Il territorio, questo sconosciuto: il caso dell’uva da tavola

di Lorenzo Frassoldati*
  • 01 October 2025

Il successo della terza edizione dell’evento "Regina di Puglia" (nel Barese a Noicàttaro) dimostra che sul collegamento fra produzioni di eccellenza e territorio, fra chi produce e chi accoglie visitatori e turisti, fra l’economia dell’uva da tavola e l’economia dell’accoglienza, si può lavorare, investire con reciproco profitto. Non sono due mondi distinti, separati, ma suscettibili di sinergie, integrazioni, vantaggi . Facciamo un passo indietro.  Quello che si definisce il Turismo DOP – cioè legato ai territori delle IG (Indicazioni geografiche) Dop e Igp - rappresenta una nuova frontiera del turismo enogastronomico e del turismo tout court.
Il  Turismo DOP non è solo una galassia indistinta di piccoli e grandi eventi,  ma rappresenta ormai un sistema integrato di accoglienza costruito attorno alle filiere DOP e IGP, con la regia dei Consorzi di tutela, in linea con il nuovo Regolamento UE 2024/1143 che assegna loro anche la competenza “dello sviluppo di servizi turistici nella pertinente zona geografica”. Un fenomeno innovativo “che si colloca all’incrocio tra turismo enogastronomico, turismo culturale e turismo sostenibile. Attraverso l’azione dei Consorzi di tutela e degli operatori del settore, si promuovono i prodotti DOP e IGP, esaltandone il valore e il legame profondo con il territorio”. Un’offerta turistica talmente vera, reale  che Fondazione Qualivita di Siena  ha presentato un primo Rapporto su turismo DOP “con esperienze contestualizzate nel paesaggio, nella storia e nelle tradizioni delle comunità locali e garantendo qualità, identità e legame con il territorio”. Vero è che tra le case histories di successo citate nel Rapporto non ce n’è nessuna riguardante l’ortofrutta e che le regioni in cima alla graduatoria del Turismo DOP sono Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna, cioè quelle più forti nei vini, nei salumi, nei formaggi. Solo settimo il Trentino Alto Adige che comunque non ha solo le mele (anche vino e formaggi). E d’altronde nella classifica dei primi 15 prodotti  IG per valore alla produzione (fonte Ismea-Qualivita anno 2023)  l’ortofrutta arriva ultima con le mele Alto Adige Igp (81 milioni) e le mele DOP Val di Non (63 milioni). Questo per dire che l’ortofrutta ha grandi eccellenze sì ma che il rapporto col territorio è quasi assente, le sinergie pressoché inesistenti, tranne appunto per le mele del Trentino Alto Adige (regione 7° nella graduatoria del Turismo DOP) . E la Puglia dove sta? Al nono posto e i prodotti coinvolti nelle attività sono solo vini, formaggi e pane, ortofrutta niente.
Insomma l’uva da tavola, prodotta al 60% in Puglia, con un indotto economico-sociale enorme (secondo prodotto del nostro export ortofrutticolo, con un valore che va verso il miliardo,  anche in crescita nei consumi) non racconta la sua origine presso i consumatori, non fa marketing territoriale, arriva al consumatore pressoché anonima (e magari le due IGP siciliane dell’uva da tavola  sono più riconoscibili).   Chissà cosa avrebbe da dire un pugliese doc come Paolo de Castro, presidente Fondazione Qualivita, che sul Turismo DOP ha scommesso. Dice: “Quando nel 1992 l’Unione europea avviò questa straordinaria intuizione di legare i prodotti al territorio nacquero le IG, e allora non ci credeva nessuno. Invece le IG sono cresciute tantissimo dal punto di vista economico e produttivo e oggi leghiamo i prodotti e i territori al turismo. Aver esteso, con il nuovo Regolamento europeo sulle Ig, la responsabilità delle iniziative turistiche enogastronomiche ai Consorzi di tutela rappresenta