“Dialoghi sul suolo e l’acqua”: La direttiva UE sul monitoraggio e la resilienza del suolo

Dialogo con Edoardo Costantini – Past-President dell’International Union of Soil Sciences

di Marcello Pagliai e Edoardo A.C. Costantini
  • 05 November 2025

Pagliai – Caro Edoardo, da decenni ormai la degradazione del suolo è una delle emergenze a livello globale ma, nonostante questo, da una parte a questa risorsa preziosa non è mai stata riservata l’attenzione che meriterebbe e dall’altra aumenta l’aggressività delle azioni antropiche; infatti, ad esempio, è uscito in questi giorni il rapporto annuale dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) sul consumo di suolo dove si certifica il continuo incessante aumento arrivando a un tasso record di 2,7 metri quadrati al secondo di tale consumo! In questo contesto, la direttiva, approvata dal Parlamento Europeo il 23 ottobre 2025, sembra quanto mai opportuna.
Tale direttiva riconosce il suolo come una risorsa vitale, limitata e non rinnovabile su scala umana, fondamentale per l’economia, l’ambiente e la società. Suoli sani sono essenziali per la produzione di alimenti sicuri e nutrienti, la biomassa, la regolazione dell’acqua, il ciclo dei nutrienti, lo stoccaggio del carbonio e la biodiversità. Attualmente si stima che il 60-70% dei suoli dell’Unione sia deteriorato e continui a peggiorare, con costi economici enormi e rischi per la sicurezza alimentare e la salute umana.
Tu hai avuto modo di seguire l’iter di questa direttiva anche grazie al tuo ruolo in seno all’International Union of Soil Sciences e, soprattutto, con le tue interazioni con le Istituzioni Europee, qual è la tua valutazione su questo documento?

Costantini – La direttiva si inserisce nel quadro delle strategie UE (Green Deal, Strategia per la Biodiversità 2030, PAC, ecc.) e degli impegni internazionali (Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, Convenzione sulla desertificazione, Convenzione sui cambiamenti climatici), con l’obiettivo di raggiungere suoli sani in tutta l’Unione entro il 2050, attraverso un sistema armonizzato di monitoraggio dei suoli e una valutazione e gestione dei rischi per i siti contaminati.
L’impostazione è chiaramente tecnico-attuativa: non introduce nuovi obblighi diretti per gli agricoltori o i silvicoltori, ma obbliga gli Stati membri a organizzare un sistema solido di monitoraggio, valutazione, individuazione delle criticità e sostegno mirato alle pratiche migliorative. La logica è quella di rendere quello della salute e gestione del suolo un tema strutturato, tracciabile e sorvegliato al pari dell’acqua e dell’aria, coerente con PAC, direttiva nitrati, biodiversità, cambiamenti climatici e piani di adattamento.
Nel testo sono previste alcune definizioni, tra cui è interessante quella di “suolo”: strato più superficiale della crosta terrestre situato tra il substrato roccioso o il materiale parentale e la superficie terrestre, costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi; di “salute del suolo”: le condizioni fisiche, chimiche e biologiche del suolo che ne determinano la capacità di funzionare come un sistema vivente essenziale e di fornire servizi ecosistemici; di “resilienza del suolo”: la capacità del suolo di preservare le proprie funzioni e mantenere le proprie capacità di fornire servizi ecosistemici, nonché di resistere alle perturbazioni e riprendersi dalle stesse.

Pagliai – Quali sono, a tuo avviso, gli aspetti più salienti di questa direttiva?

