Bucce di frutta, dallo spreco a nuovi farmaci

di Giovanni Ballarini
  • 08 October 2025

Solo i più anziani ricordano le bucce di pera di Pinocchio, episodio nel libro per ragazzi Le avventure di Pinocchio Storia di un burattino (Firenze, 1883) di Carlo Collodi (Carlo Lorenzini - 1826 – 1890), libro che Benedetto Croce (1866 – 1952) reputa fra le grandi opere della letteratura italiana aggiungendo che il legno in cui è tagliato Pinocchio è l'umanità. Un episodio nel quale Pinocchio, affamato, mangia prima le tre pere sbucciate che gli dà il padre ma poi non avendo altro spolvera in un soffio tutte le bucce e dopo le bucce anche i torsoli e quand’ha finito di mangiare ogni cosa, si batte tutto contento le mani sul corpo gongolando dicendo “Ora sì che sto bene!” Una metafora questa della nostra società che dopo aver ben mangiato e sprecato. come Pinocchio si trova di fronte ad avere ancora fame e che, anche nelle bucce nelle bucce e sottoprodotti della frutta inizia a vedere importanti applicazioni biologiche e farmacologiche.
Nell'Unione Europea si producono circa novanta milioni di tonnellate di rifiuti alimentari e la sola lavorazione di frutta e verdura produce un notevole spreco del venticinque – trenta per cento del prodotto totale, con le bucce, sansa, scorza e semi che sono considerati tra gli scarti più comuni, senza contare gli scarti che avvengono nelle fasi successive di cucina e in tavola. Un materiale biologico scartato e che spesso costituisce un problema serio in quanto rischio dannoso per l'ambiente nonostante contenga molecole biologicamente attive tra cui enzimi, carotenoidi, oli, polifenoli e vitamine. Tra i sottoprodotti della frutta una particolare importanza hanno le bucce da quando, già a metà del secolo scorso, si sapeva contenere vitamine e minerali ma che oggi si sta scoprendo avere migliori applicazioni biologiche e farmacologiche rispetto ad altre sezioni del frutto. Molecole bioattive che iniziano ad avere una significativa applicazione industriale per generare film commestibili, quindi senza impatto ambientale, probiotici e altre applicazioni industriali per sviluppare prodotti a valore aggiunto. Ma si tratta soltanto di un inizio perché grandi quantità di metaboliti secondari inutilizzati e distrutti sono presenti nei rifiuti di frutta e verdura come materiali di scarto, nonostante contengano significative quantità di molecole fenoliche, fibre alimentari e altri metaboliti biologicamente attivi ottenibili mediante estrazione. Sostanze fitochimiche e i nutrienti essenziali sono ampiamente presenti nelle bucce, nei semi, nella frutta e nella verdura. Per esempio, la buccia dell'uva, avocado e limoni, insieme ai semi di mango e giaco (Artocarpus heterophyllus) jackfruit hanno un contenuto fenolico fino al quindici per cento maggiore rispetto alla polpa della frutta.
Gli scarti di frutta e verdura dovrebbero essere impiegati per ottenere metaboliti biologicamente attivi da usare nelle industrie alimentari, cosmetiche, alimentari, industrie farmaceutiche e tessili. Produrre cibi sani con ingredienti naturali o con bucce di frutta potrebbe portare nuovi vantaggi attraverso la riduzione o l'eliminazione dei conservanti alimentari, degli additivi artificiali e la loro sostituzione con ingredienti naturali economici. L'uso corretto delle bucce di frutta non solo può risolvere numerosi problemi ambientali, ma migliorare anche la salute dei consumatori attraverso prodotti alimentari arricchiti di comprendono molecole naturali di origine vegetale di una varietà e complessità fino a poco tempo fa insospettata, come dimostrano recenti ricerche che emergono da una crescente bibliografia.
Un aspetto di particolare importanza di una migliore conoscenza dei componenti delle bucce e semi della frutta sta nelle sostanze biologicamente attive che contribuiscono per insaporire e insaporire il cibo, ma che stanno dimostrando di avere proprietà farmacologiche e che la tradizione aveva giù individuato come salutari e genericamente attribuite alle vitamine. Si tratta di molecole che sono state sviluppate come difesa della pianta stessa e che per la loro composizione e concentrazione hanno soltanto un significato nutrizionale per il consumatore, ma che si ritiene possano essere l’origine di nuovi farmaci come dimostrano alcuni esempi ormai classici e tra questi quello dell’acido acetilsalicilico (Aspirina) sintetizzato nel 1897 da Felix Hoffmann (1868 – 1948) partendo dall’acido salicilico scoperto nella corteccia del salice nel 1838 dall’italiano Raffaele Piria (1814 – 1910) impegnato nello studio dei principi attivi delle sostanze naturali organiche dei vegetali. Una più approfondita conoscenza dei vegetali e in particolare bucce e semi è ritenuta di un quasi incredibile potenziale terapeutico in quanto promettente per lo sviluppo di nuovi farmaci.