Un nuovo colpo di scena riapre la controversa vicenda della cosiddetta “Guerra dei dazi” che ha sconvolto il commercio mondiale nell’ultimo anno. Un nuovo ordine esecutivo del Presidente degli Usa Trump emanato venerdì 14 novembre elimina le tariffe dei dazi su un certo numero di prodotti alimentari come la carne bovina, il caffè, la frutta tropicale per i quali la produzione interna degli Usa non è in grado di soddisfare la domanda interna.
Si riapre così una questione che non era ancora completamente conclusa e che ha sovvertito profondamente l’ordine degli scambi mondiali di beni e servizi che, faticosamente, ma nel complesso positivamente, era stato raggiunto per quanto riguarda le regole del commercio mondiale e che era ispirato alla trasparenza ed alla multilateralità dei rapporti fra i diversi Paesi. Il gesto di rottura della maggiore potenza commerciale mondiale ha creato un caos negli scambi che ancora deve essere placato e che, con questo provvedimento, si rialimenta, senza una logica generale che favorisca, al contrario, un ritorno alla normalità in una materia che, per sua natura, non è facile da trattare.
Nell’immediato e nell’attesa di vedere quali possano essere le conseguenze ed il seguito di questo nuovo gesto americano si possono formulare alcune riflessioni, con la consapevolezza della loro provvisorietà.
La prima riguarda le modalità seguite ancora una volta dagli Usa nel trattare il tema delle regole degli scambi. Il genere stesso degli “ordini esecutivi” e cioè provvedimenti urgenti, adottati direttamente dal Presidente per questioni di innegabile eccezionalità ed in particolari materie di importanza strategica anche su questioni già normate mal si adatta a tracciare un quadro stabile in una materia molto complessa e articolata come questa. Sin da subito il potere giudiziario negli Usa ha mostrato una forte contrarietà aprendo diverse procedure di annullamento che devono ancora chiudersi e che, considerato il carattere di urgenza degli ordini esecutivi, per il momento non possono impedirne l’applicazione. Dunque la procedura e la natura di questi provvedimenti è, in sé, un fattore di incertezza in un ambito in cui il fattore tempo e la chiarezza sono essenziali requisiti. Perciò ci si chiede, in concreto come e fino a che punto questa apparente marcia indietro possa essere davvero compiuta praticamente con effetti positivi.
La seconda riflessione riguarda il modo di governare della nuova Presidenza Usa che rimane troppo incentrato sugli interventi e sulle idee del Presidente e su un’apparente improvvisazione con cui vengono affrontati i diversi problemi, inclusi quelli di cui parliamo. Su questo, come su altri temi di ben più scottante impatto a livello mondiale, in realtà, è evidente che l’apparato diplomatico e tecnico degli Stati Uniti opera in materia più convenzionale, ma rimane forte la sensazione della prevalenza (apparente?) dell’improvvisazione umorale e caratteriale del modo di agire del Presidente. Il ruolo degli Usa e l’evidente tentativo di Trump di continuare ad esercitare un potere fondamentale in un quadro mondiale sempre più complesso ne risultano sminuiti.
Una terza è relativa alle possibili conseguenze sui mercati mondiali di questa improvvisa inversione di rotta limitata ad un gruppo di prodotti nella fissazione dei dazi. Questi sono da sempre uno strumento di relativa semplicità nel regolare gli scambi, usato sin dalla più remota antichità. La loro forza è la semplicità nelle modalità applicative che li rendeva facili da applicare ed efficaci essenzialmente a fini protezionistici. La loro imposizione di fatto limita gli scambi e frena la crescita del valore complessivamente prodotto. Abbiamo visto in questi mesi che la crescita dell’economia mondiale, nel momento della ripresa dopo le grandi crisi epocali del primo quinquennio degli anni ’20 del 2000, ne ha subito sofferto, perdendo due preziosi punti percentuali e frenando le maggiori economie. Le stesse motivazioni addotte dal Presidente Trump confermano che l’economia degli Usa è in sofferenza ed ha bisogno di avvalersi di prodotti importati dagli altri Paesi per riprendersi.
La storia dell’economia mostra che la funzione protettiva dei dazi in casi del genere non consente riprese se non molto limitate, mentre l’apertura agli scambi con regole chiare e rispettate agisce in senso opposto.
Ovviamente è presto per valutare l’effetto di questo primo passo indietro degli Usa trumpiani, ma è chiaro il forte auspicio che Paesi con potenzialità manifatturiera elevata come l’Italia possano tornare ad operare in un mondo con regole commerciali chiare e in condizioni in cui il proprio vantaggio competitivo possa esprimersi senza balzelli primitivi e controproducenti come i dazi che li frenano.
La crescita economica si alimenta producendo di più e con una produttività più alta e l’Italia sta cercando di farlo in questo periodo per riprendersi dagli effetti delle crisi epocali. I dazi nel tempo agiscono in senso esattamente opposto, anche con le piccole correzioni apportate ora dagli Usa.