Dialoghi su Agroindustria: “I cibi ultra-processati: nemici invisibili sulla nostra tavola?”

Dialogo con Carlotta Franchi, Responsabile del Laboratorio di Farmacoepidemiologia e Nutrizione Umana, presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, e coordinatrice scientifica dell’Italian Institute For Planetary Health

di Paolo Ranalli e Carlotta Franchi
  • 08 October 2025

Ranalli: Sempre più spesso, nei mass-media (salotti televisivi, radio, giornali, canali social), si sente discettare sui cibi ultra-processati e della possibile azione negativa sulla salute. La querelle appassiona molto ed ha suscitato un vivace dibattito nella comunità scientifica e nel pubblico.
A me sembra che, sebbene non ci sia ancora un consenso unanime su tutti gli aspetti, le evidenze scientifiche a supporto dei potenziali effetti negativi di un elevato consumo di questi alimenti siano sempre più numerose e consistenti. Risulta opportuno, quindi, scendere nel concreto e chiarire cosa sono questi cibi, come si ottengono, le caratteristiche nutritive e il loro appeal presso i consumatori. 

Franchi: I cibi ultra-processati sono prodotti alimentari industriali che subiscono trasformazioni non riproducibili in ambiente domestico e contengono ingredienti, come additivi chimici, coloranti, emulsionanti, aromi artificiali e dolcificanti, utilizzati allo scopo di esaltarne la palatabilità, aumentarne il consumo e prolungarne i tempi di conservazione. Alcuni esempi sono le merendine confezionate, snack dolci o salati, i wurstel, bibite zuccherate e gassate. Rientrano in questa categoria anche prodotti come fette biscottate e cereali da colazione zuccherati. Sono spesso prodotti ad alta densità energetica, e a bassa qualità nutrizionale, perché ricchi in zuccheri, grassi saturi e sale, ma scarsi in proteine, fibre, minerali e vitamine. Nonostante questo sono molto consumati per la loro praticità e iperpalatabilità.

Ranalli: Dopo averli conosciuti, ci si chiede: quali sono i potenziali meccanismi alla base del rischio associato al consumo dei cibi ultra-processati?  Le osservazioni epidemiologiche oggi disponibili evidenziano che il consumo di questi alimenti potrebbe danneggiare la nostra salute fisica. Ci sarebbe, per esempio, un maggiore rischio di malattie legate a disfunzioni del sistema immunitario, come quelle infiammatorie intestinali (per esempio, il morbo di Crohn), dovuto all’alterazione del microbiota intestinale, da attribuire proprio alle sostanze con cui questi alimenti sono addizionati. Addirittura, si parla pure di disturbi psichici, con aumento dei sintomi depressivi. Ci può fare una sintesi delle evidenze scientifiche alla base dei disturbi indotti da questi cibi quando diventano la colonna portante dell’alimentazione quotidiana? 

Franchi: Tantissimi studi epidemiologici e metanalisi hanno mostrato associazioni tra il consumo di alimenti ultra-processati ed effetti negativi sulla salute. In un articolo recente pubblicato su The BMJ, gli autori hanno analizzato 45 metanalisi che hanno coinvolto quasi 10 milioni di partecipanti, dimostrando che il consumo di alimenti ultra-processati fosse associato a 32 outcomes clinici avversi (mortalità generale, cancro, disturbi mentali, malattie respiratoria, cardiovascolare, gastrointestinale e metabolica). L’impatto negativo sulla salute potrebbe essere dovuto a diversi fattori: 1) la presenza di additivi che portano ad uno squilibrio del microbiota intestinale, ad infiammazione sistemica e un danno alla sensibilità all’insulina; 2) la combinazione di alti livelli di energia, zuccheri, grassi saturi e sale, che di per sé possono avere un impatto negativo sulla salute; 3) l’iperpalatabilità di questi alimenti, che induce a consumarli anche senza fame promuovendo l’aumento di peso; 4) un aumento delle tossine create durante la lavorazione o rilasciate dai materiali di imballaggio. Chiaramente non tutti i cibi appartenenti a questa categoria hanno lo stesso impatto potenzialmente negativo sulla salute, è importante imparare a distinguere (Lane MM, et al., Ultra-processed food exposure and adverse health outcomes: umbrella review of epidemiological meta-analyses. BMJ. 2024 Feb 28;384: e077310. doi: 10.1136/bmj-2023-077310. PMID: 38418082; PMCID: PMC10899807). 

Ranalli: I ritmi di vita frenetici riducono drasticamente il tempo disponibile per la spesa, la pianificazione dei pasti e la cucina casalinga. I cibi ultra-processati offrono una soluzione rapida e "pronta all'uso", eliminando la necessità di preparazione. Inoltre, il marketing aggressivo di questi cibi li integra nel tessuto sociale come opzioni "veloci", "moderne" ed a “basso costo”. Le famiglie a basso reddito sono particolarmente dipendenti da questi cibi, poiché facilmente reperibili in minimarket, distributori automatici e supermercati con prezzi competitivi. Questo perpetua un ciclo di povertà e cattiva salute, dove la scelta "economica" di oggi si traduce in costi sanitari futuri più elevati. Cosa ne pensa? 

Franchi: Purtroppo è proprio così. Spesso e volentieri il consumo di questi alimenti porta con sé cattive abitudini alimentari in generale, con un relativo aumento del rischio di patologie non comunicabili. Il modello di dieta più studiato e considerato il migliore per i suoi effetti positivi sia sulla salute umana a tutte le età, che sull’ambiente, è quello della Dieta Mediterranea. È un modello che promuove la convivialità dei pasti e la varietà alimentare, nelle giuste quantità, privilegiando il consumo di cereali (soprattutto integrali), verdura e frutta (fresche e di stagione), olio extravergine d’oliva, frutta secca, proteine soprattutto da fonti vegetali, limitando il consumo di carne rossa e processata, dolci e cibi ultra-processati. Purtroppo però, diverse evidenze scientifiche recenti, dimostrano che anche nei Paesi del bacino del Mediterraneo, dove questo modello nasce, l’aderenza ad esso è molto scarsa. Perciò, è importante insegnare, fin da piccoli, quanto sia importante adottare un regime alimentare e uno stile di vita sano, soprattutto coinvolgendo le famiglie, in modo da prevenire cattive abitudini, che si potrebbero protrarre nel corso di tutta la vita.