La produzione di proteine di farine di insetti ha maggiore o minore effetto climalterante rispetto alla soia o alla farina di pesce?

di Mauro Antongiovanni
  • 09 July 2025

L’introduzione delle farine di insetti nella dieta dei nostri animali d’allevamento come ingrediente proteico è stata accolta con favore, pensando soprattutto che la sua produzione avesse un impatto ambientale minore, ad esempio nei riguardi della soia o della farina di pesce.
Ma uno studio del governo britannico  (Life Cycle Assessment of UK Insect Protein Production Processes for Pig and Poultry Feed – SCF0235), diffuso su diversi canali, fra cui “All about Feed”, “Linked in” e “Eurogroup for Animals” sembra dimostrare che le farine delle larve della mosca Black Soldier impattino sul cambiamento climatico molto più della soia e delle farine di pesce.
Lo studio ha preso in considerazione tutte le voci del processo produttivo sia delle larve che della soia e della farina di pesce, fino alla preparazione delle farine. I risultati sono stati riferiti ad un chilogrammo di proteina prodotta a fronte di 16 categorie di impatto, incluso il cambiamento climatico, in termini di chilogrammi di CO2 equivalenti prodotti. L’uso del “frass” come fertilizzante non è stato preso in considerazione.
Secondo lo studio del governo britannico, la farina d’insetti risulta da 5.7 a 13.5 volte più impattante della soia e da 1.8 a 4.2 volte più della farina di pesce. Si ammette, comunque, che non tutti gli aspetti produttivi siano stati presi in considerazione: ad esempio, nel caso della soia non è stato considerato il problema del consumo di acqua.
La conclusione dello studio è che le farine d’insetti non possono rappresentare, al momento, la soluzione alla decarbonizzazione dell’industria mangimistica. Semmai un’alternativa parziale quando si considerino altri problemi come l’”overfishing” o la deforestazione.
Non avevo ancora finito di leggere il rapporto dello studio britannico che è uscita, sempre su “All about Feed” una nota di forte critica che afferma che il rapporto governativo in questione suggerisce il fatto che la farina d’insetti abbia un impatto climatico significativamente più forte della soia o della farina di pesce. Tutto ciò sarebbe fortemente fuorviante e rischioso: la nota informa che l’americana International Business Innovation Association (INBIA) ha inviato una lettera di quattro pagine al Department for Environment, Food and Rural Affairs (DEFRA) del governo britannico in cui si evidenziano cinque motivi di preoccupazione:
- I dati utilizzati sono obsoleti;
- Le industrie del settore non sono state consultate;
- I modelli matematici utilizzati sottovalutano l’impatto ambientale per le produzioni proteiche convenzionali, mentre le sopravvalutano per le produzioni delle farine d’insetti;
- Non viene considerato l’impiego di sottoprodotti di scarto per l’alimentazione degli insetti che, invece, risultano alimentati con frumento;
- Le indicazioni risultano fuorvianti tanto da compromettere le ipotesi di innovazione sostenibile.
In conclusione, l’INBIA ha invitato DEFRA a collaborare per preparare insieme un rapporto che rifletta le vere condizioni reali delle produzioni delle farine d’insetti, in modo da guidare correttamente le politiche industriali relative a beneficio della “domestic insect bioeconomy”. 
A chi dobbiamo credere?