un’opportunità decisiva per creare valore e sviluppo non solo per il singolo prodotto Dopo Igp, ma per l’intero territorio. E’ una visione integrata che rafforza il legame tra qualità, cultura e comunità locali”. Tuttavia, dice l’ex ministro oggi presidente Nomisma “è necessaria una riflessione sulle regioni del Sud dove, pur in presenza di numerose produzioni di qualità e forte appeal turistico, un numero troppo basso di consorzi pienamente operativi non consente ancora di intercettare appieno le opportunità del turismo Dop, come avviene in altre aree del Paese”.
Ma quanto vale il turismo DOP? La stessa Ricerca Qualivita dice che “non è facile quantificare con precisione il giro d’affari generato e le ricadute dirette sul settore primario ma alcuni numeri sono comunque significativi. Secondo Eurostat nel 2024 l’Italia è stata tra i Paesi Ue la seconda meta turistica preferita dai viaggiatori di tutto il mondo con oltre 458 milioni di presenze (+2,5% rispetto al 2023), dietro solo alla Spagna con 500 milioni. Inoltre Eurostat dice che le esperienze enogastronomiche sono la seconda tra le attività preferite dai turisti, dopo quelle culturali”. I dati e i trend del 2024 dell’Enit (Agenzia nazionale del turismo), dicono che il contributo del turismo rispetto al PII italiano è del 10,8%, e nei prossimi dieci anni potrebbe arrivare a rappresentare il 12,6% del Pil. Nel 2024 i turisti stranieri hanno speso 54 miliardi di euro in Italia.
Basterebbero questi dati a far capire quali enormi potenzialità si aprono per una regione come la Puglia e per la sua uva da tavola da valorizzare assieme a un territorio straordinario , ricchissimo di risorse ambientali, artistiche, culturali, enogastronomiche e per questo baciato da una boom turistico in continua crescita (16 milioni di turisti nel 2023, di cui 5 stranieri). Il problema riguarda non solo la Puglia: il mondo dell’ortofrutta nel suo complesso non ha ancora ’scoperto’ il territorio dove nascono le sue eccellenze. Eppure i nessi col territorio sono sotto gli occhi di tutti: le mele del Piemonte, i kiwi dell’Agro Pontino, le pere e le pesche dell’Emilia-Romagna, i radicchi del Veneto, i pomodorini e i limoni della Sicilia, i carciofi della Sardegna, le fragole della Basilicata e della Campania, gli ortaggi delle Marche e del Lazio, il bergamotto della Calabria  e così via. Ovviamente non è problema solo del mondo produttivo che da solo può far poco.  Servono azioni di sistema dove le istituzioni locali giocano un ruolo strategico. L’anno scorso proprio a Noicàttaro l’esperto di marketing territoriale prof. Stefano Soglia disse chiaramente che “l’uva-turismo  potrà decollare se i privati ci credono, ma è indispensabile, soprattutto all'inizio, una risposta a livello di sistema, con istituzioni municipali che guardino avanti e che ragionino in termini di territorio oltre i singoli confini”.
L’enoturismo sta facendo boom e ha già una legge che lo supporta. L’oleoturismo è in crescita; si parla anche di turismo legato al bakery (pane, forni, cereali), ai formaggi, ai salumi ecc. Visto che l’ortofrutta ha da sempre una immagine un po’ “sfigata” e che quasi sempre la Gdo non valorizza l’origine, anzi tende  a proporre produzioni anonime e prezzi bassi (per i produttori),  mettere assieme su un nuovo livello il racconto del prodotto e del territorio dove nasce può diventare un’arma in più di valorizzazione. Certo bisogna crederci e bisogna lavorare assieme tra imprese, istituzioni locali e regionali. Regina di Puglia ha messo assieme business, tradizioni e territorio. Un evento-pilota per una svolta possibile, un esempio  a vantaggio di tutti.

*Direttore del "Corriere Ortofrutticolo"