di erogatori con serbatoi multipli per la gestione simultanea di più specie.
Un’altra importante risorsa per lo sviluppo di protocolli integrati basati sulla riduzione dell’input chimico è rappresentata dal controllo biologico. Già da tempo sono disponibili formulati a base di Bacillus thuringensis, molto efficaci per il contenimento delle tignole dell’uva. Degne di nota sono anche le recenti attività di sviluppo e ottimizzazione di protocolli basati sull’applicazione di organismi entomopatogeni attivi nei confronti delle larve di P. japonica, al fine di contenere il più possibile l’ingresso e l’invasione degli adulti nei vigneti. Oltre ai microrganismi, molto utile può essere anche l’azione di nemici naturali tra gli artropodi. Per alcuni fitofagi come gli pseudococcidi sono disponibili limitatori adatti ad approcci aumentativi, come il predatore Cryptolaemus montrouzierii (di origine alloctona ma ormai considerato stabilito in Europa) o il parassitoide Anagyrus vladimiri. Anche la lotta biologica classica si è rivelata un approccio vincente nei confronti di alcuni fitofagi, come nel caso del contenimento di Metcalfa pruinosa operato dal parassitoide Neodryinus typhlocybae. Per molti altri insetti dannosi, il controllo biologico in viticoltura segue principalmente le strategie conservative, volte alla promozione di predatori generalisti e parassitoidi oofagi come i mimaridi o i tricogrammatidi.
Infine, occorre ricordare l’importanza delle nuove tecnologie che vengono messe al servizio della gestione fitosanitaria del vigneto. Ad esempio, lo sviluppo di “smart traps” è in fase di studio per rendere immediatamente disponibili le informazioni ottenute dai monitoraggi delle principali specie di fitofagi; l’implementazione dei sistemi di monitoraggio può essere accompagnata dall’applicazione di modelli previsionali, per la calibrazione fine degli interventi attraverso il supporto di dispositivi di supporto decisionale (come già avviene nei confronti di. L. botrana); lo sviluppo di sistemi di distribuzione intelligente degli agrofarmaci può garantire la riduzione della loro dispersione. L’ulteriore implementazione di queste tecnologie risulta sempre più importante anche al fine di contrastare gli effetti che derivano dal cambiamento climatico, che sta rendendo sempre più difficoltosa la coltivazione della vite nell’Europa meridionale. Infatti, l’aumento delle temperature e la scarsa disponibilità idrica, unite ai sempre più frequenti fenomeni climatici estremi, non favoriscono le produzioni di qualità e rendono ancora più dannose le infestazioni ad opera di fitofagi autoctoni e alloctoni. L’applicazione delle più innovative tecnologie per il monitoraggio e la lotta a queste avversità è pertanto fondamentale per salvaguardare le produzioni di eccellenza italiane.