Primo parere sulla compatibilità di un accordo di sostenibilità nel vino. L'art. 210 bis alla prova della Commissione.

di Nicola Lucifero
  • 01 October 2025

Il 15 luglio 2025 la Commissione europea ha pubblicato il suo primo parere ai sensi dell’art. 210 bis, par. 6 del Regolamento (UE) n. 1308/2013 (c.d. OCM unica), in merito alla conformità alla legislazione europea di un accordo di sostenibilità destinato ad entrare in vigore tra un gruppo di produttori di vini della regione francese dell’Occitania. L'obiettivo dell'accordo esaminato dalla Commissione è quello di inserirsi nello schema del nuovo art. 210 bis, che permette di derogare alla normativa europea in materia di concorrenza per poter attuare intese che si riferiscono alla produzione e al commercio di prodotti agricoli e che mirano ad applicare norme di sostenibilità più rigorose di quelle obbligatorie ai sensi della normativa dell'Unione o nazionale
Nel caso di specie, l’accordo di sostenibilità prevede la fissazione di prezzi raccomandati (cioè, non obbligatori), c.d. prezzi di orientamento, per il vino sfuso biologico e HVE, calcolati in base ai costi medi di produzione sostenibile, maggiorati di un margine di profitto del 20%, allo scopo di incentivare il mantenimento delle pratiche agricole più rispettose dell’ambiente. La previsione di prezzi di orientamento è finalizzata ad incentivare i produttori di vino certificato secondo due standard di sostenibilità, quali biologico e Haute Valeur Environnmentale (“HVE”), a mantenere le attuali pratiche produttive sostenibili, prevenendo il rischio che abbandonino tali modalità per ritornare alla produzione di vino convenzionale, attualmente più interessante dal punto di vista economico.
È bene precisare che un accordo tra produttori volto a fissare direttamente o indirettamente i prezzi di vendita – come quello prospettato dai produttori di vini sostenibile dell’Occitania - sarebbe ritenuto gravemente incompatibile con le disposizioni dell’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”), che proibisce le intese tra imprese che possono danneggiare il regolare “gioco” della concorrenza. Difatti, nell’ottica della politica antitrust europea, ogni singolo operatore economico si colloca sul mercato per venire incontro ad una domanda dei consumatori, puntando ad offrire il prezzo più competitivo nei limiti del costo marginale della sua impresa. In questo modo nessun operatore può influenzare autonomamente la fissazione del prezzo, che resta collegato all’equilibrio tra domanda e offerta. Il prezzo così individuato sarà sempre più vantaggioso per il consumatore rispetto ad un prezzo fissato artificialmente ad opera di un c.d. “cartello” tra imprese e indipendente dalla fluttuazione della domanda e dell’offerta. Inoltre, la “gara” competitiva spinge gli operatori ad efficientare l’intera filiera produttiva di un dato prodotto, così da abbattere i costi di produzione, oppure a variare l’offerta con prodotti di maggiore qualità o funzionalità. Da questo equilibrio deriva, quindi, un duplice vantaggio per il consumatore finale in termini sia di prezzi più bassi, sia di prodotti innovativi e di maggior qualità.
Tuttavia, nel contesto dell’ultima riforma della PAC del 2021, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea hanno disposto un'esclusione da tale divieto per i prodotti agricoli. Più specificamente, con il Regolamento (UE) 2021/2117, il legislatore europeo ha introdotto questa esclusione mediante l’introduzione dell’art. 210 bis all’interno del Regolamento OCM. Tale disposizione consente accordi che, seppur dirimenti per la “gara” competitiva, siano volti a conseguire una serie di obiettivi di sostenibilità, applicando standard di sostenibilità più elevati di quelli obbligatori previsti dal diritto dell'UE o nazionale, a condizione che le eventuali restrizioni della concorrenza derivanti da tali accordi siano indispensabili per il raggiungimento di tali obiettivi. L’art. 210 bis, par. 6, consente ai produttori agricoli di richiedere un parere alla Commissione in merito alla compatibilità dei loro accordi di sostenibilità con le condizioni di tale disposizione. Con l’intento di chiarire la portata applicativa di questa disposizione, la Commissione ha pubblicato nel dicembre 2023 apposite Linee guida, ove si precisa che l’accordo (i) deve riguardare standard di sostenibilità superiori rispetto a quelli imposti dalla legge, (ii) deve essere necessario per raggiungere tali standard e (iii) deve prevedere misure proporzionate e trasparenti, accompagnate da un sistema di verifica e una durata limitata.