Costantini – Le principali disposizioni sul monitoraggio e valutazione della salute del suolo prevedono che gli Stati membri istituiscano un quadro di monitoraggio del suolo basato su distretti e unità di suolo e che copra l’intero territorio nazionale. Sono previsti indicatori di salute del suolo fisici, chimici e biologici, con criteri comuni a livello UE e adattamenti nazionali. Le autorità pubbliche dovranno identificare le aree in cui i criteri di salute del suolo non sono soddisfatti, e individuare i distretti dove è necessario un supporto operativo. Ciò significa che l’agricoltura e la silvicoltura verranno monitorate e ci sarà una individuazione dei territori a rischio, su queste aree scatterà una priorità di intervento pubblico (formazione, supporto tecnico-finanziario, facilitazione di investimenti, eventuali misure PAC più mirate).
È importante sottolineare l’attenzione rivolta al recepimento della direttiva da parte degli agricoltori. Il testo riconosce esplicitamente che gli agricoltori svolgono un ruolo cruciale nella salute del suolo e che la PAC è lo strumento cardine per orientarne i comportamenti. La direttiva non impone nuovi vincoli automatici, ma indica che condizionalità, ecoschemi e misure di sviluppo rurale devono essere coerenti con l’obiettivo di mantenere o migliorare la salute e la resilienza del suolo. Gli Stati Membri dovranno sostenere i proprietari e gestori dei terreni nel miglioramento della salute e resilienza del suolo, fornendo consulenza, formazione, informazione sulle buone pratiche, accesso ai finanziamenti e promuovendo ricerca e innovazione. Gli agricoltori potranno essere sostenuti con consulenze indipendenti basate sui dati raccolti a livello nazionale e comunitario e istruiti su pratiche agroecologiche quali coperture vegetali, riduzione della compattazione, miglior gestione delle rotazioni e della sostanza organica, tecniche di rigenerazione dei suoli degradati o deimpermeabilizzati. Verranno valorizzati strumenti economici come la PAC (condizionalità, regimi ecologici, sviluppo rurale) e i finanziamenti UE (LIFE, Horizon Europe, InvestEU, ecc.). Verrà data la possibilità al settore privato di riconoscere economicamente il valore delle pratiche rigenerative, attraverso il carbon farming o l’adozione di marchi di sostenibilità volontari nelle filiere alimentari o del legno, bioindustrie, energia.
Per quanto concerne la mitigazione del consumo di suolo, si intende promuovere la deimpermeabilizzazione e la rigenerazione dei suoli degradati e ridurre il consumo netto di suolo, in linea con l’obiettivo “zero consumo netto di suolo” al 2050, proteggendo i suoli agricoli e forestali di pregio. Particolare attenzione è data al consumo di suolo agricolo per insediamenti e infrastrutture che incidono sulla funzione di approvvigionamento alimentare e sulla resilienza dei sistemi produttivi.
È prevista anche la realizzazione di una strategia di gestione dei siti contaminati, con la creazione di un registro pubblico, con analisi di rischio e misure di bonifica, applicando il principio “chi inquina paga”, con possibilità di ricorso a fondi pubblici solo in assenza di responsabili individuabili.

Pagliai – “Dal dire al fare c’è di mezzo il mare” recita un detto sempre attuale; questa direttiva è sicuramente un grande passo avanti, se non altro per richiamare forte l’attenzione su una risorsa fondamentale ma fragile troppo spesso sottovalutato o ignorata, ma per renderla efficiente deve essere correttamente applicata nella pratica. A questo proposito quali sono le tue sensazioni, vista la tua esperienza e quindi conoscenza delle situazioni nei vari paesi, sul futuro di questa direttiva?
A me personalmente preoccupa l’ampia libertà che viene lasciata ai singoli Stati Membri nell’applicare la direttiva; questa, se da una parte è positiva perché gli ambienti pedoclimatici differiscono notevolmente nell’ambito UE, dall’altra potrebbe dar adito a interpretazioni riduttive rispetto alle attuali necessità di protezione salvaguardia della risorsa suolo. 

Costantini – Indubbiamente la direttiva rappresenta un cambio di paradigma nella gestione del suolo in Europa, ponendo la salute e la resilienza del suolo al centro delle politiche agricole, forestali e ambientali. Per gli addetti al settore agricolo e forestale, ciò implica una maggiore attenzione alla salute e alla multifunzionalità del suolo, con la necessità di adottare pratiche di gestione sostenibile, monitorare e migliorare costantemente la salute dei suoli, ma la direttiva fornisce anche nuove opportunità di accesso a strumenti di sostegno anche economico e di valorizzazione dell’attività agricola e forestale.
Personalmente, vedo con favore la responsabilizzazione degli Stati Membri nella fase di applicazione della direttiva. D’altra parte, regole più cogenti potrebbero essere più efficaci solo se fossero previste sanzioni, cosa politicamente insostenibile. Indubbiamente c’è il rischio che gli Stati più organizzati e volenterosi applichino la direttiva molto di più e molto meglio di altri, tradizionalmente più riluttanti o meno preparati. Anche per l’Italia si tratta di fare sistema, mettendo assieme forme di effettiva collaborazione tra i vari attori. A questo proposito abbiamo però molti validi esempi e buone pratiche da valorizzare, solo per citarne una, i gruppi operativi del partenariato europeo per l’innovazione, ma certamente c’è bisogno di un grande lavoro di coordinamento nazionale e regionale. Il successo della direttiva dipenderà in definitiva dalla capacità di coinvolgere e sostenere concretamente gli agricoltori e i silvicoltori, valorizzando il loro ruolo di custodi del suolo e della natura.