Il parere dalla Commissione europea riguarda la produzione di vino in linea con gli standard di sostenibilità (cioè HVE e produzione biologica) che mirano a raggiungere gli obiettivi ambientali. Gli standard sopra menzionati prescrivono una serie di misure come, nel caso del biologico, la limitazione di pesticidi, erbicidi e fertilizzanti di sintesi, l'adozione di colture di copertura, il controllo naturale dei parassiti, la rotazione delle colture e il compostaggio e, nel caso dell'HVE, l'adozione di pratiche come la rotazione delle colture, trattamenti mirati delle piante invece di un uso diffuso di pesticidi, colture di copertura, lavorazioni minime del terreno; conservazione di siepi, boschi, fiori selvatici e habitat per gli insetti; mantenimento di corridoi ecologici ai fini della biodiversità, ecc. La conformità a questi standard è legata ai processi di produzione del vino e richiede investimenti e sforzi continui.
La questione che le parti intendono affrontare mediante l'accordo è l'impossibilità per molti produttori di ottenere prezzi all'ingrosso per i loro prodotti, che garantiscano un guadagno sufficiente per continuare a produrre in linea con gli standard HVE e biologici. Ciò rende sempre più difficile continuare a destinare risorse a investimenti necessari e/o a subire perdite per mantenere le loro pratiche di produzione sostenibile. Inoltre, tale insostenibilità economica incentiva gli operatori ad abbandonare le loro attività di produzione di vino sostenibile, sia interrompendo la produzione di vino nel suo complesso - circostanza favorita dalla disponibilità di sussidi per i produttori che si impegnano a non coltivare vino per un certo numero di anni nell'ambito di un programma nazionale di estirpazione introdotto dal governo francese per far fronte all'eccesso di offerta di vino - sia passando alla più redditizia produzione convenzionale.
In seguito ad una richiesta di parere, l’accordo proposto dai produttori occitani è stato ritenuto conforme alle condizioni delineate dall’art. 210 bis, per poter beneficiare di un’esenzione dall’applicazione della normativa europea volta a tutelare la concorrenza e meglio specificate dalle Linee guida del 2023. La Commissione ha riconosciuto che l’attuale crisi del settore vinicolo sostenibile, segnata da un eccesso di offerta, dalla crescente sensibilità al prezzo da parte dei consumatori - dovuta dal recente periodo inflazionistico - e dalla concorrenza del vino convenzionale, rappresenta una minaccia concreta per la sopravvivenza delle pratiche sostenibili, come la produzione biologica e quella HVE. Per tali motivi, la determinazione congiunta di prezzi orientativi è apparsa, seppur restrittiva della concorrenza, indispensabile per garantire ai produttori una remunerazione sufficiente a coprire i costi di produzione sostenibile e a disincentivare il ritorno alla produzione convenzionale o l’abbandono dell’attività agricola. Inoltre, la Commissione ha valutato positivamente la limitazione dell’accordo al vino sfuso, che rappresenta la base di riferimento per le trattative commerciali nel settore, e la possibilità di attuarlo anche in assenza di adesione dei compratori, valorizzando così la cooperazione orizzontale tra produttori e aumentandone conseguentemente il potere contrattuale nei confronti delle controparti a valle della filiera. Nella cornice dell’art. 210 bis, i produttori sono l’unica categoria obbligatoriamente parte degli accordi di sostenibilità, che però possono collocarsi anche verticalmente lungo la filiera agroalimentare e coinvolgere anche operatori diversi, il che, come nel caso di specie, ne aumenterebbe esponenzialmente l’efficacia. La durata biennale dell’accordo, limitata alle vendemmie 2025 e 2026, è stata giudicata adeguata e proporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti, in attesa di un riequilibrio del mercato e di un’eventuale ripresa della domanda.
Il parere positivo esaminato rappresenta un precedente rilevante per l’attuazione dell’art. 210 bis e offre un primo esempio concreto di come possa essere coniugato il perseguimento di obiettivi ambientali con il rispetto delle regole della concorrenza. Per il settore agricolo europeo, si apre così una nuova opportunità per promuovere accordi volontari di sostenibilità tra produttori, rafforzandone al contempo il potere contrattuale grazie alla cooperazione orizzontale, a condizione che siano fondati su dati oggettivi, proporzionati nella loro portata, trasparenti nelle modalità di attuazione e giustificati da esigenze concrete e documentate. Alla luce di quanto emerso, i produttori interessati a intraprendere iniziative analoghe dovranno prestare particolare attenzione alla definizione dello standard di sostenibilità adottato, alla raccolta dei dati economici necessari a motivare eventuali restrizioni concorrenziali, al coinvolgimento delle controparti commerciali, alla predisposizione di meccanismi di controllo e verifica dell’efficacia dell’accordo e alla previsione di una durata commisurata agli obiettivi perseguiti e alle dinamiche del mercato.